"Non potrò più fare a meno di te e ti verrò sempre a trovare" - dico io. Lui risponde così:
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Dicono gli anziani che una siccità così è cosa quasi mai "connotta" ("conosciuta" n.d.A.). Dicono che a guardare indietro una cosa così era capitata negli anni novanta, pozzi da cui non si cavava più una goccia di acqua, colture secche e terreno come carbone. Poi però gli anni a venire sono stati piovosi, anche più della norma, e tutto come sempre in Natura si è rimesso in sesto. Ma certo, ora, e con eco degli effetti del cambiamento climatico in atto ormai dimostrato scientificamente, time is out of joint, di nuovo. In Sardegna i laghi sono tutti artificiali, tranne il lago di Baratz, vicino a Sassari. Gli altri sono 38 invasi artificiali, il cui volume complessivo ammonta ad 1,6 miliardi di metri cubi d'acqua. La situazione della loro portata è monitorabile qui. Qui nel Sud Sardegna, i fenicotteri sono volati via, i cinghiali ed i cervi scendono a mare a cercare acqua, la macchia mediterranea ha preso colori autunnali e spenti. Sappiamo tutti cosa bisogna fare. La resilienza ci impone buone pratiche di gestione dell'acqua a livello istituzionale (è noto ormai che in Italia circa il 40% dell'acqua potabile viene dispersa per una scarsa manutenzione delle condutture), ma anche a livello casalingo. Si possono utilizzare riduttori di flusso per rubinetti, fare lavatrici solo a pieno carico, scaricare lo sciacquone dell'acqua con flusso diversificato, utilizzare l'acqua di cottura della pasta per lavare i piatti, riutilizzare l'acqua piovana per innaffiare piante e automobili. Viviamo in un piccolo Paradiso che è importate tutelare. Diamoci da fare. #to read
iamo scappati alla Maddalena (che si chiama così dall'isola più grande, ma è un arcipelago formato anche dalla nota isola garibaldina di Caprera e dalle incantevoli isolette di Spargi, Spargiotto, Budelli – quella della spiaggia rosa, per intenderci, ed altre) un ponte del due giugno di qualche anno fa.
Si arriva a Palau e da lì ci si imbarca, possibilmente in auto, con un costo che varia a seconda della stagione, ma è più o meno di una ventina di euro a tratta per due persone ed un auto, per il porto della Maddalena. L'isola madre è piena di alberghi, camping e b&b quindi non avrete problemi a trovare una sistemazione se non con l'accortezza che in piena estate la folla di turisti è talmente abbondante che la vacanza potrebbe risultare disagevole per una sovrabbondanza di esseri umani. Vi consiglio di prendervi una bella cartina e di girare il più possibile per le spiagge mozzafiato che ci sono in tutta l'isola. A me sono piaciute: Monti d'Arena e Baia Trinita alla Maddalena; Cala Serena, i due Mari, il Relitto e Cala Coticcio a Caprera. Caprera però, collegata da un ponte transitabile e isola parco, riserva le calette più paradisiache, a volte raggiungibili con piccoli trekking, e, soprattutto il cuore rivoluzionario di questa parte di Sardegna. Il Memoriale di Garibaldi, un museo ipertecnologico sulla vita dell'eroe dei due mondi, è imperdibile. E poco distante, ma nello stesso circuito, la casa museo di Garibaldi, dove il nostro passò gli ultimi anni della sua vita immerso nella Natura di questa isoletta incontaminata. Per le isolette minori bisogna prendere un'imbarcazione turistica dal porto, più o meno affollata a seconda della stagione, ricordando che, come nelle calette d'Ogliastra, la sosta ed il bagno sono permessi solo secondo le normative vigenti dell'isola parco. Una fuga alla Maddalena è come la scoperta di un posto altro nel Mondo. Rigenerante. Edificante. Enjoy! #toeat Ci sono posti dove mangiare ovunque, ma chiedete delle maxi bruschette di Zi Antò in località Punta Tegge. Non ve ne pentirete! Arrivare alla meraviglia delle dune di Piscinas, fra le più alte del Mediterraneo, è un viaggio fuori dal tempo. Dalla cittadina di Arbus (ad Arbus c'è da visitare il famoso museo del coltello de is maistus, i maestri, dell'arte del coltello di questa zona della Sardegna), ad una trentina di chilometri ad ovest di Cagliari, bisogna seguire le indicazioni per le miniere di Ingurtusu. Delle miniere e della loro parabola sull'isola abbiamo già parlato in un altro post, di come abbiano portato benessere, seppur nelle condizioni di lavoro atroci, a tutta la popolazione del Sulcis. E di come poi, una volta chiuse, abbiano prodotto il più grande inquinamento mai bonificato in questa zona, oltre che una spaventosa disoccupazione che sembra irrimediabile vista l'incapacità di trovare alternative di sviluppo o di resilienza da parte degli stake-holders. (a questo proposito consiglio anche la lettura del bel libro reportage “Addio” di Ferracuti in Edizioni Chiarelettere). Insomma, arrivati alla strada delle miniere di Ingortusu e oltrepassato un caratteristico archetto creato sopra la strada stessa dalle mura delle poche case dei minatori oggi anche museo, si inizia a scendere a mare fra tornanti sterrati. Ad un tratto è là, si vede. Un'immensa prima duna di sabbia appare all'orizzonte. E' qualcosa di surreale, estraneo a molte nostre coordinate geologiche, eppure questo posto sospeso nel tempo, esiste. Solo come la magia delle dune di Sant'Anna Arresi – costa sud ovest della Sardegna – questo panorama da vuoto in scena beckettiano, assimila l'esperienza del silenzio a quella del deserto. I pochi fortunati che possono permetterselo, possono alloggiare nel piccolissimo hotel costruito in spiaggia recuperando un vecchio edificio a mare delle miniere. ledunepiscinas.com Se andate d'estate ovviamente tuffatevi. L'acqua cristallina sarà un sogno paradisiaco. Attenzione solo alle correnti in questa parte di Sardegna molto esposta a Maestrale. Words are very unnecessary, they can only do harm. Enjoy the silence. Il Carnevale sardo e' una fascinazione antropologica che affonda le sue radici nella notte dei tempi quando tutto era legato ai cicli della Natura. Una celebrazione che, come in molte altre societa' agropastorali del Mediterraneo, era legata al culto di Dioniso, dio della fertilita' e della vegetazione che moriva e rinasceva ogni anno seguendo i cicli naturali. Una rinascita celebrata con riti sacrificali durante orgie ebbre di vino. Qualcosa di mostruoso che ha molto a che fare ancora con il Carnevale sardo. La parola sarda per il Carnevale, infatti, e' "Carrasegare" ovvero "carre 'e segare" ovvero "carne da segare". "Su Pitzinnu" o "Maimone" o "Jaccu" o "Andria" o "Zorzi" e' il nome sardizzato del Dioniso sacrificato che si ritrova in tutti i riti del Carrasegare in diverse sfumature. 1. Mamoiada - Mamuthones e Issohadores Il piu' noto sicuramente ed il piu' ipnotico, con i Mamuthones (sempre da Maimone) che camminano a passo sincopato facendo risuonare i sonagli addomesticati al lazzo dagli Issohadores. 2. Ottana - Boes e Merdules, i primi tenuti al lazzo dai secondi. Il Bove che ricorda i culti antichi, protomi taurine gia' presenti nelle Domus de Janas, e Sa Filonzana, la filatrice di lana, Parca sarda che tiene i fili della Vita. 3. Orotelli - Sos Thurpos, ovvero i ciechi o gli gli storpi, legati e aggiogati in una processione che cerca di fare prigionieri fra gli astanti che, se vorranno essere liberati, dovranno offire vino dionisiaco. 4. Gavoi - Sos Tumbarinos, i tamburini che fanno parte della chiassosa processione che si conclude con il rogo di Zizzarrone, o Tiu Zarrone, il fantoccio dionisiaco da sacrificare. 5. Lula - Su Battileddu, la vittima sacrificale di questo Carnevale, tenuto al guinzaglio e punzecchiato al suo passaggio dagli astanti. 6. Orani - Su Bundu, il contadino con la maschera di sughero, in corteo con altri suoi simili che inscenano il rito della semina. 7. Fonni - S'Urthu, imponente con un vestito di pelli di montone, nonostante sia tenuto a catena da alcuni guardiani, si getta sulla folla con violenza. Intanto un corteo di donne porta un pupazzo di stracci e paglia, su Ceomo o Narcisu, vittima sacrificale di questo Carnevale. 8. Ovodda - Don Conte, fantoccio di stracci con osceni attributi maschili, viene portato da un corteo urlante ed ebbro alla pira dove sara' bruciato. 9. Lodine - Su Harrasehare Lodinesu, ha come fantoccio con maschera di legno di pero o fico, su Ziomo. Dileggiato dalla processione festante, viene alla fine condannato al rogo. 10. Austis - Sos Colonganos, membri della processione vestiti con un copricapo di pelli di volpe o di martora, pelli di pecora sulle spalle e, soprattutto, un carico di ossa di animali, danzano intorno alla pira, facendo risuonare le ossa come i campanacci dei Mamuthones. 11. Samugheo - Mamutzones e Urzu, i primi procedono in processione coi loro campanacci ipnotici, il secondo e' il Dioniso sacrificato in questo Carnevale. 12. Ula Tirso - S'Urtzu, la vittima sacrificata, e' vestito di pelle di cinghiale. Tenuto a catena dai suoi Domadores, cade a terra colpito dalla processione orgiastica, per poi rialzarsi e rinascere a nuova vita come la Natura. 13. Ghilarza - Su Carruzu a s'antiga, ha come protagonista una processione danzante, fra dolci e vino, di persone vestite con tuniche bianche, sas Mascheras a lentzolu, insieme a sos Burrones, persone vestite di nero. 14. Bosa - Carrasegare osincu, ha come protagonista Gioldzi, ovvero Re Giorgio, pupazzo di paglia e stracci, con una botte di vino al posto della pancia. Immerso in una processione di prefiche che chiedono latte alle donne astanti per il pupazzo/neonato, sara' bruciato sul rogo. 15. Oristano - Sa Sartiglia, e' una giostra equestre che ogni anno attira tantissimi spettatori. Colorata e imponente, ricorda l'epoca giudicale di Eleonora d'Arborea. Ha come protagonista Su Componidori, il re semidivino della festa che con il suo scettro benedice la folla e deve, insieme ai Cavalieri che ha scelto, infilzare la stella. Piu' stelle infilzeranno i cavalieri, divisi fra le squadre degli agricoltori e dei falegnami, piu' sara' ricco il raccolto. Emozionanti anche le Pariglie, acrobazie fatte dai cavalieri al galoppo a gruppi di tre. Itta me contasa? (cosa mi racconti? n.d.a. ) dicono i Sardi quando si incontrano, invece di utilizzare la formula italiana come stai? , a riprova che sull'Isola tutto è racconto nel tempo lungo della creatività e della stagionalità.
