Essere o non essere un'isola /Appendice. Sardegna ed Irlanda. Il cerchio sincopato de su ballu tundu6/30/2016 Che le isole abbiano tutte una simile conformazione fisica è appurato: terra in mezzo costretta fra i confini a chiudersi e mare tutto intorno. Ma che le isole possano anche avere similitudini culturali, questo è meno banale e più sorprendente. Ho studiato in Irlanda ai tempi dell'Università e anche lì facevo incetta di modi di fare e di tratti antropologici. Solo dopo, sull'isola di Sardegna, ho iniziato a stupirmi di quanti tratti somatici della cultura sarda potessero essere ricondotti all'isola di smeraldo. Due fra tutte: una lingua - il celtico ed il sardo - riconosciuta e parlata dagli abitanti e diversa dalla lingua colonizzatrice - l'inglese e l'italiano. E poi, fra tutti, il modo di ballare. Questo saltare a piccoli passi l'uno accanto all'altro. Il ballo tradizionale irlandese assomiglia nel ritmo sincopato talmente tanto a su ballu tundu sardo, che ci sarebbe da fare degli scambi culturali. Più isolani però i Sardi: tondo è il ballo, stretto il cerchio, a delimitare l'Isola, il Nuraghe, il Cantone. Si apre ad un certo punto il cerchio ballando, eccolo il mare, ecco le genti. Ma poi si richiude, come le onde e le maree, su e giù, attraverso il millenni della Storia. Così i canti a tenore. Cantanti sempre in circolo chiuso, il cantone, la tribù che canta per se stessa, delimitando il sentimento di una delle migliaia di città nuragiche. E' stato incredibile poi avere conferma della mia intuizione. “(….) Appare invece più verosimile che il popolo dei Sardi abbia avuto un'origine occidentale e ciò per varie affinità culturali ed antropologiche che essi presentano ancora con i Baschi, gli Irlandesi e gli Scozzesi. Infatti i Sardi della Barbagia, zona più conservativa dell'Isola, sono prevalentemente dolicocefali, hanno carnagione, capelli e occhi chiari e presentano in prevalenza il gruppo sanguigno RB positivo che è comune ai popoli europei che abbiamo menzionato. Siamo inoltre certi che il popolo che edificò i nuraghi avesse un idioma molto simile a quello dei Baschi poiché, non solo molti cognomi e toponimi sardi, ma anche i nomi particolari dei nuraghe, che sinora erano incomprensibili, trovano un preciso e reale significato nella lingua euskadi. (…). [Bruno Vacca, Il Museo Archeologico di Cagliari e le antiche civiltà della Sardegna, Edizioni V.I.S.] #toWatch. Il film “BELLA E DINNIA" di Antioco Floris, 2001, un documentario sulla lingua sarda e sulla sua declinazione etnomusicale: "(...)tre poeti che rappresentano tre generazioni di sardi e che provengono da diversi territori praticando diversi stili di poesia: Efisio Caddeo, di Furtei, maestro di “repentina”, Giuseppe Porcu, di Irgoli, giovanissimo poeta di “otavas”, Paolo Zedda, di Sinnai, cantadori di “mutetu longu” campidanese (...)"
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C'è quella poesia di Rafael Alberti che da sempre risuona nella mia testa. Forse ero destinata a vivere su un'isola, forse ero destinata a sentire, pur poi immersa nell'acqua, quella inspiegabile nostalgia per il mare che non si ferma neppure se lo si sta contemplando. E' come un'ipnosi, un'energia troppo forte che ti risucchia in riva o su uno scoglio e ti blocca lì, stuck in the middle. "El mar. La mar. El mar. ¡Sólo la mar! ¿Por qué me trajiste, padre, a la ciudad? ¿Por qué me desenterraste del mar? " Ecco, queste rime io mormoro ogni volta che al mare riesco ad andare e quando lo devo lasciare, io che ormai vedo acqua sempre, sempre il mare, sempre odore di salsedine nelle narici, sulla tela dei vestiti, nei capelli. L'aria salmastra che si respira qua, sulle coste della Sardegna, è qualcosa che ho sempre cercato, è ovvio. Ma non perchè ho vissuto gran parte della mia vita in una città perdendo gran parte di uno dei