#1 In questo lembo di terra a sud ovest della Sardegna dove la radio italiana si (con)fonde con radio Baleari e radio Tunisia il nostro Mediterraneo ci ricorda che siamo tutti discendenti di geni di popoli che nei millenni si sono incontrati e mescolati. Abbracciando ogni volta un nuovo orizzonte, colorando la pelle e gli occhi ogni volta di un nuovo colore. Senza paura. In pace. #2 Su un'isola ci si chiede sempre la mattina che vento sia prima anche di darsi il buongiorno o chiedersi come va. È una questione importante il vento in un'isola. Levante? Maestrale? A saperlo prima di uscire dalla porta di casa si pettinano i capelli in modo che la piega sia a favore di vento, ci si veste in modo che la piega dei vestiti anche sia a favore di vento. Si cammina porgendo la guancia giusta e così dell'isola e della vita si vede solo la parte serena. #3 Quando il mare è in bonaccia sott'acqua nuotiamo fra miriadi di pesci. A capovolgerlo questo acquario, ci sarebbero più pesci che cristiani, che poi chissà se i pesci che sono tutti così diversi fra loro hanno tante religioni diverse come noi, quindi diciamo più pesci che esseri umani. Ci sono colonie estive di pesciolini con mamme pesci indaffarate a tenerli in gruppo. Giovani pesciotti solitari che vagano in cerca di rimorchio. Famiglie intere di pesci che preparano la tavola per pranzo fra ciuffi di alghe. Una linea lunghissima di pesci sul fondale che appare in coda come ad un casello autostradale. A girarlo questo acquario, potremmo pensare che nel nostro mare ancora c'è tanta vita, che speranzosamente la pesca è ancora un mestiere tanto antico quanto sostenibile. A girarlo questo acquario, capiremmo senza più alcun indugio, che il mare, oh il mare, è la fonte della nostra vita. #4 C'è un antico leviatano in questo specchio d'acqua. Pietrificato dai tempi antichi riposa qui davanti ai nostri occhi. Chissà qual è la leggenda che porta nelle sue fattezze da dinosauro di mare. Si sarà voltato anche lui a rimirare questo paradiso e sarà stato colpito dalla maledizione dell'Ade? Avrà incontrato la leggendaria regina Madusa che era pur sempre sarda? O avrà deciso di rimanere qua, addormentando per l'eternita', pur di non andare in nessun altro posto al mondo che fosse meno magnifico di questo mare? #5
Abracadabra dice il Gigante che apre la porta della sua caverna nel mare. Abracadabra dice la Jana fatata mentre prepara la pozione magica di erbe. Abracadabra dice il vento al mare e il mare a noi con la sua voce di sirene.
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Anche se non leggete, state vicino a chi lo fa. Si legge tanto in Sardegna. Anche se il numero di assidui lettori è inversamente proporzionale al tasso di dispersione scolastica che sull'isola raggiunge percentuali davvero elevate. Ci basti credere, allora, che i numerosi Festival letterari sopperiscano a questo vuoto di curiosità che la scuola non riesce, per mille ragioni, a dare. In fila di apparizione abbiamo dunque i seguenti appuntamenti:
In Sardegna per gli amanti della scrittura è arrivata anche la scuola Holden di Baricco che a Cagliari organizza dei corsi di scrittura creativa ogni anno. Inoltre, potreste cimentarvi nel Galtellì Literary Prize che è aperto - a differenza di molti premi letterari sull'isola riservati a nativi e residenti - a tutti e in varie lingue. Compreso il sardo. Sui libri sardi da leggere, qui in questo blog trovate e troverete sempre dei post a partire da @ioleggosardo con la richiesta, ulteriore, di segnalare Festival letterari di cui qui non si fa menzione, di ogni colore o forma. Di cui sono fatti i sogni. La Sardegna ha le ossa molto antiche. Delle rocce emerse La Sardegna è terra antica sì e parecchio. Per alcuni è addirittura Atlantide (si veda il post @LiSola "Sardegna è Atlantide"), per altri semplicemente una terra primordiale e magica dove chi ha sviluppato empatia e ricettività verso la Natura sente un flusso energetico fortissimo e potente. Già i primi abitanti dell'era neolitica avevano costruito le loro Domus de Janas ("case delle fate" n.d.A.) nella roccia, tombe scavate negli ipogei della terra alla quale affidavano i loro morti e la suggestione che l'energia femminile e maschile vi pulsasse. Dipinti sui muri potrete trovare, esplorando una delle migliaia di Domus de Janas, pitture concentriche a raffiugurare l'acqua, la dea madre, e pitture a forma di corna di toro, il dio virile. Quella di Sant'Andrea Priu, vicino a Bonorva, conserva addirittura 18 camere ed è considerata, a tutti gli effetti, una delle necropoli più vaste d'Europa. Così come nelle splendide Tombe dei Giganti, vestigia funerarie dell'era nuragica, con le loro porte immense, viatico per un al di là che si trova nella profondità della terra. Potente è anche l'energia che molti sentono scendendo le scalinate, il dromos, dei pozzi sacri nuragici, come quello magico e ancora ben conservato di Santa Cristina, vicino ad Oristano. Chiavi fra il cielo e la terra, porte di luce e di acqua che si aprono durante gli equinozi quando la luce del sole cade perfettamente nell'incavo sotterraneo dei pozzi. I nuraghe stessi furono costruiti con pietre edificate a secco, pietre dentro le quali si ergeva il centro nevralgico del potere e della comunità. Di pietra sono i Giganti di Mont'e Prama, scoperti negli anni '70 e diventati oggi una delle più grandi attrazioni turistiche della Sardegna con quella loro enigmatica presenza e con quel loro sguardo da e verso l'altrove, mistici quanto i Kolossoi greci e i Mohai dell'Isola di Pasqua. Nelle viscere della terra ha vissuto fino a poco più di qualche decennio fa anche il Bue Marino in quella grotta incastonata fra le splendide cale d'Ogliastra (si veda il post @LiSola "Cale d'Ogliastra") che porta il suo nome. E' di pietra la scultura, meravigliosa, che Ciusa fece ricordando la passione già presente in un bronzetto nuragico e anche nella Pietà di Michelangelo e che lui chiamò La madre dell'ucciso. Infine, ma forse come somma di tutto ciò, la straordinaria storia artistica del compianto maestro Sciola che come un rabdomante dell'energia delle pietre nel suo Giardino Sonoro a San Sperate ha raccolto i millenni dei suoni evocati dalle pietre stesse che assomigliano alla stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Trekking urbano La Sardegna a Roma: seguendo i fili di Maria Lai, Grazia Deledda e Maria Carta3/7/2019 E' una passeggiata ideale quella a cui voglio invitarvi.
