Trekking urbano La Sardegna a Roma: seguendo i fili di Maria Lai, Grazia Deledda e Maria Carta3/7/2019 E' una passeggiata ideale quella a cui voglio invitarvi.
Trasognante anche se non esaustiva. E' un modo per avere sempre qui negli occhi e nel cuore la nostra Sardegna seguendo i passi ed i fili di tre artiste sarde che a Roma sono approdate per lasciarci tracce della loro creatività. Ci incontriamo una mattina feriale alla metro Castro Pretorio di fronte alla Biblioteca Nazionale dove dal 2016 c'è una mostra permanente, lo Spazio Novecento, che accoglie i premi Nobel della letteratura moderna italiana fra cui la Deledda. Lo spazio a lei dedicato, un angolino pieno di foto e corrispondenza e oggetti della sua casa romana poco distante da dove si trova la biblioteca nazionale, è uno scrigno di curiosità sull'amore che la Deledda aveva per la Città eterna. Leggeremo le novelle "La Roma nostra", descrizione poetica della Roma di un tempo con la sua vita semplice di paese che ancora accompagna molti suoi quartieri ed "I viali di Roma". Riprendiamo la metro e cambiando allo snodo di Termini di B in A, scendiamo alla fermata Cornelia per andare a visitare la Quadriennale di Roma (orari di apertura, ci organizzeremo per dare conto della nostra visita, l'edificio non è sempre aperto al pubblico: lunedì-venerdì 09.10-13.30/14.30-17.00) dove Maria Lai ha lasciato una sua opera direi quasi monumentale (sorpresa!) e nel cui archivio sono conservate alcune rarità sulla produzione infinita dell'artista. Concludiamo la nostra passeggiata in un bagno di foresta rigenerante a Villa Pamphili all'entrata di via Aurelia Antica ad una decina di minuti dalla nostra ultima tappa. Fra i viali di poetesse, scrittrici e cantanti come la Callas, ecco anche la voce della Sardegna, la voce di Maria Carta. Pic-nic e letture sarde non mancheranno. Portate i vostri libri preferiti, io intanto vi consiglio questi qua già menzionati in un precendente post: Ioleggosardo.Dieci libri sardi da leggere. A presto, vi aspetto! Post del blog @LiSola Travel Blog sulla Sardegna a Roma: Sardegna a Roma. Maria Lai, Grazia Deledda, Gramsci e Maria Carta nella Citta' eterna. I fili di Maria Lai a Roma
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Non voglio passare per un' esaltata dell'Isola, nè risultare autoreferenziale come alcuni autoctoni, ma dopo molti anni di esperienza di vita sarda, di quello che è successo in me come persona da sempre "travel addicted", ovvero, come direbbe qualcuno, viaggiatrice compulsiva, oltre che curiosa compulsiva, posso davvero affermare che la Sardegna è la quintessenza del viaggio. Ovvero: in un'unica isola si trova tutto quello che, molti di noi viaggiatori, hanno trovato, in anni di viaggi, in altre parti del Mondo. Sarà forse questo post un po' consolatorio per tutti coloro che, in tempi di crisi o, perlomeno, di ridimensionamento delle priorità, i viaggi all'estero proprio non possono permetterseli, e anche un post molto gradito agli operatori della promozione turistica sarda che ancora lottano per riempire l'isola nelle stagioni spalla. Fatto sta che, avendo girato in lungo e in largo ormai l'isola da ogni suo capo – anche se molto rimane sempre da vedere perchè anche i viaggi nello stesso posto sono infiniti se la dimensione orizzontale del raggiungere una meta si trasforma nella dimensione verticale del capire un luogo – quando guardo la cartina della Sardegna attaccata al mio frigo da anni che ormai è piena di appunti e punti esclamativi – luogo fantastico! - capisco che ho avuto la fortuna di passare dai Canyon dell'Arizona alle spiagge delle Mauritius in poche centinaia di chilometri. Caro viaggiatore, ecco le dieci zone della Sardegna che assomigliano ad altre zone del Mondo: 1. I Tacchi di Ulassai e dintorni sono l'Arizona americana. Non a caso Perd'e Liana è stata disegnata come sfondo di tanti fumetti di Tex Willer. Lo sapevate? (Sui sentieri trekking in Ogliastra ho scritto molti post. Date uno sguardo a quello sul Supramonte e Tiscali e sul Canyon di Gorropu) 2. Le spiagge di Chia o di Stintino sono spiagge caraibiche. 