sensi più importanti, l'olfatto, bruciate le narici da un'esposizione troppo assidua allo smog. Ma perchè c'è chi nasce isola, e in quanto isola, nasce acquatico. Ed essere o non essere un'isola nella vita, conta. Non credete che a tutti i Sardi piaccia il mare, questo è il primo punto. Ce ne sono davvero molti che preferiscono il fresco dell'entroterra, le meravigliose montagne del Gennargentu ("la porta d'argento") e del Supramonte. Anche la cucina sarda rispecchia quest'orientamento: è prevalentemente una cucina di terra, con i suoi maialetti arrosto, i dolci di mandorle e il buon vino rosso. I Sardi che amano il mare, sono tanti quanti i cittadini che lo amano, fra gli altri cittadini. Perchè quello che accomuna queste persone non è il fatto di essere nate in Sardegna o a Torino. E' il fatto di essere cresciuti con questa malinconia un po' africana e un po' brasiliana per l'acqua, sicuramente amniotica, e da essa non essersi più riusciti a staccare. Essere isole significa anche guardare il mare con malia e con paura. Un ossimoro emozionale che poi ha fatto l'antropologia di tanti Sardi, stretti fra la voglia di andare oltre le loro coste e la paura di quello che dal mare è sempre arrivato e spesso non ha fatto loro del bene. Qualunque sia la vera ricostruzione storica della bandiera dei quattro mori sarda (successiva a quella arborea dei tempi dei Giudicati) comparsa in epoca aragonese, possiamo sicuramente dire una cosa: in Sardegna la bandiera popolare raffigura i mori che attaccavano i territori aragonesi e dunque porta in sè, nel senso di appartenenza all'Isola, proprio quei nemici che venivano dal mare. E' un ossimoro anche la bandiera. Essere isola significa anche chiudersi in quel mare, sentire fortissimo e come caratterizzante quel senso di comunità e di appartenenza ad una sola ed unica genia autoctona - nonostante lo stesso popolo sardo, investito da tantissime ondate colonizzatorie sia un melting pot di genti mediterranee. In Sardegna chi non è Sardo è accolto, ma forse mai davvero integrato, perchè c'è sempre il senso del mare che divide chi è nato sull'Isola e chi è arrivato da dove. E' pur vero che nell'Isola esistono altre isole, ovvero un campanilismo sfrenato, derivante probabilmente dal sistema cantonale dei Nuraghi che non si è mai davvero sopito e che ancora oggi crea quel senso di alterità fra un paese ed un altro, seppure siano a pochi chilometri di distanza. Insomma, qua essere Isole è un tratto dell'anima oltre che antropologico, che investe i Sardi, ma anche coloro che, come me, forse un po' Sardi lo sono sempre stati. Le spinte indipendentiste (Sardinia non esti Italia) si scontrano con le storie di tanti Sardi che hanno fatto fortuna all'Estero e che da lì non vorrebbero mai tornare. O di Sardi che si sono affermati fuori dall'Isola, ma poi vi hanno riportato nel tempo i loro saperi vivendo sempre in viaggio sul mare (penso, fra i tanti, a Paolo Fresu che vive a Parigi, ma ha pensato un Festival musicale nel suo piccolo paese natale, Berchidda, che porta in Sardegna ospiti di levatura internazionale). Alla fine di tutto, comunque, una cosa è sicura: il mare allevierà sempre ogni nostra pena con il suo ritmo di nenia, la sua energia esistenziale, le sue meraviglie sottomarine ed il suo sale. Qualche volta mi viene chiesto di accompagnare abbronzati turisti dei Resort del Sud Sardegna a visitare la città di Cagliari. Ogni volta, è una piccola felicità. Non solo perchè fare la guida turistica è una professione che, nel tempo, mi piace sempre di più ed ho scoperto come mia, come affine alle mie corde (parlo tanto, c'è tanta gente, si va sempre in giro, c'è sempre qualche nuova scoperta), ma anche perchè ogni volta constato che, chi viene a fare le vacanze sull'Isola con l'obiettivo di stare in spiaggia un'intera settimana, è invece attirato da altri