Vi invito a leggere il mio romanzo LiSola che è alfa ed omega di questo blog di viaggio e racconti ispirato alla e dalla Sardegna. E' ancora in cerca di un editore, come i prossimi romanzi che verranno, il secondo si ambienta a Cagliari ed è in fase di editing. Per questo per ora è acquistabile solo online sulla piattaforma di self-publishing de Ilmiolibro gestita dal Gruppo editoriale L'Espresso in collaborazione con la Scuola Holden di Alessandro Baricco. Qualche click e vi arriva a casa. Non ditemi che non avete mai acquistato nulla online! FAQ su il libro LISOLA COME SI COMPRA IL LIBRO LiSola? Per ora LiSola si può acquistare solo online grazie al portale Ilmiolibro.it. E' acquistabile sia in formato cartaceo che in formato digitale e-book. E' ancora un libro in cerca di una casa editrice che possa diffonderlo nelle librerie. QUALI SONO I PASSAGGI CHE DEVO FARE PER COMPRARE IL LIBRO DAL SITO ONLINE? E' facilissimo.
Grazie, Alessia Un blog è sicuramente una vetrina di se stessi. Una piccola scintilla di innocente megalomania e di egocentrismo in questi tempi di selfie frenetici e di sovraesposizioni da social media. Ma se colui che scrive un blog, lo scrive senza selfie e senza impatto massivo sui social, solo per il puro piacere di regalare emozioni del proprio vissuto, allora siamo nell'arte della fotografia. Dello storytelling. Del raccontare con parole ed immagini la Vita. E va benissimo. Aprire un blog tra l'altro è un'operazione piuttosto semplice e spesso gratuita. Molti CMS danno uno spazio gratuito alle proprie idee, anche se sicuramente quelli ad oggi più usati sono Wordpress e Weebly (qui leggete un post dal mio blog per l'appunto su www.lisola.weebly.com). Come in tutti i progetti bisogna pensare ad una pianificazione organizzata di forme e contenuti che si vorranno trasmettere perché siano appetibili ed interessanti non solo per noi. Ovviamente queste linee guida ed ispirazioni non vogliono raccontate le mille tecniche professionali di chi fa dei blog un lavoro come quello degli esperti di content/inbound marketing. Piuttosto, vogliono dare degli spunti a coloro che vorrebbero iniziare a scrivere un blog, ma non sanno proprio che post prendere. Iniziate da queste domande:
Se l'obiettivo del progetto del blog è basilare, più importante risulta oggi, nelle nuove leggi del marketing, pensare alle persone che ci leggeranno. La spiegazione è semplice: se scrivo solo per me cose che piacciono solo a me come se fosse un monologo o, meglio, un soliloquio, non solo passerò per una narcisista, ma il mio blog potrebbe non interessare a nessuno e avere poche visualizzazioni e, orrore degli orrori, ancora meno utenti unici. Le persone che ci leggono, il nostro target, sono anche chiamate "buyer personas", ovvero dei compratori di emozioni e parole. Chi sono dunque? Dobbiamo effettuare una cosiddetta "segmentazione della clientela" in modo da individuare la loro vera natura, i loro interessi/motivazioni/problemi e spingerli a compiere un'azione, ovvero attuare sul nostro blog ciò che li condurrà al nostro obiettivo. Se il mio obiettivo con il mio blog è organizzare gite in montagna, dovrò prima capire chi potrebbero essere i miei clienti (appassionati di trekking? Pensionati in cerca di gite domenicali?) e quindi a seconda delle loro necessità specifiche (l'appassionato di trekking vuole gite organizzate da professionisti, il pensionato si accontenta di una guida turistica, ad esempio) far sì che, coinvolti con informazioni interessanti sui canali social giusti, clicchino sul mio blog per acquistare la mia escursione domenicale. OBIETTIVO ↓ A CHI? TARGET BUYER PERSONAS → SEGMENTAZIONE DEL TARGET → QUALI SONO I LORO INTERESSI →SPINGERLI A COMPIERE AZIONE SU NOSTRO OBIETTIVO ↓ COME RAGGIUNGERLI → SOCIAL MEDIA E SOCIAL NETWORK ↓ CON QUALI CONTENUTI → INFO INTERESSANTI RAGGIUNGERLI Come dice Meerman Scott: "il web è un enorme focus group di feedback" per cui non sarà difficile capire da qualche rapida ma seria indagine di mercato su internet cosa davvero cercano le persone relativamente all'argomento che vogliamo trattare. Sarà importante poi decidere, visto che il blog è sicuramente un nostro biglietto da visita nel mondo, non solo i colori, i caratteri e la struttura base di ciò che si vede effettivamente a video, ma soprattutto, la nostra thought leadership, il valore che noi portiamo sul mercato. Ad esempio potremmo voler portare: esperienza ed affidabilità. O autenticità. E' importante che quello che trasmettiamo e come lo trasmettiamo (il tone of voice, il tono della voce) siano scelti con cura. E' il viatico del nostro progetto nel mondo virtuale. Poi inizieremo a scegliere fra gli strumenti di buzz (il rumore che diffondiamo nel mondo virtuale) o, per dirla con un geniale gioco di parole in inglese, di word-of-mouse (si gioca sul significato di word-of mouth=passaparola), quelli che ci sembra adeguato aggiungere al nostro blog. Ne cito alcuni:
Ed i social (non tutti mi raccomando, ogni social ha la sua peculiarità ed il suo linguaggio ed è dunque adatto o meno ad un certo tipo di prodotto/progetto):
Sarà utile, già dall'inizio, organizzare tutti questi spunti in un calendario/agenda in modo da pensare il vostro blog in maniera disciplinata e cronologica (quando scrivere quel post o quando mettere su quel video) così da divertirvi, ma anche da non perdervi nella pigrizia. Un buon blog produce almeno due post a settimana e tanto buzz intorno. (poi non dite nulla a me, sono la prima a perdere ogni tanto la costanza creativa, è la legge dell'Arte!). Ad esempio potreste produrre un post ogni giovedì (studi dicono che è il giorno in cui si legge di più...) e la famosa newsletter mensile. Ora iniziamo a scrivere il primo post. Headline/Titolo. Fase importantissima e studiatissima, visto che le persone spesso leggono solo questo e, se interessate, poi cliccano sul contenuto del post. Studi di marketing ci dicono che i titoli più letti sono quelli che iniziano per queste parole, o formule o liste magiche:
Se azzeccherete il titolo giusto, avrete tantissime letture e tantissimi utenti unici, oltre che la soddisfazione di veder vivere il vostro blog. Ed il contenuto post perfetto? Corrisponde, in linea di massima, a queste indicazioni:
Applauso web. Siate però coerenti con voi stessi: se volete scrivere un blog per pura velleità amatoriale, tutte queste linee guida di marketing saranno per voi più un intralcio che uno strumento. Vi sembrerà di togliere spontaneità ed autenticità alla vostra voce. Quindi decidete da subito che tipo di impegno vorrete intraprendere. In qualche maniera, d'altronde, voi siete il vostro blog. Buona scrittura! Buon storytelling! #to read
Copyright © Post del blog lisola.weebly.com "Noi rimaniamo qua a presidiare il territorio", sento dire ad un abruzzese dopo le ultime scosse di terremoto intendendo l'importanza di rimanere la', a guardia delle bestie e degli alberi e del cielo e delle stelle, senza scappare, senza abbandonare. Presidiare il territorio e' una dichiarazione d'intenti che rimarrà scolpita nel mio cuore per molto perché mi ha spiegato, con la sua schietta verità, perché molti, pur vivendo in territori remoti, disagiati e, a volte, maledetti, dove nulla sembra andare avanti se non il ripetersi ciclico delle stagioni, non se ne vanno. Non abbandonano i remoti paesi natii, no, perché sentono di essere non solo abitanti di quel luogo, ma di ricoprire una carica ben più nobile: sentono di esserne i guardiani. Di essere stati eletti dalla Vita a proteggere quelle lande desolate e difficili altrimenti lasciate a se stesse o, nella peggiore delle ipotesi, ad esseri umani interessati a depredarle o a sfruttarle. Abitare in luoghi remoti in Abruzzo o in Sardegna vuol dire, oggi, non piegarsi al canto delle sirene cittadine, alla vita più facile e più ricca di opportunità. Vuol dire attaccarsi come un albero con le radici alla propria terra e, come un albero fa con le radici, non lasciare che quella terra smotti, che si perda. Vuol dire conservare tradizioni e lingue che fanno la bellezza di quei luoghi. Vuol dire sentirsi responsabili della terra e del mare che ci ha messi al Mondo. Vuol dire mantenere una promessa che si e' fatta ai profumi e ai colori che ci hanno cresciuto. Vuol dire impegnarsi, annaffiare, curare, lottare. Essere fieri, forti. Guardare le difficoltà e non scappare. Ode a coloro che non abbandonano i remoti paesi natii. E' cronaca che il Sulcis, da me amatissimo per ragioni private, nonostante un centinaio di migliaia di abitanti su un pezzo di terra fertile nutrita di lembi di mare spettacolari, vigneti a piede franco, resti archeologici millenari, grotte meravigliose e profumi intensi di una rigogliosa vegetazione, sia ancora una volta annoverata fra le province più povere d'Europa. C'è chi dice la più povera. Cosa è andato storto? Come è possibile che si sia arrivati a tutto ciò dopo decenni di chiacchiere e riflessioni sulla riqualificazione di un territorio per breve tempo vocato all'industria, ma oggi aperto a qualunque opzione produttiva date le sue enormi potenzialità? Il flusso migratorio che ogni mese vede partire centinaia di giovani sardi verso il Continente, l'Europa o il Mondo, è impressionante. Lo raccontano in maniera goliardica, i numerosissimi circoli dei Sardi che ci sono sparsi in ogni città del globo, i cognomi che spesso ritornano nelle nuove generazioni nate altrove, ma di chiara desinenza isolana. Anche quelli meno ravvisabili come il cognome dei miei vicini di casa d'infanzia, i Signori Mascia, che noi leggevamo con l'accento sulla a, a mò di "àscia", ma che oggi so si legge mascìa, con la "sc" di "scevro" e l'accento sulla i. Allora, ode a coloro che non abbandonano i remoti paesi natii, che provano a creare innovative start-ups: birrifici (Birrificio Rubiu), conserve di frutta (Bon'ora Conserve), cooperative di escursioni turistiche (Bitan Daily Tours), bed&breakfast ecologici e vegani (B&B Gaulos), autonoleggi (Sulcis Autoservizi), borse (Carlottina Lab Borse) e gioielli artigianali (La ragazza del Fico d'India gioielli). #toread Addio, Angelo Ferracuti, Chiarelettere - Il romanzo della fine del lavoro. Un'amica insegnante mi chiama piuttosto sconvolta dopo la lettura dei dati inclementi sulla dispersione scolastica in Italia.