3. Il Gennargentu e i monti della Barbagia hanno campi da sci e sentieri trekking come gli Appennini e le Alpi. (A questo proposito potete leggere un mio post del blog che inizia così: eppure in Sardegna nevica!) 4. Sparse per la Sardegna ci sono chiese romaniche e basiliche medievali e rovine romane come nel resto d'Italia e d'Europa (Uno sguardo potete darlo leggendo il post sulle rovine di Nora e sulle rovine di Tharros). 5. A Laconi e Goni ci sono i cerchi megalitici come a Stonehenge. (su questo potete leggere un mio passato post che si intitola "Stonehenge Brexit. Il Megalitismo è in Sardegna"). 6. Nel Sulcis si possono visitare le miniere come in tanti posti d'Europa e del Mondo. (leggete anche il post "Il turismo è più forte dell'Industria") 7. Il Pan di Zucchero del Sulcis è Rio de Janeiro. 8. Le scogliere di Nido dei Passeri a Sant'Antioco sembrano le Cliffs dell'Irlanda.(Su Sant'Antioco leggete il post di viaggio che scrissi qualche tempo fa). 9. I giganti di Mont'e Prama sono i Kolossoi greci o i Moai dell'Isola Pasqua. 10. La lingua sarda, sa limba, considerata in tutto e per tutto una lingua a se stante, va studiata, parlata e capita come tutte le altre lingue straniere del Mondo. D'altronde: Sardinia no esti Italia. Zaino in spalla, buon viaggio! La Sardegna mi manca a tratti. Mi manca il senso di infinito, i respiri che sanno di salsedine a Levante e di fresco elicriso a Maestrale, la poesia dei tramonti e delle lune piene sull'orizzonte. E poi, naturalmente, il Mare. A Roma di Sardi ce ne sono tanti, una diaspora, quella sarda, che non non si arresta, troppo poco il lavoro sull'isola e per campare, altrove bisogna andare. Questo blog che è nato sull'isola e che all'Isola e a chi vuole scoprirla è dedicato, si aggrappa anche alla tanta sardità che si trova nella Città Eterna. A Roma ci sono molti ristoranti sardi come Canne al Vento o Baia Chia oltre che alcune botteghe di prodotti sardi come Tentazioni Sarde o Pigna Enoteca di Sardegna. A Roma c'è l'ACRASE, l'associazione culturale dei Sardi a Roma, che coordina eventi ed iniziative legate ai Sardi che vivono nella Città eterna e che è collegata alla FASI, la Federazione delle associazioni sarde in Italia. Molto attiva è anche l'associazione Il Gremio dei Sardi che organizza eventi legati agli artisti sardi che hanno vissuto nella città eterna e quest'anno festeggia il suo ottantesimo anno di vita. A Roma hanno vissuto grandi intellettuali ed artisti sardi del Novecento: Gramsci nel 1924 si trasferisce a Roma come membro del Pcd’I. A Roma lavorerà, sarà incarcerato e sarà sepolto nel Cimitero acattolico di Roma. Maria Lai, dopo un'infanzia vissuta al suo amatissimo paese natale, Ulassai, dove ancora tutto parla di lei, “(cit.) ...nel 1939, "se pur con tante difficoltà", decide di continuare la sua ricerca del segno, iscrivendosi al Liceo Artistico di Roma, dove conosce maestri di scultura come Angelo Prini e Marino Mazzacurati, che vedono subito in lei un segno maturo e molto maschile, estremamente essenziale e rapido". E ancora poi “(cit.) ….per tutti gli anni Sessanta, infatti, coltiva un rapporto di amicizia e di collaborazione con