Trasognante anche se non esaustiva. E' un modo per avere sempre qui negli occhi e nel cuore la nostra Sardegna seguendo i passi ed i fili di tre artiste sarde che a Roma sono approdate per lasciarci tracce della loro creatività. Ci incontriamo una mattina feriale alla metro Castro Pretorio di fronte alla Biblioteca Nazionale dove dal 2016 c'è una mostra permanente, lo Spazio Novecento, che accoglie i premi Nobel della letteratura moderna italiana fra cui la Deledda. Lo spazio a lei dedicato, un angolino pieno di foto e corrispondenza e oggetti della sua casa romana poco distante da dove si trova la biblioteca nazionale, è uno scrigno di curiosità sull'amore che la Deledda aveva per la Città eterna. Leggeremo le novelle "La Roma nostra", descrizione poetica della Roma di un tempo con la sua vita semplice di paese che ancora accompagna molti suoi quartieri ed "I viali di Roma". Riprendiamo la metro e cambiando allo snodo di Termini di B in A, scendiamo alla fermata Cornelia per andare a visitare la Quadriennale di Roma (orari di apertura, ci organizzeremo per dare conto della nostra visita, l'edificio non è sempre aperto al pubblico: lunedì-venerdì 09.10-13.30/14.30-17.00) dove Maria Lai ha lasciato una sua opera direi quasi monumentale (sorpresa!) e nel cui archivio sono conservate alcune rarità sulla produzione infinita dell'artista. Concludiamo la nostra passeggiata in un bagno di foresta rigenerante a Villa Pamphili all'entrata di via Aurelia Antica ad una decina di minuti dalla nostra ultima tappa. Fra i viali di poetesse, scrittrici e cantanti come la Callas, ecco anche la voce della Sardegna, la voce di Maria Carta. Pic-nic e letture sarde non mancheranno. Portate i vostri libri preferiti, io intanto vi consiglio questi qua già menzionati in un precendente post: Ioleggosardo.Dieci libri sardi da leggere. A presto, vi aspetto! Post del blog @LiSola Travel Blog sulla Sardegna a Roma: Sardegna a Roma. Maria Lai, Grazia Deledda, Gramsci e Maria Carta nella Citta' eterna. I fili di Maria Lai a Roma Scrivere di un mondo altro è essere non solo scrittori, ma anche antropologi. E' immergersi nella cultura dell'altro e abitarla. Così in questo inizio di anno, che poi non è capodanno in Sardegna, perchè Capodanno sul'isola è il mese delle nuovo ciclo agricolo, settembre, voglio che parli solo la letteratura. Buona lettura! NOMI DEI MESI DI LUNA IN LUNA La Sardegna ha le ossa molto antiche. Delle rocce emerse Ricordate quando vi parlai di Sardegna e di Irlanda? Di quante similitudini ci fossero? Beh, ancora una volta, nel rito dei morti della notte del 31 ottobre, 1 novembre e 2 novembre, in questi giorni di passaggio dalla morte alla vita e dalla vita alla morte, le ossa della Sardegna affondano nell'antichità come l'Irlanda. E come tutti noi nei tempi remoti che ci videro tutti una gente unica sulle terre poi europee, a seguire la scansione del tempo non degli orologi, arrivati molto dopo, ma dei ritmi agricolo-pastorali legati ai fenomeni naturali. E così la festa di Halloween (che è una riscrittura di All Hallows' Eve, ovvero la notte di vigilia di tutti gli spiriti) avrebbe origine dalla festa di Samhain irlandese. Samhain (pronunciato in inglese [ˈsɑːwɪn], [ˈsaʊeɪn] o [ˈsaʊɪn]; in irlandese [ˈsˠəunʲ]), scritto anche Sauin (alla mannese), è una antica (VI secolo a.C. o anche prima) festa pagana di origine gaelica, che si celebra tra il 31 ottobre e il 1º novembre, spesso conosciuta anche come Capodanno celtico. E in Sardegna? La festa di Halloween in Barbagia è oscurata da su mortu mortu ed i bambini non ripetono Dolcetto o scherzetto? ma T'zia Maria, mi dhù ona su prugadoriu?. Stessa e identica cosa in tutti i centri dell'Ogliastra nel quale viene scandita la classica domanda: Nos donae is animasa?. O God, I could be bounded in a nutshell and count myself a king of infinite space, were it not that I have bad dreams. Ci sono giorni di mezza stagione, non tanto lontani dall'eco dei giorni in cui il turismo invade l'Isola, in cui ognuno di noi può andare in spiaggia e sentirsi re di quello spicchio di sabbia o di roccia di fronte al mare cristallino. E' incredibile come l'Isola viva di un respiro a ritmo inverso da tanta parte di Mondo dove si inizia a correre a settembre (che poi anche in Sardo è Capodanno, ovvero il capo dell'anno agricolo) per la vita lavorativa aziendale e scolastica e ci si ferma a luglio ed agosto per le agognate vacanze estive. In Sardegna, nonostante gli impegni scolastici dei più giovani ed il lavoro, sempre carente, dei fortunati che lo hanno annuale, si respira così: da maggio ad ottobre si corre dietro alle frotte di turisti che da ogni dove ingorgano l'Isola ed il suo mare, affollano spiagge, locali, strade, porti ed aeroporti. Una valanga babelica ed affamata di abbronzatura e divertimento che fa correre buona parte della popolazione impegnata nel lavoro turistico estivo. Da novembre ad aprile tutto torna silenzio. L'Isola si contrae, riprende una sola lingua, accorcia giornate ed energie, richiude in casa, accende i camini, spruzza neve e pioggia, invoglia alla pigrizia ed alla lettura. All'ozio della disoccupazione invernale e all'infinito dei pensieri in giornate lunghe e lente. Sull'isola tanti paradigmi sono diversi. Per questo la si capisce solo se la si abita. La si abita fisicamente e psicologicamente. Se il respiro è affannoso da maggio ad ottobre e prende la calma della notte da novembre ad aprile, così è più importante saper fare l'artigiano o il pescatore, o il contadino, o lo scrittore, che il manager, o l'astronauta o il sommergibilista, o il commerciale di un'azienda. Se le distanze sembrano incolmabili, allora ci si stringe nella vita di comunità, nelle chiacchiere del paese, nella vita nei bar o nelle sale da tè. Se le opportunità di viaggio e di accesso all'arte sembrano ridotte, allora prolificano i lettori, i festival letterari, i creativi, gli artigiani, gli scrittori, i cantastorie, gli artisti di strada. L'Isola si volge e si rivolge. Sorride all'orizzonte e alle piante dei suoi piedi. Aspetta il nuovo e intanto coltiva l'antico. L'Isola sogna e racconta di sé. Aspetta i figli che sono partiti in cerca di avventure che tornino pieni di bisacce di racconti dell'altrove. Stavolta siamo nella costa Est della Sardegna.
Siamo esposti a venti meno forti e riparati dal Maestrale (anche se qualcuno ricorda giornate di Levante con cavalloni che si alzavano fino alle cime delle scogliere) e abbiamo traghetti che dal Continente arrivano sia ad Olbia che ad Arbatax. Se avete un ponte lungo e siete appassionati di trekking e di montagna, ecco l'itinerario che fa per voi. Giorno 1+2 _ Ulassai, Osini e Jerzu. Arrampicate fra il mare ed i monti, questi tre paesini valgono una sosta lunga e piena di cose da fare e vedere. Ulassai è il paese natale della grande artista sarda Maria Lai che ha disseminato il paese delle sue opere, un po' come ha fatto Gaudì a Barcellona. Ovunque si ritrovano le sue creazioni originali con gran finale alla Stazione dell'Arte, un museo ricco di tutte le sue opere che girano il mondo di mostra in mostra. Inoltre ad Ulassai è possibile visitare le bellissime Grotte di Su Marmuri e, per chi fosse appassionato di arrampicate, tentare, come tantissimi turisti ormai, un bel climbing sulla roccia scoscesa del paese. Più su, dopo la imponente formazione rocciosa che si chiama Scala di San Giorgio, si erge Osini, con il suo nuraghe Serbissi che apre al panorama di tutta la zona fino al mare di Cardedu. Più giù, non potete non assaggiare l'ottimo Cannonau delle Cantine di Jerzu, note per il vino buono accompagnato dagli ottimi colurgionis ogliastrini. Una specialità. Giorno 3 _ Cale d'Ogliastra Si parte per Arbatax o per Santa Maria Navarrese dove ci si imbarca per le incomparabili Cale d'Ogliastra: Cala Goloritzè, Cala Mariolu, Cala Sisine. Il viaggio comprende tante soste quante sono le cale e anche la visita alle grotte come quella famosissima dell'ormai estinto Bue Marino. E' possibile per molte di queste cale fare anche dei trekking a piedi che partono dal Golgo di Baunei, sosta fissa alla Cooperativa Goloritzè. La cooperativa organizza, per i più esperti, un trekking magico di alcuni giorni negli antichi tracciati dei pastori, chiamato e conosciuto ormai ovunque: il Deep Blue. Giorno 4+5_Canyon di Gorropu e Tiscali All'interno di questa zona meravigliosa fatta di mare e rocce in un fazzoletto di terra, gli appassionati di trekking troveranno due sfide. In zona Urzulei vi cimenterete nel Canyon più fondo d'Europa dal nome inquietante: Su Gorropu. In zona Oliena salirete al di sopra della valle di Lanaittho e della fonte di Su Gologone per arrivare al villaggio nuragico di Tiscali. Per ulteriori info anche i post precedenti su Ulassai; sulle Cale d'Ogliastra; sui trekking a Su Gorropu e a Tiscali. La Costa Ovest della Sardegna respira col vento di Maestrale che qui determina la temperatura di acqua e aria, le onde del mare, i profili selvaggi delle sue coste. In Costa Ovest non attraccano traghetti, se non nella punta quasi corsa di Porto Torres (l'antica Turris Libisonis degli antichi Romani). Cosi', se decidete di sbarcare li' e scendere fino a Sud nell'arcipelago sulcitano, il viaggio sara' meravigliosamente on the road. Mi sono accorta nel tempo che, il servizio di informazioni tiristiche che dona questo mio raccontarvi della Sardegna e' utile anche a chi la Sardegna la conosce, ma che per una serie di motivi, non ha avuto modo di girarla come ho fatto io. Dunque ecco dieci imperdibili tappe da considerare nel viaggio dal nord ovest al sud est della Sardegna:
Se siete amanti del trekking date un'occhiata ai nuovi cammini sardi come quello, qui nel Sulcis, denominato Cammino minerario di Santa Barbara, che vi porta dalla zona di Iglesias a Sant'Antioco seguendo la rotta mineraria.