stimoli, non di meno da quello che può offrirgli culturalmente Cagliari, città sconosciuta anche agli Italiani. Di Cagliari non si sa che è una città giovanissima, complice un'ottima Università in cui si riversano non solo la metà dei Sardi, ma anche altri giovani dall'Italia e dal Mondo (ci sono tantissimi studenti in programma Erasmus, per esempio); di Cagliari non si sa che è una città con una movida ed una frizzante vita culturale da decenni, ci sono molti cinema, un teatro lirico ed un teatro di prosa dai cartelloni sempre attenti alle novità; forse si sa, o non si sa, che ha un Lungomare, da poco rinnovato, che fa invidia alla barceloneta di Barcellona; e,non si sa, che custodisce nello scrigno del suo centro storico e oltre, tantissime testimonianze architettoniche, storiche, archeologiche. Così a voi, come a quelli che salgono sul bus di fronte al porto - Cagliari città sull'acqua e nell'acqua del suo mare e delle sue saline ("water, water everywhere, nor any drop to drink!" diceva qualcuno) - racconterò una carrellata di appunti in movimento su questa città, rimandandone altri alla vostra curiosità, o ad altri post. Un tempo, siamo in epoca pisana, XIII secolo, Cagliari era una città fortificata, stretta nei suoi quattro quartieri: Stampaxi, Marina, Castello, Villanova. La città aperta sul mare che vediamo oggi, con il suo porto, e la sua passeggiata sotto i portici della via Roma è stata pensata solo dopo il Regio Decreto del 1866 con cui Cagliari veniva cancellata dall'elenco delle piazzeforti del Regno d'Italia. Da allora si demolirono le mura e nell'arco di cento anni si costuirono gli odierni palazzi con le facciate Liberty a mare ognuno promosso e abitato da una delle famiglie nobili della città. I quattro quartieri fortificati di Cagliari avevano tutti una denominazione, diremo, d'uso. Castello era la rocca dove abitavano le famiglie nobiliari. La Marina era dedicata alle attività marinare. Villanova, alla destra della ideale carta della città, era il quartiere delle attività agricole. Mentre Stampace, Stampaxi, probabilmente derivante dalla formula di saluto "Stai in pace", era caratterizzato dalle attività artigianali. Molto di quello che vediamo oggi è Cagliari è di stampo medievale, tra l'altro molto è stato anche riscotruito dopo il tremendo bombardamento del 1943, durante la seconda guerra mondiale, che distrusse buona parte della città, ma ovviamente dobbiamo pensare che anche in questo caso, la città è testimonianza delle varie stratificazioni di civiltà che si sono avvicendate in Sardegna, a partire dai nuragici, ai fenici che la chiamarono Karalis, ai cartaginesi, ai Romani. Nel Medioevo Cagliari fu sede di uno dei quattro Giudicati di Sardegna per poi passare sotto le mani dei Pisani, degli Aragonesi, degli Spagnoli e poi, infine, dei Savoia, prima della costituzione dell'Italia odierna. Da Piazza Yenne, centro nevralgico della moderna città, si arriva a Largo Carlo Felice dove c'è il famoso monumento al re sabaudo di Sardegna, vestito in abiti togati romani e con il braccio teso ad indicare l'inizio della strada più importante di Sardegna, fatta costruire dal re, che collega Cagliari a Sassari e, nella sua deviazione ad Est, ad Olbia. La leggenda dice che, visto che la statua ha il braccio che non indica effettivamente il vero inizio della strada, ma la sua parte opposta, fu in verità posizionata, sbadatamente, al contrario. E' pur vero che il sistema viario sabaudo ricalcò, quasi interamente, quello già costruito in epoca romana: da Cagliari attraverso Nora fino al porto di Sant'Antioco/Sulci; da Cagliari a Tharros fino a Turris Libisonis, l'odierna Porto Torres, altro porto; con deviazione verso Olbia/Terranova. Oltre alle varie strade che portavano a zone di interesse come quelle termali, Acquae Napolitanae/Sardara e Forum Traiani/Fordongianus