Ha seguito un corso di aggiornamento durante il quale, fra le altre cose, sono state presentate delle slides con i dati, terribili, sul numero di ragazzi che abbandona la scuola ed il conseguente basso tasso di alfabetizzazione nel nostro Paese. I dati sono allarmanti in generale perchè, se con il boom economico degli anni '60/'70/'80, il tasso di analfabetisimo in Italia era praticamente crollato, così che, sia i baby boomers che la generazione X (i nati fra gli anni cinquanta e settanta, per essere chiari) avevano puntato alla Laurea, ora i Millenials ed i nuovi 2.0 pare scappino dalla formazione scolastica istituzionale. Istituzionale dico perchè queste giovane menti sono invece attratte dall'apprendimento che si può avere online o con la semplice esperienza di tutti i giorni. I dati della dispersione scolastica nella Regione Sardegna, poi, mi dice, sono a dir poco sconcertanti. Basterà dire, senza troppe percentuali, che i grafici sono alquanto sotto lo zero con le isole maggiori all'ultimo posto. La rappresentazione, tra ascisse e ordinate, di un baratro. Il dato è talmente grave che la Regione Sardegna ha stanziato molti soldi in un programma apposito per il supporto psicologico e pedagogico ai ragazzi che pensano di lasciare la scuola. Si chiama Iscola http://www.iscola.it/#/ Purtroppo, i dati sulla dispersione scolastica sull'Isola non mi suonano nuovi e ne capisco anche le tre maggiori cause. La prima è di carattere, direi così, geologico, geografico. Quest'Isola bellissima è poco abitata in generale (poco più di un milione e mezzo di abitanti in un territorio che somma l'area di Lazio e Toscana insieme) e la popolazione si concentra nelle città più importanti. Ma c'è un buon numero di ragazzi che vive in paesi remoti o collegati da una rete infrastrutturale di trasporti fatiscente (come tutto il nostro Sud) e che è sinceramente dissuasa a raggiungere le aule scolastiche se per farlo ci mette più tempo che ad andare in un college di Londra. Allora è meglio non andare. La seconda è di carattere economico. Sebbene la scuola pubblica sia in gran parte gratuita e commisurata all'effettivo reddito familiare, non sono poche le famiglie in questa Regione ormai al collasso economico dove un posto di lavoro trovato vale più di una pepita d'oro, che non possono poi permettersi di comprare libri, pagare gite scolastiche, mense, attività pomeridiane e tutto quello che ruota intorno alla vita scolastica dei propri figli. Allora è meglio non andare. La terza è la più deprimente. Molti ragazzi storditi da un futuro lavorativo quasi inesistente, e se esistente, talmente precario da far paura, non vedono più il senso della formazione scolastica che è sempre stata, per i baby boomers e la generazione X, un viatico per costruirsi una carriera professionale. Se il lavoro non c'è, perchè dovrei studiare? Allora è meglio non andare. Ai ragazzi, penso, dovrebbe essere presentata la scuola non come e solo un trampolino di lancio per il loro futuro professionale, ma come un momento storico della loro vita in cui possono imparare tutto ciò che poi si porteranno dietro negli anni della maturità. Non le mere nozioni teoriche delle singole materie, ma, piuttosto, la conoscenza, la creatività, la curiosità, la disciplina, la pazienza, la socializzazione con gli altri, le lingue straniere, la multiculturalità, la musica. Allora è meglio andare! - direi io. Di contro, posso segnalare che in Sardegna c'è un altissimo tasso di lettura, le biblioteche sono stracolme di ragazzi ed il territorio pullula di iniziative letterarie oltre che di bravissimi scrittori (Fois, Soriga, Murgia, Agus, per citarne alcuni). Segnale che la popolazione non si è ingrigita e spenta nella pigrizia mentale. Bisogna semplicemente trovare nuovi modi di coinvolgere i giovani ed anche i meno giovani ovvero quei genitori da cui viene l'impulso ad andare a scuola, da cui passa la voglia di imparare. Citando qualcuno che ha ispirato molti recentemente, direi: Choose hope. Yes, we can! #tovisit Il sito del circuito bibliotecario sardo Sardegna biblioteche #toAgenda Fra i tanti almeno questi Festival:
La penisola del Sinis è uno dei panorami più dolci e più incantevoli che io abbia mai visto. Un lembo di terra adagiato su un mare placido a guardare l'orizzonte, le stelle, le albe ed i tramonti. In questo piccolo spazio della Sardegna Ovest, in zona Oristano, si stanziarono prima le genti nuragiche e poi, con grande lungimiranza, i Fenici ed i Romani. C'è molto da visitare in questa zona. Nella Penisola prima di tutto la chiesetta di San Giovanni di Sinis, antichissima, risalente ad un complesso cimiteriale prima pagano e poi cristiano. Costruita in blocchi di arenaria, con destinazione di battistero alla fine del VII secolo, è una delle tre Chiese bizantine di Sardegna con la tipica pianta a croce e la cupola edificata all'incrocio dei bracci. Poi, ovviamente l'area archeologica di Tharros, nuragica, fenicia e romana, si spande lungo tutto il lembo di terra a mare che diventa pure per molti un bel posto dove andare a passeggiare. Su una piccola altura alla destra dell'antica città di Tharros, e visitabile con un biglietto comulativo, la Torre spagnola, una delle tantissime sull'Isola. Questi i reperti che le bravissime guide turistiche interne alla zona archeologica vi faranno visitare:
Ad una decina di chilometri da Thaross, rientrando verso Oristano, c'è il famoso Museo di Cabras, noto ai più da un annetto ormai, perchè è in questa zona che sono stati trovati ed esposti i giganti di Mont'e Prama. Riportati alla luce e letteralmente riassemblati (furono ritrovati in pezzi in un numero di circa cinquemila frammenti), sono oggi una trentina di statue che rappresentano pugilatori, arcieri e guerrieri più alcuni modellini di nuraghe, risalenti all'epoca nuragica di cui si indaga ancora la funzione forse funeraria. Il Museo ospita però anche molti altri reperti delle varie epoche e civilità che si sono avvicendante in questa zona fra cui anche il relitto romano di Mal di Ventre con il suo carico di mille lingotti di piombo provenienti dalla Spagna. #to visit: Museo civico Giovanni Marongiu di Cabras: www.museocabras.it Area archeologica di Tharros: www.tharros.sardegna.it Penisola del Sinis: www.penisoladelsinis.it Area marina protetta "Penisola del Sinis"-Isola di Mal di Ventre: www.areamarinasinis.it #toWow: Poco più in su di Tharros, si apre una lunga lingua di sabbia che dà vita ad alcune delle spiagge più belle della Sardegna come Is Arutas e Mari Ermi. #toBusTrain: Consigliata l'automobile percorrendo la 131 e poi girando in direzione Cabras, San Giovanni di Sinis. #to eat: Cabras ed il suo stagno sono rinomati per la sua bottarga. Buon appetito!!!!! Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel Mondo, diceva Gandhi, in una delle sue frasi che hanno fatto la storia della responsabilità umana nel curarsi di sè, degli altri da sè, e del pianeta in cui viviamo. In Italia la tradizione della solidarietà è forte e ben nota. La capillarità dell'associazionismo e l'efficacia della cooperazione internazionale sono un tratto distintivo di noi popolo di eroi, poeti e viaggiatori. In Sardegna la musica non cambia. Moltissime sono le associazioni che si occupano di tante tematiche: in primis la salute, penso a Talassazione che si occupa del tema della talassemia o anemia mediterranea che sull'Isola colpisce geneticamente moltissime persone; la disabilità; la lotta all'inclusione sociale; i progetti in Africa come quello di Noi Sardi per la Tanzania legato alla raccolta di tappi di plastica ormai diventato un gesto quotidiano per moltissimi di noi. Meno presenti le grandi ONG anche se a Sassari c'è da anni un presidio ospedaliero di Emergency che è diventato un piccolo faro per i meno fortunati. A Quartucciu, vicino Cagliari, c'è la sede sarda di Coopi, storica organizzazione non governativa italiana fra le primissime ad essere fondate nel nostro Paese. Era il 1965. Da allora "siamo presenti in 24 paesi di Africa, Medio Oriente, America Latina e Caraibi, con 150 progetti umanitari che raggiungono quasi 2.400.000 persone. Dal 2006 assicuriamo con il Sostegno a distanza cibo, istruzione, salute e protezione a migliaia di bambini in 8 Paesi.Dal 1965 ad oggi abbiamo aiutato 100 milioni di persone, con 1.600 progetti in 63 Paesi, impiegando 4.500 operatori espatriati e 55.000 operatori locali." Per quanto riguarda me, ho avuto l'onore nel 2014/2015 di portare in Sardegna il nome di Medici Senza Frontiere con un programma di raccolta fondi al quale lavoro da moltissimi anni ormai. Un resoconto di questo mosaico coloratissimo di solidarietà si può trovare nel portale Sardegna Solidale e nella sua correlata tavola rotonda oltre che nel portale del volontariato nazionale
Ma questo è un post aperto. Qua sotto scrivete il nome della vostra associazione e quale la sua missione umanitaria. Sarà bellissimo leggervi. Alcuni anni fa ebbi l'occasione di organizzare un evento molto interessante nel Sulcis, e più precisamente a Sant'Antioco, che si occupò di ambiente e territorio. L'obiettivo delle tre giornate era quello di portare all'attenzione della gente del territorio, e possibilmente anche di coloro che avrebbero poi sentito parlare dell'evento, le problematiche ambientali sulla protezione della Natura (il fotografo plurpremiato Simone Sbaraglia), su di una nuova economia virtuosa che inizia dalla decrescita (Prof. Andrea Masullo e Mario Tozzi), sull'inquinamento (Prof. Vincenzo Migaleddu). Vi invito a passare un po' di tempo ad ascoltare questi video perchè ci dicono ed insegnano tanto. In Sardegna c'è nel frattempo una bellissima realtà che è un po' un contenitore di speranze sulla resilienza e sulle buone pratiche che si chiama Scirarindi. Per chi non lo sapesse, la Sardegna non è un atollo. Non è solo spiaggia e mare. E' una grande isola circondata (ovviamente) dal mare, ma all'interno è in gran parte un susseguirsi di montagne, burroni e boschi selvaggi. In particolare l'Ogliastra, la regione centro-orientale che affaccia da una parte sulle splendide spiagge della costa, dall'altra sui selvaggi monti della Barbagia, è una sorta di riassunto di tutto quello che si può trovare sull'isola. Montagne di arbusti e roccia, gole e spacchi che ricordano i canyon dell'Arizona, altipiani che precipitano rapidamente nelle baie che vanno da Orosei a Muravera. E' di pochi giorni fa l'ennesimo richiamo della comunità internazionale sull'innalzamento della temperatura globale e sui rischi per l'esistenza stessa della biodiversità ambientale, incluso l'uomo, ormai vicinissimi e irreversibili. Dobbiamo stare attenti a questa problematica. Non distrarci. Perchè siamo ad un passo dalla vetta o dal canyon e distarci potrebbe esserci fatale. Così quando si sale al villaggio nuragico di Tiscali (+ 500 mt.) o si decide di scendere nel canyon di Gorropu (-500 mt.), uno dei più profondi in Europa, perdersi è facile se non si seguono bene le indicazioni. Il Supramonte, montagna carsica imponenete e suggestiva, con la cima di Monte Corrasi che si dipinge di rosso al tramonto, si estende da Oliena ad Urzulei e guarda il mare dell'Ogliastra. Dovete decidere se volete salire o scendere. Se volete salire, allora avete davanti a voi gli splendidi trekking per la valle di Lanaitho dove potrete visitare prima di tutto, la grotta Corbeddu (20.000 a.C.), il villaggio nuragico Sa sedda 'e Sos Carros (1300-900 a.C) e la Grotta di Sa Ohe, prima di inoltrarvi per la lunga marcia verso il villaggio nuragico di Tiscali. Qua vicino c'è anche la primordiale ed inesauribile fonte di Su Gologone che da sempre regala la sua acqua agli abitanti del posto e al territorio circostante. Chi si è voluto addentrare nelle sue profondità non è più tornato indietro, ma abbeverarsi alle sue acque, sacre da sempre, è un'esperienza da includere nella visita di questi luoghi boschivi della Sardegna. Se volete scendere, dovete prima arrivare ad Urzulei e poi da qui camminare fino alla gola profonda di Gorropu (il campo base è in Località Su Cungiadeddu S.s. 125 km. 191, Urzulei). Per gli appassionati di trekking in Sardegna. Per chi vuole perdersi, abbandonare per un momento il mondo conosciuto, ed immergersi nella Natura incontaminata e nella Storia. #tovisit Per Lanaitho e Tiscali visitate il sito di GesturSardegna: www.gestursardegna.com Per il Canyon di Gorropu visitate il sito di Chintula: gorropu.info/it/ Per la sorgente di Su Gologone: www.sorgentisugologone.it #to sleep & #toEat Agriturismo Gutthidai (Tiscali) www.agriturismoguthiddai.com Hotel Su Gologone (Tiscali): http://www.sugologone.it/ Hotel Silana (Gorropu): www.hotelsilana.com #toRead La strategia del colibrì, Alessandro Pilo, Edizioni Sonda, 2013. Guida ecosostenibile di un giovane ecologista sardo. #toMovie Impressionante e suggestiva la trasposizione della passione di Cristo in versione sarda, girata proprio sul Supramonte. "Su Re" di Giovanni Columbu. #toWow La valle di Lanaitho, immensa pianura fertile che arriva al mare. #toBusTrain Se andate in macchina, vi consiglio di percorerre la SS131 e poi scendere in Barbagia/Ogliastra. Con i bus regionali è possibile raggiungere Oliena ed Urzulei: www.arst.it Tiscali e Su Gologone Canyon Su Gorropu
L'isola di Sant'Antioco sta alla Maddalena come l'Antartico all'Artico: diametralmente opposte, simili in apparenza con una propaggine che si chiama in una Carloforte, nell'altra Caprera, ma portatrici di uno spirito turistico diverso, selvaggia la prima, lussuosa la seconda.