E se la Sardegna fosse un luogo sabbatico? Un luogo dove rigenerarsi, scoprirsi, ascoltarsi, allontanarsi dal se' conosciuto per guardarsi in una nuova dimensione. Perché l'isola è sicuramente un posto con dinamiche altre. Non solo per il suo essere isola che pur sicuramente crea quella distanza psicologica dal dove avvengono le cose sulla terraferma e che ti fa sentire confinato, o protetto, altrove, in sintesi. Ma perché la Sardegna ha sicuramente conservato tradizioni e immaginari che la rendono unica. Come la sua lingua. Che è una lingua a parte, diversa e filologicamente indipendente dall'italiano. Come si è bilingui sull'isola, si è anche potenzialmente duali. Isolani e continentali. Marinai e manager. Vivere in Sardegna per me tanti anni e ora amarla da lontano e tornare spesso a trovarla tirando la barca della mia vita là da lei dove ho lanciato l'ancora, ha da sempre significato vedere due me stessa: la cosmopolita e la sirena, la ragazza da metropolitana e quella a piedi nudi sulla roccia. Amo la Sardegna per il dono che mi ha fatto, qualcosa di cui oggi giorno c'è un quotidiano bisogno: un diverso punto di vista. Forse questo post è un po' convenzionale ed echeggia liste e sondaggi da riviste da parrucchiere. Ma mi è sembrato giusto, ora che siamo in medias res, a metà del racconto estivo, dare qualche #triptip, qualche consiglio di viaggio, a chi si chiede cosa vedere e dove fermarsi assolutamente in un giro ipotetico della costa sarda. Si parte da Sud, perchè i mappamondi dovranno pure essere girati un giorno, e si va, come sempre, in senso pionieristico, verso ovest. Ma per ora godiamoci il mare. 1. Cagliari: il centro storico e la movida serale ne valgono davvero la pena. La famosa spiaggia del Poetto ha purtroppo perso nel tempo la sua bellezza, ma il lungo mare attrezzato per lo sport ed i suoi famosi chioschi, invitano ad una passeggiata serale e a della buona musica notturna. 2. Chia e le sue spiagge: sistema dunale protetto, è stata quest'anno dichiarata spiaggia più bella d'Italia, ma noi lo sapevamo già. 3. Porto Pino, Dune, Sant'Anna Arresi: le dune sono alle spalle, di fronte, un mare cristallino. Nella cittadina di Sant'Anna Arresi d'estate si svolge anche un Festival Jazz internazionale molto noto ed apprezzato. 4. Sant'Antioco: l'isola nell'isola vale la pena un passaggio, con i suoi musei archeologico ed etnografico e la varietà di spiagge e rocce e calette. 5. Nebida, isolotto di Pan di Zucchero, Miniere e Porto Flavia: questa parte del Sud-Ovest, aspra come le sue scogliere, accende suggestioni ed incanti. Attenzione al vento di Maestrale che batte su questa costa che potrebbe essere pericoloso quando siete al mare. 6. Costa Verde, Dune di Piscinas: dune altissime, intorno nulla, un'emozione straniante, come se si fosse in un sogno. Imperdibili. 7. Tharros, spiagge del Sinis, Is Arutas: la città fenicia di Tharros è qualcosa di magico, estesa lì sulla penisola del Sinis con le sue spiagge di arena bianca e ciottoli di cristallo. 8. Bosa: la cittadina di Bosa, arroccata sul fiume Temo, con le sue case e torri colorate, è uno dei borghi più caratteristici della Sardegna. 9. Alghero: la città catalana, con i suoi bastioni spagnoleggianti, la sua movida e la suggestiva scogliera di Capo Caccia con le grotte di Nettuno, è una meta imperdibile. 10. Stintino, spiaggia della Pelosa, isola dell'Asinara: questa appendice di Sardegna del Nord-Ovest è uno dei posti più spettacolari per colori e sfumature fra mare e cielo che io abbia mai visto. Consiglio una visita a giugno o a settembre, quando il turismo è più scarso e sia la spiaggia che l'Asinara - parco nazionale raggiungibile solo con visite guidate organizzate - sono più fruibili. 11. Castelsardo: altro borgo caratteristico, si erge su una collina a strapiombo sul mare. 12. Arcipelago della Maddalena: è un soggiorno da fare fuori stagione, quando le barche importanti e i tantissimi turisti facoltosi hanno abbandonato questo arcipelago mozzafiato. Caprera, raggiungibile in macchina con un ponte dalla Maddalena, è l'isola di Garibaldi dove potrete visitare un modernissimo e tecnologico museo garibaldino e la casa dove visse il nostro famoso condottiero. Ogni isolotto e caletta hanno la loro magia che ci spiega perchè, seppure in esilio, Garibaldi si fermò qui tutta la vita. 13. Isola di Tavolara: si erge come una gobba di dinosauro dal mare di fronte ad una costa di spiagge e calette, S'isuledda per citarne una, di bellezza davvero notevole. Ma Tavolara, parco naturale visitabile solo con visite guidate o durante il famoso Festival del Cinema, è il gioiello più prezioso. 14. Ogliastra, cale: andate ad Arbatax o a Santa Maria Navarrese, da qua partono numerosissime imbarcazioni che vi faranno visitare dal mare, le stupende calette, Cala Mariolu la più cristallina, di questa parte di Sardegna. Dall'alto, e per chi è appassionato di trekking, sono raggiungibili da Baunei seguendo sentieri più o meno facili a mare. Le scogliere nascondono anche bellissime grotte, quella del Bue Marino e quella del Fico, ormai fruibili con guide locali. Il colpo d'occhio dalla barca è impareggiabile, così come quello fra gli alberi dei sentieri. Imperdibile. 15. Castiadas, Costa Rei, Villasimius: spiagge rinomate per il turisimo di massa ed i tanti Resort, conservano ancora qualche scorcio di estrema bellezza. Non perdete lo Scoglio di Peppino a Castiadas e la Spiaggia di Notteri a Villasimius. #toRead Ogni anno le spiagge sarde vengono depredate della loro sabbia da ignoranti e dissennati turisti. Ricordando a tutti che la biodiversità è, a tutti gli effetti, patrimonio dell'umanità, oltre che concetto di buona educazione, vi invito a leggere il sito Sardegna rubata e depredata, messo su da un gruppo di addetti ai controlli degli aeroporti per creare una rete virtuosa contro i ladri di sabbia. Non voglio passare per un' esaltata dell'Isola, nè risultare autoreferenziale come alcuni autoctoni, ma dopo molti anni di esperienza di vita sarda, di quello che è successo in me come persona da sempre "travel addicted", ovvero, come direbbe qualcuno, viaggiatrice compulsiva, oltre che curiosa compulsiva, posso davvero affermare che la Sardegna è la quintessenza del viaggio. Ovvero: in un'unica isola si trova tutto quello che, molti di noi viaggiatori, hanno trovato, in anni di viaggi, in altre parti del Mondo. Sarà forse questo post un po' consolatorio per tutti coloro che, in tempi di crisi o, perlomeno, di ridimensionamento delle priorità, i viaggi all'estero proprio non possono permetterseli, e anche un post molto gradito agli operatori della promozione turistica sarda che ancora lottano per riempire l'isola nelle stagioni spalla. Fatto sta che, avendo girato in lungo e in largo ormai l'isola da ogni suo capo – anche se molto rimane sempre da vedere perchè anche i viaggi nello stesso posto sono infiniti se la dimensione orizzontale del raggiungere una meta si trasforma nella dimensione verticale del capire un luogo – quando guardo la cartina della Sardegna attaccata al mio frigo da anni che ormai è piena di appunti e punti esclamativi – luogo fantastico! - capisco che ho avuto la fortuna di passare dai Canyon dell'Arizona alle spiagge delle Mauritius in poche centinaia di chilometri. Caro viaggiatore, ecco le dieci zone della Sardegna che assomigliano ad altre zone del Mondo: 1. I Tacchi di Ulassai e dintorni sono l'Arizona americana. Non a caso Perd'e Liana è stata disegnata come sfondo di tanti fumetti di Tex Willer. Lo sapevate? (Sui sentieri trekking in Ogliastra ho scritto molti post. Date uno sguardo a quello sul Supramonte e Tiscali e sul Canyon di Gorropu) 2. Le spiagge di Chia o di Stintino sono spiagge caraibiche. 