in primis, passando per Ad Medias/Abbasanta. Salendo sul colle di Bonaria, abbiamo davanti l'imponente Basilica in pietra calcarea bianca che custodisce una delle storie più belle della città. Siamo nel 1216. Lamberto Visconti, fratello del podestà di Pisa e giudice di Gallura, convince la Giudicessa di Cagliari, Benedetta, a donargli Castello. Ma, nel 1297 Bonifacio VIII, con la bolla Super Reges, crea il Regno di Sardegna e Corsica e lo concede agli Aragonesi. Giacomo II, sovrano d'Aragona, deve però scacciare i Pisani e così manda l'infante Alfonso sull'Isola che decide di accampare le sue truppe sul colle di Bonaria. Sul colle Alfonso fece già costruire una chiesetta che è quella che oggi vediamo alla sinistra della basilica, dedicata alla Vergine Maria, prima di conquistare definitivamente la città nel 1324 e spostare, dunque, la sua dimora a Castello. E' proprio in questo lasso di tempo che accade il miracolo che rende sacro questo colle. Nel 1370 una nave spagnola fu colta da una tempesta di fronte a "su siccu", l'insenatura di fronte al colle. Per alleggerire la nave, i marinai iniziarono a gettare il carico in mare, fra cui una cassa di cui non si conosceva il contenuto. Si narra che appena questa cassa toccò il pelo dell'acqua, la tempesta svanì immediatamente e il mare si fece all'improvviso calmo. Una volta a terra, i marinai decisero di aprire la cassa e vi trovarono all'interno la statua della Vergine Maria che ancora oggi è conservata nel Santuario. Chiamarono questo simulacro del "buen aire", della "buona aria", Bonaria, appunto, per ricordare il miracolo a cui avevano assistito. Da allora la Madonna di Bonaria è la protettrice dei naviganti. E furono infatti proprio dei marinai spagnoli che, arrivati in Argentina, fondarono la citta di Buenos Aires, dandole il nome del simulacro che si trova in terra sarda. I frati Mecedari, che officiavano nella chiesetta sul colle, decisero quindi di edificare una chiesta più grande, la Basilica che oggi vediamo, la cui prima pietra fu posta nel 1704. Dal Belvedere di Monte Urpinu ("volpino") possiamo ammirare le splendide saline di Molentargius, oggi Parco naturale regionale. Molentargius deriva da "molente" che in sardo è il mulo con cui, un tempo, veniva portato il sale raccolto nelle Saline. L'estrazione del sale in Sardegna qui a Cagliari come in altre zone salmastre, pensiamo a Macchiareddu o Sant'Antioco solo per la zona sud-ovest, risale sicuramente all'epoca romana. Un'iscrizione del 150 a.C. trilingue, punica, greca e romana, è una dedica ai salinieri; ed un'altra del V secolo d.C. parla di una comunità di salinieri cristiani, gli immunes salinarium. In epoca giudicale, lo sfruttamento del sale fu concesso ai monaci vittorini, poi ai Pisani; agli Aragonesi che introdussero il sistema delle "comandate" ovvero l'obbligo per tutti gli abitanti della zona di fornire forza lavoro creando non pochi problemi all'agricoltura svolgendosi l'estrazione nel periodo estivo, lo stesso della raccolta delle messi e dell'uva; agli Spagnoli, che introdussero il monopolio regio sul sale; ed ai Savoia che riuscirono ad esportare il sale cagliaritano nel Nord Europa, utilizzando come forza lavoro anche i prigionieri piemontesi, trasformando le Saline in una vera industria saliniera. Negli anni Trenta c'era qui un vero e proprio villaggio del sale fino alla sospensione delle attività nel 1985. Lo stagno di Molentargius ospita una ricchissima biodiversità di cui, l'elemento simbolo, è il fenicottero rosa, da molti anni ormai, nidificante in Sardegna. Come forse saprete, il colore rosa del fenicottero deriva dai crostacei, in primis l'Artemia salina, che questo mangia attraverso una ghiandola situata vicino agli occhi che espelle poi il sale in eccesso dalle narici. Il fenicottero è un animale gragario, vive in coppie, la cui costituzione