Il famoso detto sardo "pagu genti...mellu festa!" (minori le persone, migliore la festa) descrive puntualmente un orientamento tutto isolano alle genti che vengono da altrove: nonostante nessuno metta in dubbio la squisita ospitalità sarda per cui un ospite è davvero sacro e per lui si aprono le case e le dispense oltre che i cuori, è vero anche che ciò che giace in fondo al pensiero di chi accoglie è, venite, vedete, poi, però, andate. Detto questo, non voglio pensare che gli emiri o gli imprenditori che gestiscono da anni una sorta di monopolio assodato sui trasporti da e per l'Isola abbiano preso alla lettera questo modo di pensare e ne abbiano fatto la loro strategia d'impresa nonchè alibi. Dico questo perchè pare da sempre assurdo che quest'isola tanto sognata e, seppure in mezzo al mare, raggiungibilissima con poche ore di nave o con una manciata di decine di minuti di aereo, appaia da moltissimi anni ormai, più lontana geograficamente e più cara di una meta esotica o australe. E non solo per i turisti, viceversa anche per i Sardi, o residenti in Sardegna che, invece di sfruttare tariffe di continuità territoriale a dir poco esilaranti (con lo stesso budget di un biglietto di continuità territoriale di linea se ne possono comprare tre o quattro low cost), implodono nella convinzione che la loro isola sia il posto più bello al Mondo, che tutto il Mondo sia paese, e, insomma, quando proprio non te lo puoi permettere di andare a vedere il Louvre, ti convinci che anche lo straordinario museo MAN di Nuoro sia un polo di arte sopraffino e ineguagliabile. E rimani a casa. Quindi il problema diventa duale. Da una parte il turismo si mantiene su standard sempre di lusso, o, perlomeno, alto borghesi. E anche i prezzi dei trasporti e dei servizi correlati al turismo hanno un andazzo da cartello predeterminato e orientato al lusso. Dall'altro, i Sardi sono scoraggiati ad andare altrove, a fare dell'innata curiosità umana un trampolino di lancio per viaggiare fuori dalle linee di confine acquatico della loro isola e l'equilibrio rimane sempre lo stesso: un lungo letargo invernale che dura quasi otto mesi in cui l'Isola è abitata per lo più dai suoi stessi abitanti (con qualche piccola eccezione di posti in cui intrepidi visitatori nordici si sono ormai insediati) e una concitata stagione turistica stretta in quattro mesi di, in gran parte, turismo cinque stelle. Dunque, arriviamo al nostro titolo: oltre la meta, c'è bisogno di una rotta. Eterogenea nelle destinazioni, competitiva nei vettori, abbordabile nei prezzi. In modo che la Sardegna diventi un luogo da visitare sempre, tutto l'anno, perchè quando non c'è il mare, c'è la montagna (ma qualcuno di voi sa che a Fonni, sul Supramonte, sul Gennargentu, si scia?) e quando fa un po' più freddo e piove (perchè sull'Isola piove e tira vento, non siamo mica a Tenerife) ci sono musei e città d'arte e splendide chiese e monumenti da visitare, ci sono rinomati centri termali (già romani, Fordongianus e Sardara, per citarne alcuni) e ottimi posti dove mangiare bene. In modo che i Sardi siano spinti ad andare, a vedere il Mondo, a confrontarsi, a scoprire che se tutto il Mondo è paese, qualche paese lo è in modo diverso, molto diverso. In modo che, nonostante il fascino, non si incappi nella suggestiva città fantasma di Gairo Vecchia o di San Salvatore di Sinis dove un tempo si giravano i film western. Vastità abbandonate, o dimenticate, che parlano di una meta bellissima, ma di una rotta cancellata. #toVisit -La città abbandonata di Gairo Vecchia (Tacchi d'Ogliastra) -Il villaggio Far West di San Salvatore di Sinis (Oristano) -Museo Man di Nuoro www.museoman.it/ -Terme di Fordongianus www.termesardegna.it/ -Terme di Sardara www.termedisardara.it/
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Se è vero - come recitava un vecchio poema - che la penna è più tagliente della spada (cit. "the pen is mightier than the sword"), poi ripresa dagli ambientalisti con la penna è più potente dell'arpione (cit. "the pen is mightier than the harpoon"), allora si può sicuramente dire che in Sardegna, e ancor di più nel territorio del Sulcis Iglesiente, il turismo è più efficace dell'industria.