lo scrittore Giuseppe Dessì, dirimpettaio di casa sua a Roma. Attraverso lo scrittore riscopre il senso del mito e delle leggende della sua terra, trae profonda ispirazione dai suoi libri, capisce ancora di più quanto sia importante e privilegiata la sua origine preistorica sarda. Nel silenzio romano, osserva le correnti emergenti contemporanee, come l'Arte Povera e l'Informale, comprende sempre più quanto fossero importanti le lezioni di Martini (inizialmente vissute come un completo fallimento), le parole di Cambosu, le tradizioni, i miti e le leggende della sua terra natia. Intervenendo sulla materia attraverso gli oggetti ansiosi Ready-made del telaio e della magia del suo utilizzo, del pane e degli oggetti del passato arcaico sardo, inizia il suo percorso, che vede il passato come indagine del futuro. Il 1971 presso la Galleria Schneider di Roma, espone i primi Telai, la mostra fu a cura di Marcello Venturoli, un ciclo che caratterizza tutti i dieci anni successivi." In questo periodo, presso lo Studio Miscetti dove Maria Lai espose alcune delle sue opere, c'è una mostra davvero magica su di lei. Potete andare a curiosare anche le mostre precedenti: la mostra Maria Lai A portata di mano 10 - 24 Marzo 2005 e la mostra Maria Lai, Una fiaba infinita 3 - 15 Marzo 1994. Grazia Deledda si trasferì a Roma nel 1900 ed è nella capitale che visse il resto della sua vita e scrisse le sue opere maggiori da Elias Portolu del 1903 a Canne al vento del 1913 e La madre del 1920. Di Roma e della sua casa romana la Deledda diceva "Il mondo è bello e vario come diceva Bertoldo, ma ancora un posticino dei più belli è tra via di Porto Maurizio e via Trapani". Scrisse di Roma nelle novelle La Roma nostra e Viali di Roma. Un bel libro di Rossana Dedola, Grazia Deledda. I luoghi, gli amori, le opere, rivive anche il suo rapporto con Roma attraverso lettere e cartoline postali. La Biblioteca Nazionale centrale di Roma ha inaugurato a dicembre 2016 una mostra permanente su di lei in cui ci si concentra soprattutto sul legame che la scrittrice sarda aveva con la città eterna. Lo scrittore Marcello Fois ha scritto e sta portando nei teatri d'Italia (a Roma ai primi di febbraio) un testo teatrale sulla vita della Deledda che parla anche dello strappo umano e sentimentale che la Deledda dovette subire per la sua scelta coraggiosa di allontanarsi dalla sua terra natìa per poter affermare la sua anima di scrittrice. Le foto si riferiscono alla mostra permanente presso la Biblioteca Nazionale di Roma su Grazia Deledda e sulla mostra temporanea su Maria Lai e Grazia Deledda tenutasi nel 018 presso la Biblioteca dell'Orologio di Roma "Cucire e Ricucire. Sul diritto e sul rovescio" con quattro sculture dal titolo "Le Stanze della Deledda" dedicate dall’artista alla scrittrice Premio Nobel per la letteratura Grazia Deledda. Maria Carta, cantante tradizionale sarda, a Roma si trasferì dalla sua Siligo nel 1960 e qui visse e lavorò diventando una apprezzatissima artista internazionale. A Roma si occupò anche di denuncia sociale e venne eletta nelle file del PCI nel Consiglio comunale. Roma la ricorda anche in uno dei suoi parchi intitolandone un sentiero alberato accanto alle poetesse inglesi. Da leggere: Maria Carta a Roma, di De Giovanni, Ed. Nemapress. La Sardegna è anche nei musei. Recentemente in una delle domeniche gratuite dei Beni Culturali, siamo andati a visitare il Museo Barracco, un piccolissimo ma splendido compendio di opere di vari secoli. Anche lì, e forse per noi che a Sant'Antioco siamo legatissimi, ecco che troviamo un leone fenicio proveniente dagli scavi dell'isola nell'isola.