3. Il Gennargentu e i monti della Barbagia hanno campi da sci e sentieri trekking come gli Appennini e le Alpi. (A questo proposito potete leggere un mio post del blog che inizia così: eppure in Sardegna nevica!) 4. Sparse per la Sardegna ci sono chiese romaniche e basiliche medievali e rovine romane come nel resto d'Italia e d'Europa (Uno sguardo potete darlo leggendo il post sulle rovine di Nora e sulle rovine di Tharros). 5. A Laconi e Goni ci sono i cerchi megalitici come a Stonehenge. (su questo potete leggere un mio passato post che si intitola "Stonehenge Brexit. Il Megalitismo è in Sardegna"). 6. Nel Sulcis si possono visitare le miniere come in tanti posti d'Europa e del Mondo. (leggete anche il post "Il turismo è più forte dell'Industria") 7. Il Pan di Zucchero del Sulcis è Rio de Janeiro. 8. Le scogliere di Nido dei Passeri a Sant'Antioco sembrano le Cliffs dell'Irlanda.(Su Sant'Antioco leggete il post di viaggio che scrissi qualche tempo fa). 9. I giganti di Mont'e Prama sono i Kolossoi greci o i Moai dell'Isola Pasqua. 10. La lingua sarda, sa limba, considerata in tutto e per tutto una lingua a se stante, va studiata, parlata e capita come tutte le altre lingue straniere del Mondo. D'altronde: Sardinia no esti Italia. Zaino in spalla, buon viaggio! In Sardegna si produce tanto bel cinema. Non solo perché la Sardegna è scenografia naturale. Ma perché i registi sardi hanno quel respiro intenso di gente che nel lungo tempo verticale dell'Isola può osservare ed ascoltare tutte le vite ed i gesti ed i cambi di stagione e di umore che passano davanti ai loro occhi. La rassegna “Visioni Sarde” organizzata dall'associazione dei sardi a Roma “Il Gremio” in collaborazione con la Cineteca Nazionale, la FASI (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia) e la Cineteca Sarda, ha avuto luogo sabato 12 maggio presso un affollatissimo Cinema Trevi, deliziosa sala cinematografica alle spalle della ben più famosa fontana romana e di felliniana memoria. Sono stati presentati i cortometraggi vincitori e finalisti realizzati da autori sardi o che abbiano usato come location la Sardegna della ventiquattresima edizione di “Visioni Italiane”, concorso nazionale organizzato dalla cineteca di Bologna. Colpisce la presenza ricorrente nel nucleo creativo di queste storie della questione immigrazione: quella degli sbarchi dalle coste nord africane che negli scorsi anni hanno investito anche il porto di Cagliari e poi la Sardegna intera. Cosa definisce la differenza fra essere immigrati o emigrati? Chiede il bambino africano nel primo corto di Zucca a suo padre in una stanza nel mezzo di un nulla acquatico. Che l'immigrato viene da un posto lontano verso un posto vicino e l'emigrato invece va da un posto vicino ad un posto lontano, gli viene risposto dal genitore adulto e disincantato. E chi decide quale è il posto da cui ci muoviamo? Commenta saggiamente il bambino. Così il migrante africano arriva in Sardegna mentre l'aspirante guida turistica sarda che non riesce a trovare lavoro – nel corto di Chiara Sulis - deve emigrare in Continente. Un unico destino di movimento narrativo ed umano che ci rende tutti uguali. Con questa lezione di apertura mentale e compassione verso il prossimo scendono giù tutti gli altri cortometraggi, alcuni davvero belli e già di grande maestranza come quelli di Salvatore Mereu e di Enrico Pau (ed Antioco Floris). Altri, con il germe della creatività, ma davvero intensi: Gianluca Mangiasciutti, Jacopo Cullin, Matteo Incollu. Altri sperimentali, ma non per questo meno ben riusciti (il cosiddetto last but not least): Fabio Loi con Ilenia Locci, Chiara Sulis. Per una visione più ampia dei Festival di cortometraggi e di cinema in Sardegna:
La tesi di Sergio Frau, eminente studioso di Sardegna, è questa: le Colonne d'Ercole erano nel Canale di Sicilia e non a Gibilterra. Uno tsunami colpì tremila anni fa il Campidano. Dunque la Sardegna è Atlantide. E se Atlantide era il Centro del Mondo per gli antichi, allora la Sardegna è il centro del Mondo, 40° parallelo alla mano. Meraviglia. La mostra che oggi si è chiusa a Roma "Omphalos, La Sardegna di Atlante, Primo Centro del Mondo" ospitata dalla Società Geografica Italiana a Villa Celimontana e tratta dai due interessantissimi libri di Sergio Frau "Le Colonne d'Ercole. Un'inchiesta" e "Omphalos. Il primo centro del mondo", è un compendio di suggestioni sulla magia della nostra amata Isola. Supportato da testi antichi, da nozioni storiografiche e anche da studi recenti di geografia e geologia (non a caso uno dei fautori di questa tesi è anche Mario Tozzi), Frau delinea una storia mitica della Sardegna come Paradiso marino perduto dell'antichità, o, come ha scritto qualcuno, una Pompei del Mare. "In antico" – scrive Luciano Canfora, storico ellenista dell'Università di Bari – "il pericoloso confine delle Colonne d'Ercole era costituito dal Canale di Sicilia, là dove Sicilia e Tunisia quasi si toccano. Solo in epoca ellenistica quel simbolico confine fu spostato e localizzato a Gibilterra". Geograficamente l'intuizione di Frau è quindi di tornare indietro e di misurare letteralmente la equidistanza che la Sardegna ha dal Giappone e dagli Stati Uniti. 11.350 km da una parte, 11.359 km dall'altra. Il 40° parallelo, inoltre, definito dagli antichi "La linea degli Olimpi" taglia esattamente la Sardegna. E, ancor di più, su questo parallelo e al centro esatto della Sardegna, c'è Sorgono, un piccolo paese che accoglie la quantità più alta di menhir (200) e di tombe dei giganti (700) di tutta l'isola. Alla base di tutto c'è un brano di Platone che parla nei Dialoghi di un sacerdote egizio che racconta a Solone di un'antica civiltà che vive nell'isola di Atlantide, al di là delle colonne d'Ercole, e che finisce sommersa dal mare. E difatti in Sardegna secondo Frau arriva quello che Omero chiama "lo schiaffo di Poseidone". Un enorme tsunami, forse causato dalla caduta di un meteorite, che investe il Campidano, incapsulando nel fango centinaia di nuraghe che oggi, con nuovi studi e il supporto dei droni, sono stati ritrovati. Gli unici nuraghe ad essere seppelliti a differenza di tutti gli altri sparsi per la Sardegna che invece sono ancora "emersi" e visibili. I Sardi quindi sono costretti ad abbandonare una terra ormai distrutta e malarica spargendosi per il Tirreno. Se poi Plutarco in Vita di Romolo dice che "(...) gli Etruschi sono coloni dei Sardi (..)" e nelle tombe etrusche, spesso affrescate con immagini di mare, non solo si sono ritrovati la metà dei bronzetti nuragici conosciuti dagli studiosi, ma anche la "patera ombelicata", obolo da dare a Caronte per essere traghettati nell'aldilà marino e simbolo del centro del Mondo, ecco che tutto è chiaro e storicamente spiegabile. La Sardegna diventa una terra mitica e antichissima da cui si dipanano anche tante suggestioni: la Montagna cosmica, il diluvio universale e Babele, la tragedia dei Tirreni, Tartesso, Medusa, il Loto. Per me che, romana da parte materna, sono per parte paterna etrusca e ho passato la mia vita nella malia della terra sarda che mi ha chiamato come una sirena fin dalla nascita - con l'ostetrica romana che mi diede alla luce di nome Mereu, le tante amicizie sarde che hanno costellato i miei anni giovanili per concludersi con la vita in Sardegna accanto al mio compagno sardo – questa tesi è la quadratura del cerchio esistenziale.