E' di qualche giorno fa l'ennesimo annuncio che tutto il sistema geominerario di questa splendida terra ai confini del mondo sarà aperto ai turisti a singhiozzo per questioni economiche, politiche, di chissà quale motivo, poi. E' ovvia, invece, una cosa fondamentale. Che in questo territorio, dopo decine di anni di sfruttamento minerario (iniziato nell'antichità già con i Fenici, navigatori sapienti che si fermarono nel Sulcis perchè notarono quantità e qualità di minerali simili a quelle spagnole) che ha portato sicuramente benessere - tanto, troppo, forse - al momento della chiusura dei siti e delle numerose fabbriche annesse all'indotto, non c'è stata nessuna idea sistematica su come riqualificare e riprogettare tutto. La Provincia di Carbonia Iglesias è la più povera d'Italia e lo è da moltissimi anni ormai, migliaia i giovani fuggiti in cerca non tanto di un futuro migliore, ma di una semplice sopravvivenza, se non vogliamo citare anche la comprensibilissima ambizione alla realizzazione personale. Altri sono invece rimasti e lottano strenuamente per trovare una loro dimensione che sia fattibile, concreta, che parli il linguaggio di un territorio che deve assolutamente rifiorire dalle macerie dell'abbandono. Quale la via si sono chiesti? Quasi nessuno ha guardato ancora alle lamiere delle fabbriche (è ancora in vita il polo di Portovesme fra infinite ed esasperanti lotte sindacali) e tutti si sono rivolti alla positività e alla lungimiranza di idee futuribili: il turismo e l'agricoltura. Che tanti giovani tornino alla terra è cosa nota, da anni ormai, con le teorie di Latouche sulla decrescita felice, molti di noi hanno sentito il richiamo alla vita naturale e semplice che, non è per tutti, ma lo è sicuramente per chi vive in taluni territori vocati all'agricoltura. Nel Sulcis più giovani di quanti si pensi si sono messi a rilavorare la terra dei nonni o a produrre miele e conserve. Un applauso a loro. Quanto al turismo, solo a guardarlo, il Sulcis, nella sua disarmante bellezza selvaggia, ci sarebbe da non sapere da dove iniziare. Ospitalità, servizi turistico sportivi, festival ed eventi enogastronomici, e guide turistiche in quelle cavità che, sia sotto forma di grotte ( Is Zuddas a Santadi e Su Mannau a Fluminimaggiore, per fare un esempio), che di miniere (Carbonia, Narcao, Masua e Buggerru, Iglesias), mostrano agli abitanti una Natura di pietra da mostrare a tutto il mondo. Cosa trattiene i grandi della terra, gli stakholders, dal vedere dove davvero è la strada della rinascita? Perchè anche di fronte al pesantissimo inquinamento industriale lasciato in ricordo alla popolazione, non si interviene almeno per fare una programmata opera di bonifica totale? Perchè il turismo e l'agricoltura sono considerate idee valutabili, ma non primarie e sono lasciate all'iniziativa di pochi? Quando guardo l'isolotto di Pan di Zucchero dallo spiazzo che invita i turisti a visitare il suggestivo sito di Porto Flavia ("opera dei bravi operai sardi, coi quali qualunque opera ardimentosa si può intraprendere", scriveva l'ingegnere Cesare Vecelli, direttore continentale della miniera, che amò la Sardegna più della sua terra d'origine) mi chiedo come si faccia a non capire tutto, a non avere una spiazzante epifania. La risposta è davanti a noi. #toVisit -Il sistema minerario gestito dall'Igea http://www.igeaspa.it - Le Miniere di Rosas a Narcao www.ecomuseominiererosas.it/ - Le grotte di Is Zuddas a Santadi www.grotteiszuddas.com/ - Le grotte di Su Mannau a Fluminimaggiore www.sumannau.it/ #toRead - Porto Flavia, Basso/Spagnol, 2013, Edizioni il Prato. - Le pubblicazioni dell'ISDE Sardegna sulle problematiche ambientali lasciate in eredità. www.isde.it/dove-lavoriamo/sardegna #toBusTrain Nel Sulcis si può arrivare o via treno, linea Cagliari-Carbonia o via bus. www.trenitalia.com www.arst.sardegna.it Ora che la Brexit è un dato di fatto, vi toccherà virare in Sardegna per vedere i circoli megalitici.