Ci manchi un po' isola, ma è bello sapere che sei anche qui. "Non potrò più fare a meno di te e ti verrò sempre a trovare" - dico io. Lui risponde così:
Essere o non essere un'isola /Appendice. Sardegna ed Irlanda. Il cerchio sincopato de su ballu tundu6/30/2016 Che le isole abbiano tutte una simile conformazione fisica è appurato: terra in mezzo costretta fra i confini a chiudersi e mare tutto intorno. Ma che le isole possano anche avere similitudini culturali, questo è meno banale e più sorprendente. Ho studiato in Irlanda ai tempi dell'Università e anche lì facevo incetta di modi di fare e di tratti antropologici. Solo dopo, sull'isola di Sardegna, ho iniziato a stupirmi di quanti tratti somatici della cultura sarda potessero essere ricondotti all'isola di smeraldo. Due fra tutte: una lingua - il celtico ed il sardo - riconosciuta e parlata dagli abitanti e diversa dalla lingua colonizzatrice - l'inglese e l'italiano. E poi, fra tutti, il modo di ballare. Questo saltare a piccoli passi l'uno accanto all'altro. Il ballo tradizionale irlandese assomiglia nel ritmo sincopato talmente tanto a su ballu tundu sardo, che ci sarebbe da fare degli scambi culturali. Più isolani però i Sardi: tondo è il ballo, stretto il cerchio, a delimitare l'Isola, il Nuraghe, il Cantone. Si apre ad un certo punto il cerchio ballando, eccolo il mare, ecco le genti. Ma poi si richiude, come le onde e le maree, su e giù, attraverso il millenni della Storia. Così i canti a tenore. Cantanti sempre in circolo chiuso, il cantone, la tribù che canta per se stessa, delimitando il sentimento di una delle migliaia di città nuragiche. E' stato incredibile poi avere conferma della mia intuizione. “(….) Appare invece più verosimile che il popolo dei Sardi abbia avuto un'origine occidentale e ciò per varie affinità culturali ed antropologiche che essi presentano ancora con i Baschi, gli Irlandesi e gli Scozzesi. Infatti i Sardi della Barbagia, zona più conservativa dell'Isola, sono prevalentemente dolicocefali, hanno carnagione, capelli e occhi chiari e presentano in prevalenza il gruppo sanguigno RB positivo che è comune ai popoli europei che abbiamo menzionato. Siamo inoltre certi che il popolo che edificò i nuraghi avesse un idioma molto simile a quello dei Baschi poiché, non solo molti cognomi e toponimi sardi, ma anche i nomi particolari dei nuraghe, che sinora erano incomprensibili, trovano un preciso e reale significato nella lingua euskadi. (…). [Bruno Vacca, Il Museo Archeologico di Cagliari e le antiche civiltà della Sardegna, Edizioni V.I.S.] #toWatch. Il film “BELLA E DINNIA" di Antioco Floris, 2001, un documentario sulla lingua sarda e sulla sua declinazione etnomusicale: "(...)tre poeti che rappresentano tre generazioni di sardi e che provengono da diversi territori praticando diversi stili di poesia: Efisio Caddeo, di Furtei, maestro di “repentina”, Giuseppe Porcu, di Irgoli, giovanissimo poeta di “otavas”, Paolo Zedda, di Sinnai, cantadori di “mutetu longu” campidanese (...)"