L'isola di Sant'Antioco è stata abitata fin dall'antichità come dimostrano le numerose Domus de Janas, il complesso nuragico di Grutt'i Acqua e di Corongiu Murvonis, e poi le numerosissime vestigia del passaggio dei Fenici (col nome di Sulki), dei Cartaginesi, e dei Romani (col nome di Sulci poi odierna regione del Sulcis), fino allo spopolamento nel lungo periodo medievale ed il ripopolamente avvenuto solo a metà dell'ottocento grazie all'intervento dell'Arcidiocesi di Iglesias. Fertilissima nella sua piana centrale, Canai, ed esposta ai venti di Maestrale, l'isola è uno scrigno di archeologia e di mare. Ecco le dieci tappe imperdibili per chi vuole visitare questa appendice di Sardegna. Let's go SouthWest. 1. Museo Archeologico Barreca: in questo museo, ora anche multimediale e con accesso ai non vedenti, sono conservati tutti i reperti che ripercorrono la storia archeologica dell'isola dal periodo nuragico a quello fenicio, poi punico, poi romano. Le guide della Cooperativa Archeotur vi faranno poi visitare l'antico Tophet, luogo suggestivo dove venivano conservati in delle urne votive le ceneri dei bambini morti prima del tempo. 2. Museo Etnografico e Villaggio ipogeo: per conoscere gli usi e costumi del paese bisogna unire alla visita del Museo Archeologico anche la visita alla parte etnografica, ma imperdibile risulta il villaggio ipogeico, dove visse la popolazione santantioghesa dai tempi del ripopolamento dell'isola a metà dell'ottocento fino quasi ai giorni nostri, sfruttando le cavità delle tombe puniche. 3. Basilica di Sant'Antioco: costruita nel medioevo su quella che fu la tomba del santo medico della Mauritania, Antioco, riconosciuto dall'agiografia dopo il martirio avvenuto nel III sec. d.C., è Basilica giubilare e antichissima. E' possibile anche visitare le catacombe con una visita guidata organizzata da una giovane cooperativa di ragazzi che trovate già dentro la chiesa. 4. Museo del Bisso: è di pochi giorni la notizia che nonostante una petizione internazionale, i locali del Museo del Bisso sono stati temporaneamente chiusi in attesa di una nuova collocazione. Non cambia però il cuore della faccenda. Chiara Vigo, una delle ultime tessitrici di questa tela del mare presa da un mollusco chiamato Pinna Nobilis, allieva della scuola del Bisso di Sant'Antioco, vi racconta con magia e candore della sua arte millenaria. 5. Saline di Sant'Antioco: conosciute fin dai tempi antichissimi, almeno fenici, ebbe un grandissimo sviluppo nello scorso secolo quando il sale veniva raccolto a mano e mediante l'uso di muli e caricati su piccoli treni merci fino al vicino porto commerciale. Oggi proprietà dell'AtiSale, produce sale disgelante venduto in tutta Europa. Fate una passeggiata per il lungo sentiero che dal ponte romano vi porta fino alle montagne di sale per ammirare i numerosissimi fenicotteri e la straordinaria biodiversità, oppure con la bicicletta percorrete lo stesso percorso fino a Porto Botte, in zona San Giovanni Suergiu. Rigenerante. 6. Complesso nuragico di Grutt'i Acqua: scarsamente curato negli anni, purtroppo, questo luogo ci ricorda una delle città nuragiche costiere più importanti del SudOvest sardo. E' ancora visibile anche se non totalmente, il nuraghe centrale con le delimitazioni delle capanne dove viveva la popolazione, oltre che un pozzo sacro, più piccolo e meno ben conservato di quello di Santa Cristina a Paulilatino, ma pur sempre suggestivo, luogo dove, richiamandosi al culto ctonio dell'acqua, venivano celebrati riti di purificazione. 7. Tomba dei Giganti: a quasi un chilometro dal complesso nuragico di Gritt'i Acqua, si trova la sua estensione cimiteriale, la Tomba dei Giganti di Su Niu e Su Crobu: queste tombe comuni furono chiamate dei giganti per la loro forma allungata dove si pensava fossero seppelliti degli uomini dalle grandi proporzioni fisiche. Sempre chiuse da una porta all'entrata, oggi non visibile se non nel suo architrave, le tombe venivano anche utilizzate, nell'esedra esterna che ricorda nelle linee le corna del Dio Toro, per i riti dell'incubazione. 8. Menhir e Domus de Janas: i due Mehnir di sa para e sa mongia (il prete e la suora) si incontrano prima del ponte romano guardando sulla sinistra anche se non sono mai stati messi in rilievo e ad oggi risultano poco conosciuti. Sono comunque da notare per chi dovesse fermarsi di là per fare delle foto panoramiche alla laguna e all'isola prima di accedervi dal ponte per notare le vestigia dell'epoca preistorica nel Sulcis. Invece la Domus de Janas in località is Pruinis sulla strada che porta alle spiagge è esempio dell'epoca prenuragica. Entrambi sono misteriosi: i due menhir con le loro incisioni femminili e maschili, coppelle e pugnale, la domus de janas, tomba delle fate, con le sue raffigurazioni del Dio Toro (le corna) e della Dea Madre (le spirali di acqua). 9. Spiagge: nell'isola, a seconda del vento, si può scegliere dove andare a tuffarsi per intercettare la giornata di mare migliore. Si può quindi scegliere fra spiagge dorate: Maladroxia, Coeguaddus a sud ovest nel comune di Sant'Antioco, Spiaggia grande, Le Saline, SottoTorre a nord nel comune di Calasetta; e cale rocciose blu cobalto: zona ovest dell'isola, imperdibili: Turri con la sua torre, Is Praneddas, Cala Sapone, Cala della Signora, Cala Grotta. 10. il nuovissimo MUMA, museo del mare e dei maestri d'ascia ovvero i costruttori di piccole imbarcazioni utili alla pesca di cui il paese di Sant'Antioco ancora vive. Il complesso ospita anche un hotel con un delizioso bar all'aperto interno. #toAgenda Sant'Antioco è uno dei paesi più vivi del Sud-Ovest sardo. In estate ci sono molti eventi, ma anche d'inverno si tenta di coinvolgere la popolazione ed i pochi turisti in appuntamenti interessanti. Visitate il sito del Comune per tenervi aggiornati: http://www.comune.santantioco.ca.it #toEat *Ormai un luogo di culto, il birrificio pizzeria Rubiu che ha vinto molti premi e continua a crescere di qualità. www.rubiubirra.it/ *Una sosta per un buon aperitivo al Flamingo Cafè, giovane e frizzante bar dove potrete trovare anche i quadri di giovani artisti locali ed una interessante libreria per il book-crossing. #toSleep Alcune idee: Gaulos B&B www.gaulosbb.com/ Il Sentiero B&Biò www.ilsentierob-bio.com La Jacaranda www.lajacaranda.eu Tonnara Camping CalaSapone www.campingtonnara.it/ #toRead *Le saline di Sant'Antioco : cronaca di un viaggio virtuale / Testi di Giuseppe Floris e Sergio Todde ; fotografie di Giuseppe Floris. - °S.l. : s.n.é, c2001 (Monastir : Grafiche Ghiani). - 32 p. : ill. ; 30 cm. - (In testa al front.: Centro di documentazione multimediale sulle zone umide della Sardegna. *S. Antioco, guide ed itinerari, Carlo Tronchetti, Carlo Delfino Editore (.pdf) *Il museo archeologico comunale F. Barreca di Sant'Antioco, Piero Bartoloni, Carlo Delfino Editore. *Torre Canai S. Antioco, Italia Nostra. #toWow Il tramonto a Nido dei Passeri, scogliera sul lato Ovest dell'Isola. Mozzafiato. #toBusTrain L'isola di Sant'Antioco è raggiungibile: * in macchina da Cagliari attraverso la SS130 con svolta a Villamassargia e poi direzione Carbonia-Calasetta. * in bus dal capolinea della Arst in Piazza Matteotti a Cagliari: www.arst.sardegna.it/ * in treno con la linea Cagliari-Villamassargia-Iglesias con i treni diretti a Carbonia o con il cambio treno a Villamassargia. A Carbonia si deve prendere un bus nel piazzale centrale della Stazione con direzione Calasetta: www.trenitalia.com L'Isola di Sardegna è esente dai terremoti. Per una fortuna atavica, buttata lì, in mezzo al Mediterraneo, guarda la faglia appenninica con il binocolo ed il tremore della Terra le è sconosciuto. Ma due cose sicuramente l'Isola sa: cosa significhi ricostruire dalle macerie - della crisi economica che sta spazzando via tutto da anni - e il senso di comunità - l'aiuto che ognuno di noi può dare a chi è in difficoltà -.
Il 2016 è stato ed è ancora per qualche manciata di mesi un anno bisestile, il che riporta al vecchio detto, anno bisesto, anno funesto, e così pare proprio sia andata. Non solo perchè, parlando con leggerezza rispetto a quello che dirò in seguito, in questo anno abbiamo perso molti grandi del cinema (Seymour Hoffman), della musica (Bowie) e della cultura (Eco), un senso di solitudine intellettuale che deve sublimarsi nella pienezza del ricordo. Ma anche perchè questo è stato l'anno delle stragi del terrorismo in Europa che hanno scaraventato la paura ed il disordine sociale in una fortezza di democrazia e di regole civili, dandoci uno sguardo su quelli che sono gli abissi dell'animo umano (the horror, the horror! diceva Conrad in Cuore di Tenebra) e la vita quotidiana fra bombe ed ammazzamenti in buona parte del Mondo. Il terremoto di Amatrice è stata una bella batosta nella corsa per uscire da questo tunnel bisesto e funesto. L'orrore, l'imponderabilità, la vacuità dei nostri sforzi che spesso si materializzano nel progetto di una casa (dentro la quale ci sono una famiglia e tutti i sogni annessi), tutto questo è entrato in noi da allora e dovrà essere metabolizzato. Ci renderà più forti? Ne sono certa. Di terremoti nella vita quotidiana di ciascuno di noi ce ne sono tanti: la malattia di una persona cara, la perdita di una persona cara, l'impossibilità di mettere al mondo un figlio, un sofferto divorzio, un brutto licenziamento, per citare solo alcuni accadimenti che ci scuotono dalla faglia della vita. Eppure, vedendo un altro detto al contrario, da un cataclisma da una parte del Mondo può svilupparsi il battito di ali di una farfalla dall'altro. Qui in Sardegna ci sono alcuni piccoli esempi da citare: proprio ieri è morto Salvatore Usala che per anni e con grande coraggio si è battuto per i malati di SLA come lui. Un battito di mani e di farfalle lo accompagni. E poi: Ovidio Marras, dopo anni di lotta contro i costruttori di Resort sulla selvaggia costa meridionale sarda, è riuscito a difendere la sua terra e a bloccare altri ecomostri. E poi: la storia di Edilana www.edilana.com/ e della sua geniale imprenditrice Daniela Ducato che con il recupero della lana di pecora sarda e ora anche del materiale di scarto della lavorazione agricola, fa prodotti isolanti e di arredamento ecocompatibili. Un plauso le è arrivato da tutto il Mondo. E poi: Dopo anni di servitù militari c'è chi è riuscito a scrivere un reportage che, in parte, ha tirato fuori la verità.