Eh sì, perchè la pur suggestiva Stonehenge non è nulla in confronto alla quantità e qualità de is perdas fittas (le pietre fitte, i menhir) che si trovano qui. Ma andiamo per ordine. La Sardegna e la Corsica cinquemila e più anni fa erano geograficamente (e difatti lo sono anche geologicamente) prossime al sud della Francia e alla Toscana. E' per questo che le popolazioni megalitiche che troviamo nel resto del continente europeo si espressero anche su quella che poi diventò un'isola in mezzo al mare profondo. L'uso dell'ossidiana, l'oro nero del mesolitico, ritrovata per la prima volta sul Monte Arci, nell'oristanese, segna l'inzio della storia che parla di Dolmen e Menhir (ad uso tombale), circoli megalitici (ad uso funerario ma anche astrologico) e Domus de Janas (non più pietre, ma tombe in grotte artificiali). A me hanno sempre colpito due cose di tutto ciò, quando sono di fronte a queste pietre, a questa primordialità. La prima sta sui menhir. Quando li guardi non sono affatto tutti uguali. Una tipologia ha delle cavità, definite dagli studiosi, coppelle, che stanno a identificare il femminile. Altri hanno inciso una sorta di corna o boomerang e un pugnale: il maschile, le corna del Dio Toro. La seconda sta dentro le domus de Janas. Le corna del Dio Toro tornano anche qui, eccola la fertilità maschile. E il femmineo? la Dea Madre? impossibile non vederla nelle spirali, acqua che diventa torbida, scorre e dà vita. Una divinità duale che, come in tante altre culture e religioni, ha bisogno degli opposti che si compenetrano per formare il cerchio vitale. Più avanti, con la popolazione nuragica, alcuni di questi elementi verranno ripresi. Le Tombe dei Giganti hanno, infatti, una struttura che ingloba la "porta" del sepolcro fatta da una pietra che è, in tutto e per tutto, il ricordo di un dolmen. E hanno dinnanzi un'esedra che ha la forma geometrica delle corna del Dio Toro. Anche il pozzo sacro, serratura sul mondo dell'acqua, è un'architettura votiva fatta per custodire e celebrare i vortici della fonte d'acqua della Dea Madre. Ulteriore ed ultima fascinazione, l'altare di Monte d'Accodi, vicino a Sassari, una vera e propria ziqqurath mesopotamica riadattata in chiave prenuragica, unica ed irripetibile in tutto il Mediterraneo. #tovisit -Museo dei Menhir, Laconi - http://menhirmuseum.it/ -Parco archeologico di Goni, località Pranu Mutteddu - http://www.pranumuttedu.com - Area archeologica di Montessu, Villaperuccio - http://www.parcogeominerario.eu #toread -Laconi, il Museo delle Statue Menhir, Enrico Atzeni, Sardegna Archeologica, Carlo Delfino Editore. Da questo libro sono tratte le due foto dei menhir, con esaustive riproduzioni, che riporto a bordo blog. -Seguite l'interessante catalogazione di Nurnet che da qualche tempo fotografa e commenta tutti i siti archeologici della Sardegna. www.nurnet.it |
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