C'è quella poesia di Rafael Alberti che da sempre risuona nella mia testa. Forse ero destinata a vivere su un'isola, forse ero destinata a sentire, pur poi immersa nell'acqua, quella inspiegabile nostalgia per il mare che non si ferma neppure se lo si sta contemplando. E' come un'ipnosi, un'energia troppo forte che ti risucchia in riva o su uno scoglio e ti blocca lì, stuck in the middle. "El mar. La mar. El mar. ¡Sólo la mar! ¿Por qué me trajiste, padre, a la ciudad? ¿Por qué me desenterraste del mar? " Ecco, queste rime io mormoro ogni volta che al mare riesco ad andare e quando lo devo lasciare, io che ormai vedo acqua sempre, sempre il mare, sempre odore di salsedine nelle narici, sulla tela dei vestiti, nei capelli. L'aria salmastra che si respira qua, sulle coste della Sardegna, è qualcosa che ho sempre cercato, è ovvio. Ma non perchè ho vissuto gran parte della mia vita in una città perdendo gran parte di uno dei sensi più importanti, l'olfatto, bruciate le narici da un'esposizione troppo assidua allo smog. Ma perchè c'è chi nasce isola, e in quanto isola, nasce acquatico. Ed essere o non essere un'isola nella vita, conta. Non credete che a tutti i Sardi piaccia il mare, questo è il primo punto. Ce ne sono davvero molti che preferiscono il fresco dell'entroterra, le meravigliose montagne del Gennargentu ("la porta d'argento") e del Supramonte. Anche la cucina sarda rispecchia quest'orientamento: è prevalentemente una cucina di terra, con i suoi maialetti arrosto, i dolci di mandorle e il buon vino rosso. I Sardi che amano il mare, sono tanti quanti i cittadini che lo amano, fra gli altri cittadini. Perchè quello che accomuna queste persone non è il fatto di essere nate in Sardegna o a Torino. E' il fatto di essere cresciuti con questa malinconia un po' africana e un po' brasiliana per l'acqua, sicuramente amniotica, e da essa non essersi più riusciti a staccare. Essere isole significa anche guardare il mare con malia e con paura. Un ossimoro emozionale che poi ha fatto l'antropologia di tanti Sardi, stretti fra la voglia di andare oltre le loro coste e la paura di quello che dal mare è sempre arrivato e spesso non ha fatto loro del bene. Qualunque sia la vera ricostruzione storica della bandiera dei quattro mori sarda (successiva a quella arborea dei tempi dei Giudicati) comparsa in epoca aragonese, possiamo sicuramente dire una cosa: in Sardegna la bandiera popolare raffigura i mori che attaccavano i territori aragonesi e dunque porta in sè, nel senso di appartenenza all'Isola, proprio quei nemici che venivano dal mare. E' un ossimoro anche la bandiera. Essere isola significa anche chiudersi in quel mare, sentire fortissimo e come caratterizzante quel senso di comunità e di appartenenza ad una sola ed unica genia autoctona - nonostante lo stesso popolo sardo, investito da tantissime ondate colonizzatorie sia un melting pot di genti mediterranee. In Sardegna chi non è Sardo è accolto, ma forse mai davvero integrato, perchè c'è sempre il senso del mare che divide chi è nato sull'Isola e chi è arrivato da dove. E' pur vero che nell'Isola esistono altre isole, ovvero un campanilismo sfrenato, derivante probabilmente dal sistema cantonale dei Nuraghi che non si è mai davvero sopito e che ancora oggi crea quel senso di alterità fra un paese ed un altro, seppure siano a pochi chilometri di distanza. Insomma, qua essere Isole è un tratto dell'anima oltre che antropologico, che investe i Sardi, ma anche coloro che, come me, forse un po' Sardi lo sono sempre stati. Le spinte indipendentiste (Sardinia non esti Italia) si scontrano con le storie di tanti Sardi che hanno fatto fortuna all'Estero e che da lì non vorrebbero mai tornare. O di Sardi che si sono affermati fuori dall'Isola, ma poi vi hanno riportato nel tempo i loro saperi vivendo sempre in viaggio sul mare (penso, fra i tanti, a Paolo Fresu che vive a Parigi, ma ha pensato un Festival musicale nel suo piccolo paese natale, Berchidda, che porta in Sardegna ospiti di levatura internazionale). Alla fine di tutto, comunque, una cosa è sicura: il mare allevierà sempre ogni nostra pena con il suo ritmo di nenia, la sua energia esistenziale, le sue meraviglie sottomarine ed il suo sale. |
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Agosto 2019
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