E poi: un gruppo di ragazzi di Sant'Antioco che hanno puntato sulle produzioni artigianali di birra e pizza e sono diventati pluripremiati, Rubiu, www.rubiubirra.it/ e anche quelli che si sono inventati delle conserve http://www.bonorasardegna.com/. Di sottofondo a tutto la storia della prima rivolta operaia d'Italia che si svolse a Buggeru, la piccola Parigi mineraria del Sulcis Iglesiente. Il 4 settembre del 1904, i minatori stremati dalle condizioni lavorative, decisero di scioperare, ma l'esercito sparando sulla folla fece morti e feriti. L'indignazione fu tale, e tale la voglia di rivalsa, che anche in altre parti di Italia, altri operai scioperaro e vennero sedati nel sangue. Allora, la Camera del Lavoro di Milano proclamò lo sciopero generale nazionale, il primo d'Europa che durò dal 16 al 21 settembre ed al quale aderirono i lavoratori italiani di tutte le categorie e da cui iniziò quella che oggi è la consapevolezza sindacale ed i diritti acquisiti dei lavoratori italiani. Farfalle. I terremoti non fanno paura ai Sardi. Anche distanti fisicamente, ci siamo, compaesani terremotati. Siamo là, al di là del mare, eccoci, arriviamo. #toVisit Galleria Henry, la miniera di Buggerru che si visita in parte con un vecchio trenino. Noi siamo partiti da Santa Maria Navarrese, la marina di Baunei, paesino ormai vocato al turismo di massa, con infiniti B&B e case vacanza ed alberghi, ma ancora strettamente legato, come l'entroterra di cui è appendice a mare, alle tradizioni ogliastrine. Fra i costumi dei bagnanti e i tanti locali all'aperto, ogni tanto si scorge qualche signora sarda ancora in abito tradizionale nero andando a sa missa (alla messa). Ciò che nasconde questa parte di Sardegna è uno scrigno di cale dai ciottoli bianchissimi o dalla sabbia dorata e lunghissime grotte dove un tempo risiedevano gli ormai mitologici buoi marini, raggiungibili per due vie. Dal Golgo di Baunei, altopiano imperioso da cui come tante liane, si diramano sentieri più o meno impegnativi a mare (famoso è il Selvaggio Blu, trekking esperienziale ed emotivo che dura una settimana organizzato per camminatori esperti che vogliono anche dormire in questi posti suggestivi); o dal porto di Santa Maria Navarrese o di Arbatax dove imbarcazioni di ogni tipo ogni giorno, vento e mare permettendo, partono per scavallare la prima roccia, sa Pedra Longa, e portarvi a Cala Golortizè, Cala Luna, Cala Sisine, Cala Mariolu (forse la più suggestiva per via del colore dell'acqua riflessa dai ciottoli bianchi). E' un concentrato di Natura incontaminata in una manciata di chilometri. Vale un weekend, ma c'è chi dice che non basti una settimana. #toSleep La zona è piena di B&B, alberghi, case vacanza. Io ho un piccolo posto nel cuore per il B&B la casa di Tina: www.lacasaditina.it/ oppure dormite sul Golgo presso il rifugio della Cooperativa Goloritzè http://www.coopgoloritze.com/rifugio-altopiano-golgo/ #toEat E' una storia incredibile quella di Mec Puddu's a Santa Maria Navarrese citato in giudizio da MacDonald's per l'assonanza del nome, fatevela raccontare: https://www.facebook.com/mecpuddus/ #toBusTrain La zona è servita dai bus regionali www.arst.sardegna.it/ Sull'Isola piove oggi, così, di mezza estate, a dar da bere ai campi assetati e a ricordare a noi altri, che l'estate qua dura spesso anche fino ad ottobre, ma che una sosta dalle lunghe nuotate, a volte, ci vuole.
Serve a sviluppare la pazienza ed il desiderio di andare al mare. Chiusi gli ombrelloni, che si aprano i libri. Ecco una decina di libri con cui iniziare la conoscenza della letteratura sarda che è molto ben più vasta di quanto possiamo o possiate pensare. Non è una classifica, ma un elenco di pensieri, alcuni recensiti, altri che attendono (anche da voi!) recensione. 1. Flavio Soriga - Sardinia Blues Se è vero che un libro non si giudica dalla copertina (you can't judge a book by looking at its cover, dicono gli anglofoni), è pur vero che, se i libri di Soriga non avessero copertine, la sua prosa ritmica, sincopata, melanconicamente jazz, sarebbe riconoscibile comunque. Ed è qualcosa di speciale perché, fra tante opere letterarie che oggi giorno si sfornano attraverso qualunque canale editoriale, poche sono le voci così chiare, autentiche, con una loro identità definita. A leggerlo ti sembra di conoscerlo Flavio, è lui, non c'è dubbio, l'amico di Uta che però vive pure a Roma, quello simpatico, irriverente, sarcastico, con questa amore dolce amaro per la sua bellissima isola. Sardinia Blues è il Passavamo sulla Terra leggeri moderno. In questo libro ci sono tutte le verità, tutti gli umori, le gioie e le delusioni dei giovani Sardi. Questo attaccamento viscerale alla loro terra, ma anche la dannata voglia di fuggire perchè altrove c'è tanto, troppo, altro. E' un salto profondo nella cultura isolana, di cui forse, chi non conosce ancora l'isola, potrà percepire solo una parte. Ma è sicuramente il modo migliore per comprendere, senza mezze misure, quello che succede in Sardegna. "Carattere degli abitanti: docile, tasso di criminalità: basso, organizzazioni del crimine: non presenti, tasso di noia: infinito, tasso etilico medio nella popolazione di sesso maschile: assurdamente elevato, possibilità di lavoro in zona per un laureato di trent'anni: assurdamente basse. (...) Eppure è un paradiso, in un modo che i turisti non sanno, se resisti i mesi d'inverno freddo, se non ti suicidi di noia a febbraio, è il paradiso del non esistere." "(...) Ma mi hanno detto che se non conosci qualcuno del posto è pericoloso, è vero? (...) Io ho continuato a fumare e mi risuonava quella domanda nelle orecchie e pensavo a cosa potevo risponderle senza essere scortese e avevo appena fatto l'amore con lei ed era stato molto bello e allora le ho detto Hai ragione, è meglio se conosci qualcuno, le ho detto, Però comunque al mare è più tranquillo, se vieni a trovarmi al mare vedrai che non sarai troppo in ansia, è improbabile che i banditi attacchino le case al mare, sai, agiscono di preferenza sui monti, nella costa si vive abbastanza sereni, così le ho detto, perchè non avevo voglia, non avevo la forza, di combattere in cinque minuti contro secoli di luoghi comuni (...) " 2. Milena Agus - Mal di Pietre Con la sua scrittura lieve e fanciullesca, Milena Agus ci racconta la storia di sua nonna che, in tempo di guerra, un po' matta e per questo bagaria (zitella), cede ad un matrimonio che le dia indipendenza e stabilità. Malata di reni, di mal di pietre, incontra in Continente, durante un soggiorno termale, il Reduce, per cui proverà finalmente il vero Amore. Nello sfondo, la Sardegna rurale e la vita più borghese di Cagliari, il bombardamento del '43, e la seconda guerra mondiale. Un romanzo che si legge con gli occhi spalancati ed il sorriso dolce amaro. "(....) perché era così ingiusto da negarle la conoscenza dell'amore, che è la cosa più bella, l'unica per cui valga la pena di vivere una vita in cui ti alzi alle quattro del mattino per le faccende domestiche e poi vai nei campi e poi a scuola di ricamo noiosissimo e poi a prendere l'acqua da bere alla fontana con la brocca in testa e poi stai sveglia tutta una notte intera ogni dieci per fare il pane e poi tiri su l'acqua dal pozzo e poi devi dar da mangiare alle galline." "(...) e il Reduce nel sonno le rispondeva attraendola a sè e non era distante da lei neppure quando dormiva. Allora nonna prendeva coraggio e si faceva una nicchia nella curva del suo corpo e si metteva da sola il braccio del Reduce attorno alle spalle e la mano sulla testa e l'impressione che le faceva questa posizione mai provata era tale che non riusciva a rassegnarsi a quella cosa, secondo lei senza senso, che è addormentarsi quando si è felici." 3. Marcello Fois - Nel tempo di Mezzo Vicenzo Chironi, arriva in Sardegna dal Friuli per riscoprire la terra di suo padre. Siamo nel 1943 e a Nuoro, dove tutto è ancora arcaico, arrivano sardi dalle città in fuga dalla guerra come Cecilia di cui Vincenzo di innamorerà a prima vista e con cui costruirà una vita familiare fatta di immense gioie e di immensi baratri di dolore. Con una scrittura matura e coinvolgente, Fois, che ha scritto molti altri libri imperdibili come "Sangue dal cielo" e "Stirpe", ci racconta le maree dell'Amore e dipinge con stupore la magnificenza della Natura sarda. "Sollevò lo sguardo per fissare quell'ammasso sospeso sulla testa e si chiese come facesse a reggersi senza un pilastro che lo distanziasse dal suolo. C'era qualcosa di talmente elementare in quel farsi e mescolarsi di elementi gassosi, terrosi, acquosi, che faceva pensare alla notte dei tempi. Sembra il primo cielo della Terra, pensò Vincenzo. Perché era sicurissimo che ci fosse stato un tempo in cui un umano si era dovuto rendere conto di avere un cielo su di sé, un istante certo, ma nono sono tutte istanti le cose che cambiano il mondo? ...ecco pensava a quell'istante, che sicuramente doveva esserci stato, in cui chi abitava la Terra passò dal non aver la minima esperienza di quanto lo circondasse a quando, troppo allibito per sorprendersi, alzò lo sguardo e scrutò il cielo. Non che non lo chiamò cielo, non lo chiamò affatto, ma si disse che comunque era lì, era sempre stato lì, e sempre vi sarebbe rimasto. Sempre. Vincenzo rivisse quell'istante, quasi nascesse in quello stesso momento. Perché quel turgore infelice di nubi fangose, più livide che scure, non erano nient'altro che l'espressione tangibile del suo procedere incerto. Ma di certissimo c'era che una cosa simili non l'aveva vista mai. Un cielo così, mai." 4. Paola Soriga - Dove finisce Roma Ho letto il libro di Paola (sorella del più conosciuto Flavio) per specchiarmi. Io che nata a Roma scrivo della Sardegna, lei che nata vicino Cagliari, scrive di Roma. E' brava, Paola, e anche se la sua prosa risuona della stessa sensibilità familiare che leggiamo in Flavio (simile è soprattutto la posizione dell'aggettivo sul nome che sempre precede invece di accompagnare), la storia di Ida e Agnese a Roma durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, loro che sono arrivate nella grande città a seguito del lavoro di Francesco, marito di una delle due, e là conoscono l'infinità spaziale e di vissuti di una già metropoli, è dolce ed intensa. La Resistenza è sullo sfondo, mentre tracce di storia sono recuperabili dalle vicissitudini delle protagoniste. In tutto rimane uno sguardo isolano, anche con tanto uso del sardo nei dialoghi, di Roma, dei suoi quartieri toccati dalla guerra, della sua vita sempre piena di storie e di personaggi da ogni dove che non si capisce, appunto, dove finisce. 5. Nicola Lecca - La piramide del caffè Si definisce scrittore nomade, Lecca, perchè da Cagliari ha girato l'Europa per trovare una sua identità cosmopolita e da lì scrive libri lievi e speranzosi. Come questo. 6. Sebastiano Satta - Il giorno del giudizio Recitato in questo periodo dal grande Servillo, è uno dei libri totemici della letteratura sarda. 7. Sergio Atzeni - Passavamo sulla terra leggeri Libro indispensabile per conoscere la storia sarda in maniera romanzata ed i tratti antropologici di un'isola con una sua personalissima identità. 8. Michela Murgia - Accabadora Moltissimo è stato scritto su questa figura dell'immaginario popolare sardo, ma la Murgia, dotata di una prosa raffinata, ne narra in maniera magistrale. 9. Angelo Ferracuti - Addio Il Sulcis Iglesiente è la provincia più povera d'Italia, qualcuno dice d'Europa. Ma non lo era fino a trent'anni fa, quando le miniere e le fabbriche pompavano benessere e denaro. Chiuso il polo industriale nulla è rimasto se non un pesante inquinamento ambientale ed una disastrosa disoccupazione. Nessuna alternativa è stata creata dalle Istituzioni (turismo, agricoltura?) se non dalle buone idee di qualche privato locale che lotta per salvare questo bellissimo e selvaggio territorio. Ferracuti scrive un reportage che è un po' racconto storico dei fatti, un po' intervista agli abitanti, per scoprire una lezione di abbandono e di dignità. 10. Cristian Mannu - Maria di Isili Premio Calvino 2015, un libro, come spesso in Sardegna, sulla voglia di emancipazione femminile da un mondo arcaico e predeterminato. Il campo è circoscritto. E lo è perchè l'intenzione non è quella di parlare di migrazioni al femminile tout court, argomento assai interessante, ma trattato da chi, nobilmente, si occupa di cooperazione internazionale o di sociologia, ma è quello di parlare di chi, come me, ha deciso un giorno, di fare un paio di valigie, guardare la casa dove aveva abitato per anni e costruito alcuni percorsi, seguire la scia dell'emozione e non guardarsi (fatalmente) indietro.