A voi lettori, invece, lascio le tante suggestioni e l'amore incondizionato per una terra piena di energia primordiale. Un grazie va anche al Gremio dei Sardi di Roma per avermi accolto recentemente nel loro grembo. L'invito alla mostra è arrivato da loro e questo post a loro è dedicato. Per info sulla Sardegna come Atlantide e la tesi di Frau: www.colonnedercole.info Maria Lai è nata su un piano inclinato. Un arcipelago di Tacchi montani che dalle spiagge di Cardedu salgono su per i vigneti di Jerzu, attraversano il suo paese natale di Ulassai fino alle vette di Osini e al suo passo chiamato la scala di San Giorgio a ricordare, appunto, questo incessante salire. Da questa obliquità, Maria guardava l'infinito orizzonte. Sognava, per sottrazione, ciò che ancora doveva avvenire nella sua vita di eterna bambina. Da quella obliquità decise di salpare per studiare arte a Venezia e a Roma, sperimentando, immersa in un contesto culturale fertilissimo, la sua arte povera e poetica. Trasognante. E' sempre rimasta legata ai suoi Tacchi e nella performance "Legarsi alla Montagna" volle unire le sue due dimensioni: quella sarda e quella continentale, quella delle tradizioni millenarie a cui attingeva per la sua arte e quella nuova verso cui si era tesa, ma sempre ben ancorata, stretta in vita da un laccio blu, ai suoi Tacchi montani. Quel mare di mezzo che lei identificava come un muro doveva essere solcato. Aveva quell'urgenza, tipica di tutti coloro che cercano altrove dall'Isola di far conoscere la Sardegna, di raccontare una terra millenaria, fatata, ancestrale, sospesa nel tempo. Una terra dove la Natura è incombente e l'uomo ha la sola fortuna di potersi, grazie a lei, elevare spiritualmente ed artisticamente. Visse molto a Roma Maria Lai ed il suo studio era a via Prisciano. Per trovarla però dobbiamo andare in due posti. Allo Studio Miscetti, a Via delle Mantellate, nel cuore di Trastevere, dove lavorò e dove ancora sono gelosamente conservate le sue opere e la sua memoria. Presso il palazzo Carpegna alla Quadriennale di Roma dove Maria lasciò una sua opera - l'unica a Roma oltre quella che si trova a Montecitorio - il cui archivio regala alcune rarità.
Anche a Castelnuovo di Farfa, a qualche decina di chilometri da Roma salendo verso l'Umbria e la Tuscia, Maria lasciò la sua impronta di luce. Il Museo dell'olio della Sabina è costellato dalla sue opere. Su Maria Lai la bibliografia sarebbe immensa, vi invito a leggere due pubblicazioni appena uscite sul suo lavoro: Maria Lai, Arte e Relazione a cura di Elena Pontiggia, Illisso Edizioni, 2018. Maria Lai, Il filo dell'esistere, a cura di Maria Elvira Ciusa, Carlo Delfino Editore, 2018 Per chi volesse visitare Ulassai ed i suoi Tacchi, potete leggere un post di viaggio scritto qualche tempo fa: "Sui Tacchi di Maria Lai".
La Sardegna, si sa, è scenografia naturale. Molti sono i film, più o meno noti, che hanno utilizzato l'isola come fondale delle proprie opere. Il più noto forse è Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto con Marcello Mastroianni e Mariangela Melato.
La Sardegna Film Commission è uno sportello regionale che nasce “con lo scopo di incoraggiare e sostenere la produzione cinematografica e audiovisiva, promuovere il territorio regionale e offrire nuove opportunità alle professionalità presenti nell'isola."
Imperdibile è il sito dell'associazione Moviementu che raccoglie notizie, bandi, concorsi, casting, tutto ciò insomma che ruota intorno al mondo cinematrografico sardo.
E di film sardi ce ne sono di davvero belli.
Ecco la mia personale lista dei dieci film sardi da vedere assolutamente e che invito a corroborare con tutto quello che vi viene in mente. 1. L'Arbitro - di Paolo Zucca Il più “continentale” per la presenza di Accorsi, ma forse solo chi ha vissuto in Sardegna o è Sardo ha la capacità di capirlo appieno. 2 . La Stoffa dei Sogni - di Gianfranco Cabiddu Magnifico, amletico 3. Su Re – di Govanni Columbu Il Gesù Cristo in lingua sarda, alla faccia di Mel Gibson. Monte Corrasi e le sue pietre, la nostra Passione. 4. Ballo a tre passi – di Salvatore Mereu La Sardegna autentica. 5. Banditi a Orgosolo - Vittorio De Seta, 1961 La Sardegna autentica parte seconda 6. Bellas Mariposas – di Salvatore Mereu La Sardegna delle borgate cagliaritane, intenso. Da un libro del compianto Atzeni. 7. Il figlio di Bakunin – di Gianfranco Cabiddu Rivoluzionario. 8. Figlia Mia (2018) - di Laura Bispuri Non l'ho ancora visto, ma lode alla Bisburi per aver pensato di far recitare due bravissime attrici nel vuoto in scena beckettiano della Sardegna. 9. Oil - di Massimiliano Mazzotta Documentario sul petrolchimico della Saras a Pula, ha diviso i Sardi che ci lavorano, da quelli che difendono l'ecosistema ormai compromesso di quel tratto di Sardegna. Il regista è stato portato in causa dai Moratti ed è dovuto andare a vivere in India per ripararsi da alcuni fatti strani che gli accadevano a Milano, dove, leccese, d'orgine, viveva ai tempi del film. 10. Oil secondo Tempo – di Massimiliano Mazzotta Ha creato, però, sempre in Sardegna, a Martis, in provincia di Sassari, un bel Festival che si chiama “Life after Oil” rassegna e concorso per opere cinematografiche – documentari, fiction, animazioni, videoarte – che si occupano di progetti basati su energie alternative al petrolio. Quest'anno si terrà a Santa Teresa di Gallura il 12-13-14-15 settembre. OIL Secondo Tempo from Massimiliano Mazzotta on Vimeo. Non dimenticatevi di provare almeno una volta la magia di andare – via barca, di notte, sotto le stelle – all'isola di Tavolara per il famoso Festival del cinema di Tavolara. A luglio, d'estate. In questi giorni di freddo invernale, nell'attesa che arrivi Burian dalla Siberia, arrivo che sembra un assedio e denota il registro ormai sempre aggressivo anche di un certo modo di fare giornalismo, fa sorridere a noi Sardi autoctoni o acquisiti, la meraviglia degli astanti quando si arriva alla notizia che sì, in Sardegna, pure, sta nevicando. Si vedono bambini che in Barbagia giocano con la neve e, udite, udite, si chiudono anche le scuole per il freddo ed i disagi logistici. Sorridiamo, noi. In Sardegna, nevica eccome. La Sardegna non è solo un'isola di mare incontaminato e spiagge caraibiche. La Sardegna è fatta, almeno per la metà, di un entroterra aspro e montagnoso, dove i nuragici costruirono le loro fortezze come Tiscali e Barumini e dove, neppure i Romani, vollero o riuscirono ad arrivare. In Sardegna si arriva a picchi montuosi non proprio di poco conto: Punta La Marmora 1834 m e Bruncu Spina 1828 m. Massiccio del Gennargentu. Ma forse la notizia che vi farà davvero trasalire è che in Sardegna si scia. Sì, avete letto bene, si scia. A Fonni ci sono degli impianti sciistici aperti tutto l'inverno, sfruttati per lo più dai locali e dai pochi che si avventurano in Sardegna con i loro scarponi da neve. Andate a guardare gli impianti di Bruncu Spina e di Monte Spada. Vi consiglio un giro comunque in quelle zone perché l'esperienza della neve in Sardegna, in effetti, fa specie ad un continentale e perché ci sono, come sempre, un sacco di posti da visitare pieni di attrattive. Il passo di Correboi è una strada tutte curve che sale fra neve e gli animali in transumanza ed è il valico automobilistico più alto della Sardegna. Orgosolo è nota dentro e fuori l'isola per i suoi murales, attrazione imperdibile che rende questa cittadina ancora molto ancestrale (giuro di aver visto affacciarsi alla porta del bar dove stavamo prendendo un caffè, un uomo a cavallo. Intendo, cioè, affacciarsi nel bar un uomo sopra al suo cavallo senza scendere!). Ma c'è anche un piccolo scrigno di saperi nella bottega dove si allevano ancora i bachi da seta. Maria Corda tesse con sapienza centenaria conservando una antica arte che speriamo non vada perduta. A Mamoiada, fa freddo, ma tanta gente durante questo periodo arriva da ogni dove per ammirare il Carnevale coi suoi Mamuthones.