viene decretata da una vera e propria scenografia detta, appunto, parata nuziale, una serie di figure di danza ripetute da tutti i membri del gruppo. L'uovo che si schiude dopo circa 28 giorni, è covato sia dal maschio che dalla femmina. Il pulcino viene allevato in una specie di asilo, un gruppo sorvegliato da alcuni adulti, fino a che dopo un centinaio di giorni, impara a volare e a rendersi indipendente. Dall'acqua risaliamo sul punto più alto del colle di Castello. Il centro storico di Castello custodisce tutta la storia medievale di Cagliari. La Torre di San Pancrazio, come la Torre, più in basso nel Bastione Santa Croce, dell'Elefante (simbolo di forza e fedeltà) fu eretta nel 1305 in epoca Pisana e ci racconta la fortificazione della città contro gli Aragonesi. Piazza Aresenale era uno spiazzo costruito con funzione di trappola: la porta S'Avanzada, infatti, dava l'illusione al nemico di essere entrato nella rocca ed invece si sarebbe trovato in uno spazio angusto proprio sotto la Torre. La porta di fronte, invece, fu monumentalizzata in epoca sabauda e dedicata a Maria Cristina di Borbone, moglie di Carlo Felice. In quello invece che fu l'aresenale, oggi ci sono una serie di musei importantissimi, in primis quello archeologico che conserva moltissimi reperti dall'epoca megalitica ad oggi. Vi consiglio una visita per fare una carrellata storica della Sardegna, per vedere i famosi bronzetti nuragici, ma, soprattutto, per guardare negli occhi i maestosi Giganti di Mont'e'Prama, finalmente esposti dopo decenni di scavi e riscotruzioni. Ritrovati nel Sinis, vicino ad Oristano, sono databili IX-VIII secolo a.C. quindi in tarda età nuragica. Nulla però di così imponente, tranne il nuraghe si conosceva di questa civiltà. Soprattutto perchè, se la datazione è giusta, questi kolossi sono antecedenti ai kouroi greci. Probabilmente facevano parte di un santuario che ricordava degli eroi con accanto delle miniature di nuraghe. Considerate che in epoca aragonese poi, i sardi potevano entrare in questo quartiere solo per lavorare durante il giorno e che, allo squillare di una tromba al tramonto, dovevano uscire, pena la morte. Così come il ghetto ebraico più sotto che accoglieva gli ebrei, poi scacciati nel 1492 da ogni territorio aragonese, che dovevano portare sul braccio il simbolo di una rotella seppur ricercati come artigiani e medici. Di fronte a noi abbiamo il palazzo della Loggia Massonica e proseguiamo alla nostra sinistra, nella arruga fabrorum, fino al Palazzo Regio aragonese, sede del primo parlamento sardo, e oggi sede della Provincia e alla Cattedrale. La Cattedrale di Santa Maria venne costruita nel XIII secolo, stile pisano romanico. La facciata fu rifatta più volte, anche in stile barocco, ma oggi riprende lo stile dell'epoca ispirandosi a Santa Maria dei Miracoli di Pisa. Nei tre portali potete notare le rappresentazioni dei patroni della città: San Saturino e Santa Cecilia. All'interno la cattedrale è semplice ma bellissima e ha degli elementi importanti di cui fare menzione. Innanzi tutto, il pulpito di Mastro Guglielmo del 1312, diviso fra la parte collocata all'interno del portone di accesso con personaggi in abiti medievali e decorato con scene prese dal Vangelo e la parte posta alla base dell'altare con i suoi quattro leoni. Ai lati dell'altare le due cappelle. A sinistra la cappella in stile pisano dedicata al Sacro Cuore. Alla destra la cappella in stile aragonese che si dice abbia ospitato una spina della corona di Gesù. Sotto l'altare potrete visitare la cripta che conserva, come si usava al tempo, i resti dei martiri ritrovati nelle necropoli della città, fra cui San Lucifero, vescovo di Cagliari, e San Saturnino, patrono della città. Ciascun personaggio raffigurato tiene in mano una foglia di palma, simbolo del martirio. Alla fine della nostra passeggiata, prima di inoltrarci nelle vie dello shopping (Via Manno e Via Garibaldi) e della movida cagliaritana (la Marina), diamo uno sguardo panoramico della città dall'imponente Bastione di San Remy, costruito in epoca sabauda come celebrazione della casa Savoia. Da vedere ancora: Sant'Eulalia, San Saturnino, la Grotta della Vipera, l'Anfiteatro romano, il Giardino Botanico, l'orto dei Cappuccini, il Castello San Michele, tutti siti bellissimi, sparsi per la città. Enjoy!