L'Amore muove il mondo, i piedi, i cuori, i voli aerei, le navi, i pensieri. Solo nella cerchia ristretta delle mie amicizie posso annoverare la metà delle amiche migrate in un'altra regione d'Italia o all'estero per seguire il proprio compagno o marito. Spesso perchè è l'uomo ad avere la posizione lavorativa più solida e con maggiori margini di crescita professionale che, nel concetto, tutto Mediteranneo, assicurerà alla potenziale famiglia la stabilità economica necessaria. Stabilità economica che, in un mondo ormai liquido, come dice qualcuno, in cui tutto è precario e soggetto ad infiniti cambiamenti, è più un retaggio della generazione dei baby boomers che noi quarantenni, generazione X (al contrario dei ventenni millenials nati e cresciuti con la consapevolezza della mutevolezza della vita, "di doman non c'è certezza"!), ci siamo incaponiti per almeno un decennio a voler assimilare. Poi nel 2008 tutto è crollato e le nostre sicurezze, acquisite dopo gli anni del diploma o della Laurea, sono diventate insicurezze acquisite per gli anni che verranno. C'entra sicuramente anche questo alla base degli spostamenti delle Donne per Amore. Se nulla è più certo e la Vita va ricostruita comunque, allora tanto vale ricostruirla altrove con l'Uomo che Ami, che, almeno lui, dovrebbe essere una certezza. La linea grafica del percorso di tutte le Donne che conosco che sono migrate per Amore o di cui ho letto va così: strappo con la Vita precedente per seguire il proprio amato, con quegli slanci di cui forse solo le Donne sono capaci, consapevoli che poi sapranno poco più avanti iniziare a tessere quella tela di emozioni multitasking per cui legheranno gli affetti del proprio mondo originario a quello che incontreranno; momento di spaesamento dei primi anni nel difficilissimo obiettivo di tradurre (lost in translation!) e decodificare i comportamenti ed i linguaggi del nuovo mondo, momenti in cui si prende anche in considerazione la possibilità di aver sbagliato tutto e che forse si dovrebbe rientrare a casa nonostante e con il beneplacito modernissimo del proprio uomo che di solito è solidamente attaccato al suo lavoro o al suo contesto e di spaesamento neppure l'ombra; concentrazione finale, energia allo stato puro, nel baricentrare la propria vita laddove si è scelto di migrare e nella propria coppia, rassegnandosi per le cose che non sono andate secondo le aspettative e valorizzando quelle che sono andate bene. Una sorta di raggiungimento del picco ascetico. A volte mi chiedo: saranno consapevoli gli uomini di questa forza mostruosa che hanno le Donne di reinventarsi sempre? di tenere tutto in piedi anche con gli affetti sparpagliati per il globo? e di sorridere sempre, pur crollando ogni tanto in quelle isterie che sono semplicemente momenti di stanchezza agonistica? Adoro gli uomini e quindi credo che sì, ne siano consapevoli, ma che ne abbiano anche una pudica venerazione, loro che, magari, a parti invertite, non ce l'avrebbero fatta, mai. Sicuramente in un'epoca ormai di sbalorditive connessioni digitali in cui un messaggio può arrivare da Cagliari a Singapore in un secondo polverizzando fusi orari e valli e monti e mari, il senso di solitudine emozionale è ormai scomparso. Non ci si può sentire sole. Anzi, la rete emotiva di salvataggio delle Donne rimane proprio quella del proprio gruppo di Amiche originarie, inclusa la Mamma e le sorelle, che ci sono sempre pur non essendoci fisicamente. Ci si scambia gioie, dolori, ricette, foto, lavori di traduzione, così come si faceva prima quando si abitava nel proprio paese o nella propria città, pensando a volte che tanto non ci si vedeva poi mica tutti i giorni e quindi cosa cambia mese più mese meno se tanto posso sentirti e scriverti appena voglio. Quello che alle Donne che migrano per Amore però a volte manca è una rete al femminile del nuovo mondo dove si sono trasferite. E non è solo per una diversa mentalità, o lingua, o tradizione. Il problema è più psicologico. La vera Amicizia è un dono raro e il nostro bagaglio affettivo originario che di solito conta un numero di veri affetti come il numero delle dita delle mani, è stato costruito in un lungo tempo, conservando le rarità e scartando le ipocrisie. Quando si migra in un posto nuovo la Vita funziona con gli stessi dettami: l'Amicizia vera capita e non la puoi forzare. Quindi bisogna solo aspettare. Convincersi che qualunque persona si incontri per lavoro o per svago sia un'amica imperdibile è sbagliato e ho sentito di molte Donne che poi si sono sentite tradite da persone a cui avevano attribuito sentimenti diversi da quelli di una semplice conoscenza. E' plausibile e molto tenero. Là fuori, in un mondo diverso in cui siamo sole fisicamente, una parte di noi cerca con tutte le forze una sponda amicale. Ma la cerca volendo, inconsciamente, affrettare i tempi, oppure travisando gli incontri e non ricordando che le proprie migliori Amiche sono arrivate in diverse fasi della nostra giovinezza. Inaspettatamente. Questo non significa che poi le Donne non sappiamo comunque fare rete. E che quindi, anche se non scatta una vera amicizia, ci saranno sempre altre Donne disposte ed aperte ad accogliere la nuova arrivata, a farla sentire a casa per alleviarle la nostalgia delle chiacchierate sul divano con la propria mamma, delle giornate in piscina con le amiche di sempre, dei ci vediamo per un caffè al volo dopo il lavoro che ti devo raccontare quella cosa. Lancio delle domande, a margine, per chi volesse fare di questo post un dibattito o, semplicemente, un racconto di sè: l'Amore che ti ha spinto a migrare è stato anche la forza per le difficoltà di integrazione nel nuovo mondo? e, pure, quanto ha contato la tua forza interiore al di là della coppia per integrarti? Hai mai pensato di tornare indietro e se sì, per cosa e/o per chi? Un abbraccio immenso a tutte le Donne. #to read La rete al femminile internazionale di: http://donnecheemigranoallestero.com/ http://www.expatclic.com/ Il famoso detto sardo "pagu genti...mellu festa!" (minori le persone, migliore la festa) descrive puntualmente un orientamento tutto isolano alle genti che vengono da altrove: nonostante nessuno metta in dubbio la squisita ospitalità sarda per cui un ospite è davvero sacro e per lui si aprono le case e le dispense oltre che i cuori, è vero anche che ciò che giace in fondo al pensiero di chi accoglie è, venite, vedete, poi, però, andate. Detto questo, non voglio pensare che gli emiri o gli imprenditori che gestiscono da anni una sorta di monopolio assodato sui trasporti da e per l'Isola abbiano preso alla lettera questo modo di pensare e ne abbiano fatto la loro strategia d'impresa nonchè alibi. Dico questo perchè pare da sempre assurdo che quest'isola tanto sognata e, seppure in mezzo al mare, raggiungibilissima con poche ore di nave o con una manciata di decine di minuti di aereo, appaia da moltissimi anni ormai, più lontana geograficamente e più cara di una meta esotica o australe. E non solo per i turisti, viceversa anche per i Sardi, o residenti in Sardegna che, invece di sfruttare tariffe di continuità territoriale a dir poco esilaranti (con lo stesso budget di un biglietto di continuità territoriale di linea se ne possono comprare tre o quattro low cost), implodono nella convinzione che la loro isola sia il posto più bello al Mondo, che tutto il Mondo sia paese, e, insomma, quando proprio non te lo puoi permettere di andare a vedere il Louvre, ti convinci che anche lo straordinario museo MAN di Nuoro sia un polo di arte sopraffino e ineguagliabile. E rimani a casa. Quindi il problema diventa duale. Da una parte il turismo si mantiene su standard sempre di lusso, o, perlomeno, alto borghesi. E anche i prezzi dei trasporti e dei servizi correlati al turismo hanno un andazzo da cartello predeterminato e orientato al lusso. Dall'altro, i Sardi sono scoraggiati ad andare altrove, a fare dell'innata curiosità umana un trampolino di lancio per viaggiare fuori dalle linee di confine