Questi uomini-buoi al lazzo dei loro padroni ben vestiti, al ritmo sincopato della loro danza ancestrale che fa risuonare tetramente i loro campanelli da schiavi aggiogati, sfilano per le strade del paesino ricordandoci che le tradizioni affondano nella notte dei tempi e che qui, nel centro della Sardegna, la neve non ha mai ricoperto l'eco della Storia. La Sardegna mi manca a tratti. Mi manca il senso di infinito, i respiri che sanno di salsedine a Levante e di fresco elicriso a Maestrale, la poesia dei tramonti e delle lune piene sull'orizzonte. E poi, naturalmente, il Mare. A Roma di Sardi ce ne sono tanti, una diaspora, quella sarda, che non non si arresta, troppo poco il lavoro sull'isola e per campare, altrove bisogna andare. Questo blog che è nato sull'isola e che all'Isola e a chi vuole scoprirla è dedicato, si aggrappa anche alla tanta sardità che si trova nella Città Eterna. A Roma ci sono molti ristoranti sardi come Canne al Vento o Baia Chia oltre che alcune botteghe di prodotti sardi come Tentazioni Sarde o Pigna Enoteca di Sardegna. A Roma c'è l'ACRASE, l'associazione culturale dei Sardi a Roma, che coordina eventi ed iniziative legate ai Sardi che vivono nella Città eterna e che è collegata alla FASI, la Federazione delle associazioni sarde in Italia. Molto attiva è anche l'associazione Il Gremio dei Sardi che organizza eventi legati agli artisti sardi che hanno vissuto nella città eterna e quest'anno festeggia il suo ottantesimo anno di vita. A Roma hanno vissuto grandi intellettuali ed artisti sardi del Novecento: Gramsci nel 1924 si trasferisce a Roma come membro del Pcd’I. A Roma lavorerà, sarà incarcerato e sarà sepolto nel Cimitero acattolico di Roma. Maria Lai, dopo un'infanzia vissuta al suo amatissimo paese natale, Ulassai, dove ancora tutto parla di lei, “(cit.) ...nel 1939, "se pur con tante difficoltà", decide di continuare la sua ricerca del segno, iscrivendosi al Liceo Artistico di Roma, dove conosce maestri di scultura come Angelo Prini e Marino Mazzacurati, che vedono subito in lei un segno maturo e molto maschile, estremamente essenziale e rapido". E ancora poi “(cit.) ….per tutti gli anni Sessanta, infatti, coltiva un rapporto di amicizia e di collaborazione con lo scrittore Giuseppe Dessì, dirimpettaio di casa sua a Roma. Attraverso lo scrittore riscopre il senso del mito e delle leggende della sua terra, trae profonda ispirazione dai suoi libri, capisce ancora di più quanto sia importante e privilegiata la sua origine preistorica sarda. Nel silenzio romano, osserva le correnti emergenti contemporanee, come l'Arte Povera e l'Informale, comprende sempre più quanto fossero importanti le lezioni di Martini (inizialmente vissute come un completo fallimento), le parole di Cambosu, le tradizioni, i miti e le leggende della sua terra natia. Intervenendo sulla materia attraverso gli oggetti ansiosi Ready-made del telaio e della magia del suo utilizzo, del pane e degli oggetti del passato arcaico sardo, inizia il suo percorso, che vede il passato come indagine del futuro. Il 1971 presso la Galleria Schneider di Roma, espone i primi Telai, la mostra fu a cura di Marcello Venturoli, un ciclo che caratterizza tutti i dieci anni successivi." In questo periodo, presso lo Studio Miscetti dove Maria Lai espose alcune delle sue opere, c'è una mostra davvero magica su di lei. Potete andare a curiosare anche le mostre precedenti: la mostra Maria Lai A portata di mano 10 - 24 Marzo 2005 e la mostra Maria Lai, Una fiaba infinita 3 - 15 Marzo 1994. Grazia Deledda si trasferì a Roma nel 1900 ed è nella capitale che visse il resto della sua vita e scrisse le sue opere maggiori da Elias Portolu del 1903 a Canne al vento del 1913 e La madre del 1920. Di Roma e della sua casa romana la Deledda diceva "Il mondo è bello e vario come diceva Bertoldo, ma ancora un posticino dei più belli è tra via di Porto Maurizio e via Trapani". Scrisse di Roma nelle novelle La Roma nostra e Viali di Roma. Un bel libro di Rossana Dedola, Grazia Deledda. I luoghi, gli amori, le opere, rivive anche il suo rapporto con Roma attraverso lettere e cartoline postali. La Biblioteca Nazionale centrale di Roma ha inaugurato a dicembre 2016 una mostra permanente su di lei in cui ci si concentra soprattutto sul legame che la scrittrice sarda aveva con la città eterna. Lo scrittore Marcello Fois ha scritto e sta portando nei teatri d'Italia (a Roma ai primi di febbraio) un testo teatrale sulla vita della Deledda che parla anche dello strappo umano e sentimentale che la Deledda dovette subire per la sua scelta coraggiosa di allontanarsi dalla sua terra natìa per poter affermare la sua anima di scrittrice. Le foto si riferiscono alla mostra permanente presso la Biblioteca Nazionale di Roma su Grazia Deledda e sulla mostra temporanea su Maria Lai e Grazia Deledda tenutasi nel 018 presso la Biblioteca dell'Orologio di Roma "Cucire e Ricucire. Sul diritto e sul rovescio" con quattro sculture dal titolo "Le Stanze della Deledda" dedicate dall’artista alla scrittrice Premio Nobel per la letteratura Grazia Deledda. Maria Carta, cantante tradizionale sarda, a Roma si trasferì dalla sua Siligo nel 1960 e qui visse e lavorò diventando una apprezzatissima artista internazionale. A Roma si occupò anche di denuncia sociale e venne eletta nelle file del PCI nel Consiglio comunale. Roma la ricorda anche in uno dei suoi parchi intitolandone un sentiero alberato accanto alle poetesse inglesi. Da leggere: Maria Carta a Roma, di De Giovanni, Ed. Nemapress. La Sardegna è anche nei musei. Recentemente in una delle domeniche gratuite dei Beni Culturali, siamo andati a visitare il Museo Barracco, un piccolissimo ma splendido compendio di opere di vari secoli. Anche lì, e forse per noi che a Sant'Antioco siamo legatissimi, ecco che troviamo un leone fenicio proveniente dagli scavi dell'isola nell'isola.
Ci manchi un po' isola, ma è bello sapere che sei anche qui. Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo (Ghandi) Si sa ad inizio anno si fa sempre una lista di buoni propositi. Ho pensato che sarebbe stato bello iniziare con una lista di buone pratiche per la vita quotidiana di tutti i giorni, un post da avere stampato sull'agenda o nella bacheca sopra la scrivania per tenere a mente quali sono i consigli utili per una quotidianità eco e green. Che si viva in Sardegna o sulla terraferma. 1. Calendario ©Greenme: scaricatevi questo utilissimo calendario che mese per mese vi guida alla selezione di frutta e verdura di stagione e vi dà consigli su cosa piantare nell'orto urbano o casalingo. Puoi scaricare il calendario direttamente qui sotto:
2. Greenpeace consumo critico. L'associazione più green che c'è ha stilato negli anni di lavoro scientifico delle ottime guide da consultare per fare acquisti consapevoli.
3. Biodetersivi: potete sbizzarrirvi e creare da soli i vostri bio detersivi grazie al lavoro di tanti esperti che hanno messo su questo sito con tante informazioni utili. biodetersivi.altervista.org 4. Eco B&B: e se vi dicessi che esiste una rete di alloggi certificati eco che puntano al turismo responsabile e rispettoso dell'ambiente? E(c)co(li) qua: ecobnb.it 5. Prodotti equo e solidali: ricordatevi di dare uno sguardo al sito delle botteghe del Mondo www.altromercato.it per acquistare prodotti che, all'orgine, prevedono condizioni lavorative corrette e aiutano il Sud del Mondo. Certo su alcuni di questi prodotti si potrebbe pure dire che non sono a km 0 e che quindi, acquistandoli, si produce CO2. Se la pensate così, meglio allora i prodotti dei contadini di zona e ancora meglio le reti GAS, i Gruppi di Acquisto Solidali, che coordinano la gestione e l'approvvigionamento di generi alimentari freschi in un certo quartiere o zona o condominio. www.economiasolidale.net Un buono modo per capire quanto impattiamo sulla Natura è quello di calcolare la nostra “impronta ecologica” ovvero il peso delle nostre scelte quotidiane sul pianeta attraverso il calcolatore del Global Footprint Network. www.footprintcalculator.org footprint.wwf.org.uk/questionnaires ecologicalfootprint.com La mia impronta ecologica, ad esempio, è ad oggi del 110% del Pianeta, quindi se tutti vivessero come me, ad esempio, servirebbero 1 + 10% di Terra in più ogni anno. Non vado malissimo, sono vegetariana, uso i mezzi pubblici, mangio cibo locale, cerco di comprare etico e certificato, in casa provo a ridurre i consumi energetici spegnendo le luci o facendo la lavatrice in fasce orarie notturne o festive, tengo la temperatura mai troppo calda, uso detersivi eco se non quelli fai da te con il bicarbonato e, se lo trovo, tendo a comprare vestiario fatto artigianalmente o con tessuti organici. Ma c'è ancora da migliorare. Il motto è sempre “riduci, riusa, ricicla” GO GREEN! Parlare di epoca nuragica significa parlare dell'unica civiltà davvero autoctona della Sardegna. O meglio, di quella che in Sardegna arrivò e si consolidò nella sua lingua e nelle sue tradizioni e nella sua unica ed irripetibile architettura per un paio di secoli prima dell'invasione fenicia, punica e poi romana. Parlare di epoca nuragica significa andare a fondo nella storiografia e chiedersi: da dove provenivano i nuragici? Ci raccontano gli storiografi romani che tre furono le ondate di genti che popolarono la zattera di pietra in mezzo al mare già abitata nei secoli precedenti dalle popolazioni megalitiche e tirreniche presenti in tutta Europa.