Nora è un museo a cielo aperto. L'area archeologica, oggi prettamente romana con le sue rovine che assomigliano ad un Foro Romano in miniatura, in verità è la testimonianza stratificata delle civiltà antiche che hanno popolato, fra le tante, nel tempo, la Sardegna: i Nuragici, i Fenici, i Cartaginesi e, da ultimi, i Romani.
Si dice fosse stata fondata dall'eroe iberico Norace (la radice *nur è la stessa anche di Nuraghe, è interessante pensarlo), uno degli eroi che Pausania, storiografo romano, dice avesse conquistato la Sardegna insieme a Iolao e Teseo dalla Grecia e Sardo dalla Libia, due millenni prima di Cristo, portando a concretezza il passaggio dell'Isola dalla vita megalitica, fatta di ossidiana, dolmen, menhir, domus de janas, alla vita nuragica, fatta di rame, ferro (e quindi bronzo che ne è una lega), nuraghe, pozzi sacri, tombe dei giganti. Una mareggiata nel 1889 scoprì il Tophet (etimologicamente "luogo d'arsione", concretamente un'area sepolcrale fenicia dove venivano deposti in urne i feti dei bimbi nati morti o in giovane età) e da allora si capì che accanto allo splendido mare di Pula vi era uno degli splendidi insediamenti archeologici più ricchi della Sardegna (come Cagliari, antica Karalis; come Tharros vicino ad Oristano; come Sulci o Sulki nel Sulcis, appunto). Gli scavi veri e propri, iniziati nel 1990, ed ancora parzialmente in corso, hanno riportato alla luce numerose Terme (edifici pubblici aperti a tutti senza distinzione di casta, venivano usati come svago del corpo e della mente, tutti conservano le tre vasche con diverse gradazioni di temperatura dell'acqua, Frigidarium, Tepidarium, Calidarium, oltre che alla vasca per le Natationes, l'Apodyterium o spogliatoio. Ci si sfregava la pelle con la pietra pomice o la cenere di faggio oppure con una pasta di povere d'equiseto, argilla ed olio d'oliva); un Foro (in quello di Nora è stata trovata l'iscrizione di dedica a Minucius Pius, giovernatore della città che diventò Municipium nel I secolo dopo Cristo regalando ai suoi abitanti i diritti dei cittadini di Roma); un Teatro (con la sua scenae frons, il proscenio, l'orchesta e l'auditorium e i tre vomitoria o uscite/entrate. Si pensa sia databile al II secolo dopo Cristo perchè in alcune giare poste sotto la scena, usate prima per amplificare la voce degli attori, poi come granai, si è trovato il marchio del fabbricante, un liberto di Diocleziano); un Ninfeo (splendido giardino acquatico dedicato alle Ninfe dove riposare); un Macellum (dall'etimologia già fenicia *ma'kal = "luogo in cui si mangia", era un mercato di carne e pesce. A Nora le taberniciae o botteghe hanno la particolarità di essere sviluppate su due piani, quello terra dedicato all'attività commerciale, quello al primo piano all'abitazione, secondo un moderno adagio di "casa e chiesa"); un quartiere popolare (già punico); una casa patrizia (detta "dell'atrio tetrastilo" perchè quattro sono le colonne che abbracciavano l'impluvium, la zona centrale della domus romana dove si raccoglieva l'acqua piovana); il Tempio dedicato ad Esculapio (figlio di Apollo era il dio della medicina, il culto fu introdotto a Roma nel 291 a.C.dopo che, per scacciare la peste, una statua del Dio fu portata da una delegazione da Epidauro, e, trasportata in barca sul fiume Tevere, avvolta dalle spire di un serpente, simbolo del dio, sbucato