«Diversi elementi onomastici sardi richiamano a nomi di luogo iberici, non soltanto nelle radici (che spesso hanno una diffusione panmediterranea) ma anche nella struttura morfologica delle parole, per esempio: sardo: ula-, olla-; iberico: Ulla; sardo: paluca, iberico: baluca; sardo: nora, nurra, iberico: nurra; sardo: ur-pe, iberico: iturri-pe. A ciò si aggiunge un fatto che, per il numero delle concordanze, non può assolutamente considerarsi casuale ed appare di altissimo interesse: l'esistenza, cioè, di specifiche analogie tra elementi del patrimonio lessicale della lingua basca e singoli relitti lessicali o voci toponomastiche sarde: Esempi:
(La Sardegna nuragica, Massimo Pallotino - a cura di Giovanni Lilliu. Ilisso edizioni, 1950, pag 96.) Parlare di epoca nuragica vuol dire trattare un argomento vastissimo ancora tutto da scoprire nonostante gli studi immensi fatti in primis dal Professor Lilliu che scoprì negli anni '50 l'imponente Su Nuraxi a Barumini, Patrimonio Mondiale Unesco dal 1997 , considerando anche la non conoscenza della scrittura da parte dei nuragici, portata poi dai Fenici e quindi la mancanza di tradizione scritta originale. Ci aiutano a capire come fosse strutturata la civiltà nuragica proprio i Nuraghe (la radice “NUR” che vuol dire cavità o anche cumulo di pietre ma riecheggia anche il nome di Norace) ed i bronzetti che ci raccontano di una civiltà piramidale in cui il potere era detenuto da una casta militare e sacerdotale che coordinava dalla sua torre di controllo la popolazione di mestieri che abitava nelle capanne intorno al nuraghe. Più in là le tombe dei giganti, luogo sacro dove si seppellivano in maniera comunitaria i membri della popolazione e dove, nell'esedra a forma di corna di toro (le stesse corna del Dio Toro che si ritrovano, nelle domus de janas, tombe paleolitiche) si praticavano riti magici come l'incubazione. Accanto al villaggio e alla sua fonte d'acqua, poi, il pozzo sacro, con la sua scala a dromos e la sua cavità a forma di chiave del cosmo, in cui, ad intervalli prestabiliti dall'astronomia ben conosciuta dai nuragici come da moltissime popolazioni mediterranee ed oltre del tempo, il sole o la luna filtravano i loro raggi con esattezza millimetrica. Qualche anno fa il divulgatore Roberto Giacobbo, con qualche imprecisione nel suo metodo evocatico del raccontare, dedicò un'intera puntata alla Sardegna e alla sua storia. #to read.
- Chi hai detto che è? Per raccontare e fantasticare c'è bisogno di meraviglia. Le storie poi arrivano e un nuovo mondo immaginario si popola d'incanto. Omero, Le mille e una notte, Dante, Shakespeare, Proust, Calvino, Saramago. Un universo infinito di personaggi, parole, intrecci che mai si sono bissati come le musica che non ripete mai se stessa nonostante sia imbrigliata in sole sette note. In verità alcuni punti fermi ci sono. Alcune abitudini, potremmo dire, un schema, un modello che da sempre la letteratura segue. E' come l'antropologia del mondo di Jared Diamond in “Armi, acciaio, malattie”, o la piramide di Maslow. E' come lo studio delle religioni comparate nel “Ramo d'Oro” di Frazer. La meta-letteratura, come il meta-teatro, cerca di dare una spiegazione alla creatività e riduce le infinite capacità umane di composizione del meraviglioso in alcuni tratti salienti e comuni. Ad esempio la letteratura americana è quasi sempre riconducibile alla contrapposizione fra la Natura selvaggia e sconosciuta (la balena Moby Dick) o altra e quindi peccaminosa (la protagonista de “La lettera scarlatta” con la sua A di adultera o di America in quanto nuovo continente) e il raziocinio umano (Akhab) con i suoi dettami religiosi (il protagonista de “La lettera scarlatta” che è un reverendo arrivato dall'Europa come i pellegrini della Mayflower). A questo proposito si veda il saggio “La macchina nel giardino” di Leo Marx O il teatro giapponese kabuki in cui gli attori si muovono improvvisando su modelli di voce, spazio, gesti, simbolismi, rendendo queste rappresentazioni da una parte identificabili ed uniche al mondo, dall'altra sempre diverse. Un po' come Bollywood. Ora. Tutto ciò per dire che l'arte dello storytelling nasce da questo presupposto. Esistono dei meccanismi di scrittura, delle tecniche di narrazione emozionali, che fanno sì che una storia sia possibilmente migliore come intreccio e più efficace dal punto di vista delle conseguenze emotive sul lettore/astante di altre. Perché se si conoscono gli ingranaggi ed i tasti da spingere, si sa come far funzionare la mente ed il cuore umano. Esistono delle apicalità esistenziali, il gioco, l'amore, il lavoro, la fine o morte, che dovrebbero sempre essere usate nelle storie e diventano una sorta di archetipo perenne. E i metadiscorsi: il mito della guarigione, il mito dell'avventura o fuoco prometeico, il mito della rinascita o salvezza. Lo schema narrativo canonico vede sempre questo iter: eroe – viaggio- destino – un tesoro da raggiungere – un oppositore con cui si lotta – un pathos tragico con altri personaggi. Un ciclo chiuso con un inizio ed una fine. Il viaggio dell'eroe ha sempre questo schema: il mondo ordinario – il richiamo all'avventura – il rifiuto a tale richiamo – il varco della prima soglia – la prova centrale – la ricompensa – il compimento. Ci sono un paio di corsi di specializzazione che sarebbero in teoria imperdibili.
L'immaginazione parte così. Si ha una visione. Si scrive una scena che può essere in ogni punto della storia. E poi si comincia. Questa è la prima visione del mio nuovo romanzo. Ma come insegnerebbe qualche maestro di scrittura creativa, può essere una visione iniziale anche per voi. Ognuno di noi potrebbe, da queste righe, scrivere una storia, una musica, completamente diversa. Un alfabeto emozionale infinito. A voi la penna. Di fronte a questo mare, così, sembra che siamo delle altre persone, dice lei. Forse lo siamo, risponde lui. Forse siamo i noi due che saremmo stati se fossimo vissuti qui. E cosa saremmo stati qui?, chiede lei, disincantata. Semplicemente marito e moglie, risponde lui guardando l'orizzonte. (...) Fu allora che la Penisola Iberica si mosse un altro po', un metro, due metri, per provare le forze. Le corde che servivano da testimoni, lanciate da un bordo all'altro, proprio come fanno i pompieri sulle pareti che presentano crepe e minacciano di crollare, saltarono come spaghini, alcune più solide sradicarono gli alberi e i pali a cui erano assicurate. Dopo ci fu una pausa, si sentì passare nell'aria un grande soffio, come il primo respiro profondo di chi si sveglia, e la massa di pietra e terra, coperta di città, villaggi, fiumi, boschi, fabbriche, macchie incolte, campi coltivati, con la sua gente ed i suoi animali, cominciò a muoversi, come una barca che si allontana dal porto e punta al mare di nuovo ignoto. (...) La foto mi ritrae non in Sardegna, ma nelle remote Islas Berlengas, in Portogallo. In un viaggio bellissimo ed on the road che feci dieci anni fa. Già allora avevo avuto la malìa, l'urgenza, di finire in una piccola isola, dove vivono solo gabbiani, attratta da sempre verso finis terrae.
Questo mi ha fatto pensare a quanto ci evolviamo, rimanendo sempre gli stessi. Come i sogni che avevamo da bambini, alla fine, si realizzano, si manifestano. Noi siamo solo noi, ognuno a suo modo. Le isole erano nel mio destino, le ho sempre scelte e alla fine ci ho viaggiato o abitato. Andiamo sempre verso noi stessi, per tutta la vita anche quando gli altri ci vorrebbero in un altro modo, la società ci vorrebbe in un altro modo, e siamo, alla fine, quei sogni in potenza così visibili in noi fin da quando eravamo piccoli. Dunque questo vi auguro per il nuovo anno. Di iniziare a muovervi. Non state fermi, non fissate un punto, non fossilizzatevi. Camminate, correte, scuotetevi, dimenatevi se necessario. Perché questo è il significato di tutto. Viaggiare, scoprire imparare, curiosare, fantasticare, amare. Spiegate le vele e salpate. Buon nuovo anno. Alessia Sulle isole anche i precedenti post: https://lisola.weebly.com/home/essere-o-non-essere-unisola https://lisola.weebly.com/home/essere-o-non-essere-unisola-appendice Siamo in Sardegna in questo blog. Ma potremmo essere in qualunque altra regione d'Italia. Perchè oggi parliamo della bellezza di viaggiare e di viaggiare lenti. Camminando, assaporando ogni emozione di quello che vediamo e sentiamo. Odori, colori, suoni. Ad impatto zero anche se non a km zero. E' un modo bello di viaggiare quello che oggi si chiama turismo lento. Ne hanno fatto anche un anno dedicato che sarà il 2019 e i nostri Beni Culturali hanno già preparato un sito con delle idee di cammino: i Cammini d'Italia. E' un'ondata rivoluzionaria quella di questi avventurieri a piedi che, come una volta, ritracciano e ritrovano luoghi e sentieri abbandonati o persi nella memoria e ne ricreano la suggestione. Le idee e le terminologie ormai sono tantissime. Come cita una delle associazioni di cammino più articolate e strutturate, la Compagnia dei Cammini, ci sono i Cammini di Pace che sono una proposta per viaggiatori che vogliono percorrere sentieri non solo esteriori ma anche interni. Sono viaggi, ciascuno con la sua diversa particolarità, in cui il camminare diventa strumento privilegiato per incontrare gli altri, la Natura, e se stessi. Sono momenti in cui, con il sostegno della guida e del gruppo, ciascuno è invitato a prendersi cura di sé attraverso la strada, le pratiche e gli spunti proposti. E poi anche il Deep Walking. A valorizzare ancora di più il viaggio c’è l’esperienza delle camminate meditative e consapevoli proposte dalla guida seguendo le tradizioni del buddismo zen e dello sciamanesimo tolteco. Questo infatti è un viaggio di Cammino Profondo e l’alimentazione è senza carne. Dall'estero è arrivato, inoltre, anche il movimento delle Greenways, un modo per rivitalizzare e recuperare i tracciati delle antiche ferrovie per farne dei sentieri turistico-culturali. In Sardegna, meta per eccellenza di turismo di elite, ma anche di tanto turismo sportivo, solo ultimamente sono nate delle iniziative a passo leggero. Ma sono delle iniziative bomba. Il Cammino di Santu Jacu, che gira la Sardegna evocando il più noto Cammino di Santiago ed ha un sito ben fatto dove soprattutto si possono trovare tutti i tracciati in GPS delle varie proposte di cammino. Ed il recentissimo Cammino delle 100 Torri che invita ad un periplo di mesi intorno alla Sardegna via costa sfruttando come punti di snodo le antiche torri costiere prima nuragiche poi di avvistamento dei saraceni che venivano dal mare. Stiamo lavorando anche noi ad una proposta da lanciare per il 2018 e vi terremo aggiornati. Il Mondo a piedi è ancora tutto da scoprire. Ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita l'isola di Sardegna. Come Saramago incontrò Lanzarote. Un'isola che è stata stimolo alla resilienza e alla creatività. Tra le tante cose che ho messo su cercando la mia dimensione in un posto sospeso nel tempo, o forse meglio, di portare me stessa in un luogo che per molti versi è ancora un foglio bianco, c'è stato questo appuntamento culturale a Sant'Antioco, nella piazza della Basilica, qualche estate fa. Con alcuni amici, portammo in paese il reading letterario del brillante scrittore sardo Flavio Soriga accompagnato dalla scoppiettante band dei Ratapignata chiamato “Scrittori da Palco”, format che ancora gira per la Sardegna e oltre. E' un mosaico agrodolce di storie sarde, questo reading, il cui apice è l'immancabile e implacabile racconto del Ferragosto campidanese. E' una delle cose fatte di cui sono estremamente orgogliosa e che mi porterò come bagaglio emozionale – insieme al tesserino da guida turistica, i romanzi scritti, ed il blog – dall'altra parte del Tirreno ed in giro per il Mondo. Passando sulla terra leggera. Buon ascolto. Badate che l'emblema dei Quattro Mori non rappresenta, come si dice, i quattro Giudicati in cui la Sardegna era divisa otto novecento anni fa, quando era libera ed indipendente: si tratta di un errore di interpretazione storica, e dunque non è ne ovvio né obbligatorio scegliere proprio questo stemma. Che è, sì, uno stemma popolare e consacra la tradizione plurisecolare della Sardegna, come detto nell'ordine del giorno, ma non è quello sardissimo come si è soliti immaginare" Chi sono davvero i Quattro Mori? Me la fate sempre questa domanda, che voi siate turisti o amici che ormai vogliono sapere tutto della Sardegna e della sua storia millenaria al di là dei soliti luoghi comuni di mare cristallino, maialino arrosto e mirto. La storia dei Quattro Mori e, in generale, della bandiera sarda, è molto meno lineare, di quanto si possa pensare. Prima di tutto c'è da sapere che passati i nuragici, i fenici, i cartaginesi, i romani ed i bizantini, la Sardegna nel Medioevo si auto organizzò in quattro Giudicati, quattro aree in cui il territorio venne diviso per essere organizzato. Diremmo l'unico momento in cui i Sardi hanno governato la propria stessa terra. Prima e dopo, sono stati sempre colonizzati e governati. C'è chi vuole vedere proprio nella suddivisione in quattro della bandiera, i quattro Giudicati in cui era divisa l'isola in quel periodo, ma non è così. La prima ragione è che la bandiera originaria del Giudicato d'Arborea, il più importante e quello che diede vita alla famosa Carta de Logu che coordinò anche successivamente sotto gli Aragonesi la vita amministrativa, civile e penale dei Sardi, era una bandiera agreste, arborea. La seconda è storica: la più antica attestazione dell'emblema risale al 1281, al sigillo della cancelleria reale di Pietro III d'Aragona dopo che la Sardegna entra a far parte della Corona d'Aragona. La bandiera dunque è di origine medievale, è composta dalla Croce di San Giorgio e da quattro teste di moro bendate, rappresentanti i quattro re saraceni sconfitti dagli aragonesi durante la battaglia di Alcoraz avvenuta in Spagna La tradizione spagnola la considera una creazione di Re Pietro I di Aragona, quale celebrazione della vittoria di Alcoraz (1096). La vittoria sarebbe stata ottenuta grazie all'aiuto di San Giorgio (il cui stendardo era una croce rossa su sfondo bianco), il quale sarebbe intervenuto lasciando poi sul campo le quattro teste recise dei re saraceni (quattro mori). La tradizione sardo-pisana lega lo stemma al leggendario gonfalone dato da papa Benedetto VIII ai Pisani in aiuto dei sardi contro i saraceni di Musetto, che cercavano di conquistare la penisola e la Sardegna. Sulla benda che a volte copre gli occhi dei Mori, o ne fascia il capo, non ci sono spiegazioni attendibili se non che si trova la raffigurazione di entrambe storicamente. Così come sugli emblemi usati dalla Regione Sardegna stessa, modificati negli anni anche sul verso in cui si volge lo sguardo dei quattro. Le spinte indipendentiste catalane, corse, irlandesi, hanno simili origini. Quando un popolo si riconosce sotto una bandiera propria, una lingua propria e non in quella della nazione a cui appartiene, tutto è più complicato. Sardinia Natzioni, Italia Fratzioni (Sardegna nazione, Italia frazione, n.d.a.) Per approfondire: #to read Wikipedia, wikipedia.org/wiki/Bandiera_dei_quattro_mori Regione Sardegna www.regione.sardegna.it/Storia dello Stemma |
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Agosto 2019
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