simbolicamente, non a caso, dall'acqua, assolse al suo scopo. Da allora sull'Isola Tiberina, oggi nascosto dall'ospedale Fate Bene Fratelli, c'è un tempio a lui dedicato). Ma la cosa più importante trovata a Nora (e conservata nel Museo Archeologico di Cagliari) è la sua stele dove, per la prima volta, in lingua fenicia (ricordiamo che i nuragici non conoscevano la scrittura...) è indicato il nome della Sardegna: BSRDNS Abbandonata, come molte zone della costiera esposte alle scorrerie vandaliche, poi, per lungo tempo, venne ripopolata in periodo giudicale dai Monaci Vottorini che, nel 1089, vi costruirono la Chiesa di Sant'Efisio, dedicata, appunto, al culto del Santo il quale, proprio in epoca romana, era stato decapitato sulla spiaggia di Nora per aver abbracciato il Cristianesimo. Da sempre l'imponente processione che ogni 1° maggio, ripercorrendo la strada che il soldato romano Eifsio di Antiochia, condannato a morte da Diocleziano, fece dalla sua prigione a Cagliari fino a Nora, è una festa per tutta la Sardegna. I costumi tradizionali di quasi ogni paese della Sardegna sfilano accanto ai membri dell'Arciconfraternita del Gonfalone, insieme all' "alter nos" oggi Sindaco, per ricordare quell'uomo che, dopo l'epifania sacra ed il martirio, non solo lasciò l'esercito romano per dedicarsi alla cristianizzazione della Sardegna, ma molto più avanti nel tempo, attraverso il ricordo del suo culto, nel 1656, sconfisse l'epidemia di peste che aveva attanagliato la città di Cagliari. #toVisit: la zona archeologica di Nora è visitabile tutto l'anno: http://www.coptur.net/sito-nora #toSleep: nella cittadina di Pula, alberghi e b&b come piovessero. #toEat: nella cittadina di Pula, oppure nel raffinato Ristorante dell'Ittitursimo della Laguna di Nora pensato all'interno del Parco Lagunare dove c'è soprattuto il Centro di Recupero Cetacei e Tartarughe Marine www.lagunadinora.it #toAgenda Gli spettacoli all'aperto nel teatro di Nora di solito a luglio ed agosto www.comune.pula.ca.it #toRead Tronchetti Carlo, Nora, Sassari, Delfino, 1986 (Sardegna archeologica. Guide e itinerari, 1) Costumi. Storia, linguaggi e prospettive del vestire in Sardegna, Ilisso (collana Etnografia e Cultura Materiale) #toWow: la spiaggetta di Nora. #toBusTrain: se non in auto, Pula è raggiungibile con il bus www.arst.sardegna.it A portarmi in Ogliastra è stata lei, Maria Lai, artista sarda di Ulassai, cresciuta artisticamente in Continente, ma sempre legata (anche materialmente, come fece con una grande rappresentazione nella sua cittadina di origine, chiamata, appunto, Legarsi alla montagna") alla sua terra. Il suo stupore infantile, il suo trasognare nell'arte, sono stati per me un incanto fin da subito. Sono arrivata ad Ulassai per lei e, invece, ho trovato molto di più. Delle montagne a strapiombo sul mare da far perdere il fiato, una malìa che non ti lascia più. #toVisit:
#toSleep Adoro l'Hotel su Marmuri ad Ulassai, ricostruito proprio laddove era la casa di Maria Lai. Ma ci sono altre sistemazioni ottime nei dintorni. www.hotelsumarmuri.com/ #toEat Io consiglio Da Concetta a Jerzu, i migliori colurgionisi che io abbia mai mangiato!!! #toAgenda Ogni prima decade d'agosto sui Tacchi d'Ogliastra si svolge una bellissima rassegna teatrale che di chiama il Festival dei Tacchi. Ci sono passati grandissimi artisti e attori che negli anni hanno raccontato la Sardegna e la Vita in generale. #toWow La visione dei Tacchi la mattina presto. Gli scalatori che con le corde sfidano la vertigine dell'infinito. #toBusTrain, Se non avete una macchina, i Tacchi sono raggiungibili in bus www.arst.sardegna.it #toRead, - 9. Tacchi d'Ogliastra: tutti i sentieri trekking http://www.sardegnadigitallibrary.it/carta9tacchid'ogliastra http://www.sardegnaambiente.it/tacchid'ogliastra |
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