acquatico della loro isola e l'equilibrio rimane sempre lo stesso: un lungo letargo invernale che dura quasi otto mesi in cui l'Isola è abitata per lo più dai suoi stessi abitanti (con qualche piccola eccezione di posti in cui intrepidi visitatori nordici si sono ormai insediati) e una concitata stagione turistica stretta in quattro mesi di, in gran parte, turismo cinque stelle. Dunque, arriviamo al nostro titolo: oltre la meta, c'è bisogno di una rotta. Eterogenea nelle destinazioni, competitiva nei vettori, abbordabile nei prezzi. In modo che la Sardegna diventi un luogo da visitare sempre, tutto l'anno, perchè quando non c'è il mare, c'è la montagna (ma qualcuno di voi sa che a Fonni, sul Supramonte, sul Gennargentu, si scia?) e quando fa un po' più freddo e piove (perchè sull'Isola piove e tira vento, non siamo mica a Tenerife) ci sono musei e città d'arte e splendide chiese e monumenti da visitare, ci sono rinomati centri termali (già romani, Fordongianus e Sardara, per citarne alcuni) e ottimi posti dove mangiare bene. In modo che i Sardi siano spinti ad andare, a vedere il Mondo, a confrontarsi, a scoprire che se tutto il Mondo è paese, qualche paese lo è in modo diverso, molto diverso. In modo che, nonostante il fascino, non si incappi nella suggestiva città fantasma di Gairo Vecchia o di San Salvatore di Sinis dove un tempo si giravano i film western. Vastità abbandonate, o dimenticate, che parlano di una meta bellissima, ma di una rotta cancellata. #toVisit -La città abbandonata di Gairo Vecchia (Tacchi d'Ogliastra) -Il villaggio Far West di San Salvatore di Sinis (Oristano) -Museo Man di Nuoro www.museoman.it/ -Terme di Fordongianus www.termesardegna.it/ -Terme di Sardara www.termedisardara.it/ Se è vero - come recitava un vecchio poema - che la penna è più tagliente della spada (cit. "the pen is mightier than the sword"), poi ripresa dagli ambientalisti con la penna è più potente dell'arpione (cit. "the pen is mightier than the harpoon"), allora si può sicuramente dire che in Sardegna, e ancor di più nel territorio del Sulcis Iglesiente, il turismo è più efficace dell'industria.
E' di qualche giorno fa l'ennesimo annuncio che tutto il sistema geominerario di questa splendida terra ai confini del mondo sarà aperto ai turisti a singhiozzo per questioni economiche, politiche, di chissà quale motivo, poi. E' ovvia, invece, una cosa fondamentale. Che in questo territorio, dopo decine di anni di sfruttamento minerario (iniziato nell'antichità già con i Fenici, navigatori sapienti che si fermarono nel Sulcis perchè notarono quantità e qualità di minerali simili a quelle spagnole) che ha portato sicuramente benessere - tanto, troppo, forse - al momento della chiusura dei siti e delle numerose fabbriche annesse all'indotto, non c'è stata nessuna idea sistematica su come riqualificare e riprogettare tutto. La Provincia di Carbonia Iglesias è la più povera d'Italia e lo è da moltissimi anni ormai, migliaia i giovani fuggiti in cerca non tanto di un futuro migliore, ma di una semplice sopravvivenza, se non vogliamo citare anche la comprensibilissima ambizione alla realizzazione personale. Altri sono invece rimasti e lottano strenuamente per trovare una loro dimensione che sia fattibile, concreta, che parli il linguaggio di un territorio che deve assolutamente rifiorire dalle macerie dell'abbandono. Quale la via si sono chiesti? Quasi nessuno ha guardato ancora alle lamiere delle fabbriche (è ancora in vita il polo di Portovesme fra infinite ed esasperanti lotte sindacali) e tutti si sono rivolti alla positività e alla lungimiranza di idee futuribili: il turismo e l'agricoltura. Che tanti giovani tornino alla terra è cosa nota, da anni ormai, con le teorie di Latouche sulla decrescita felice, molti di noi hanno sentito il richiamo alla vita naturale e semplice che, non è per tutti, ma lo è sicuramente per chi vive in taluni territori vocati all'agricoltura. Nel Sulcis più giovani di quanti si pensi si sono messi a rilavorare la terra dei nonni o a produrre miele e conserve. Un applauso a loro. Quanto al turismo, solo a guardarlo, il Sulcis, nella sua disarmante bellezza selvaggia, ci sarebbe da non sapere da dove iniziare. Ospitalità, servizi turistico sportivi, festival ed eventi enogastronomici, e guide turistiche in quelle cavità che, sia sotto forma di grotte ( Is Zuddas a Santadi e Su Mannau a Fluminimaggiore, per fare un esempio), che di miniere (Carbonia, Narcao, Masua e Buggerru, Iglesias), mostrano agli abitanti una Natura di pietra da mostrare a tutto il mondo. Cosa trattiene i grandi della terra, gli stakholders, dal vedere dove davvero è la strada della rinascita? Perchè anche di fronte al pesantissimo inquinamento industriale lasciato in ricordo alla popolazione, non si interviene almeno per fare una programmata opera di bonifica totale? Perchè il turismo e l'agricoltura sono considerate idee valutabili, ma non primarie e sono lasciate all'iniziativa di pochi? Quando guardo l'isolotto di Pan di Zucchero dallo spiazzo che invita i turisti a visitare il suggestivo sito di Porto Flavia ("opera dei bravi operai sardi, coi quali qualunque opera ardimentosa si può intraprendere", scriveva l'ingegnere Cesare Vecelli, direttore continentale della miniera, che amò la Sardegna più della sua terra d'origine) mi chiedo come si faccia a non capire tutto, a non avere una spiazzante epifania. La risposta è davanti a noi. #toVisit -Il sistema minerario gestito dall'Igea http://www.igeaspa.it - Le Miniere di Rosas a Narcao www.ecomuseominiererosas.it/ - Le grotte di Is Zuddas a Santadi www.grotteiszuddas.com/ - Le grotte di Su Mannau a Fluminimaggiore www.sumannau.it/ #toRead - Porto Flavia, Basso/Spagnol, 2013, Edizioni il Prato. - Le pubblicazioni dell'ISDE Sardegna sulle problematiche ambientali lasciate in eredità. www.isde.it/dove-lavoriamo/sardegna #toBusTrain Nel Sulcis si può arrivare o via treno, linea Cagliari-Carbonia o via bus. www.trenitalia.com www.arst.sardegna.it Ora che la Brexit è un dato di fatto, vi toccherà virare in Sardegna per vedere i circoli megalitici.
Eh sì, perchè la pur suggestiva Stonehenge non è nulla in confronto alla quantità e qualità de is perdas fittas (le pietre fitte, i menhir) che si trovano qui. Ma andiamo per ordine. La Sardegna e la Corsica cinquemila e più anni fa erano geograficamente (e difatti lo sono anche geologicamente) prossime al sud della Francia e alla Toscana. E' per questo che le popolazioni megalitiche che troviamo nel resto del continente europeo si espressero anche su quella che poi diventò un'isola in mezzo al mare profondo. L'uso dell'ossidiana, l'oro nero del mesolitico, ritrovata per la prima volta sul Monte Arci, nell'oristanese, segna l'inzio della storia che parla di Dolmen e Menhir (ad uso tombale), circoli megalitici (ad uso funerario ma anche astrologico) e Domus de Janas (non più pietre, ma tombe in grotte artificiali). A me hanno sempre colpito due cose di tutto ciò, quando sono di fronte a queste pietre, a questa primordialità. La prima sta sui menhir. Quando li guardi non sono affatto tutti uguali. Una tipologia ha delle cavità, definite dagli studiosi, coppelle, che stanno a identificare il femminile. Altri hanno inciso una sorta di corna o boomerang e un pugnale: il maschile, le corna del Dio Toro. La seconda sta dentro le domus de Janas. Le corna del Dio Toro tornano anche qui, eccola la fertilità maschile. E il femmineo? la Dea Madre? impossibile non vederla nelle spirali, acqua che diventa torbida, scorre e dà vita. Una divinità duale che, come in tante altre culture e religioni, ha bisogno degli opposti che si compenetrano per formare il cerchio vitale. Più avanti, con la popolazione nuragica, alcuni di questi elementi verranno ripresi. Le Tombe dei Giganti hanno, infatti, una struttura che ingloba la "porta" del sepolcro fatta da una pietra che è, in tutto e per tutto, il ricordo di un dolmen. E hanno dinnanzi un'esedra che ha la forma geometrica delle corna del Dio Toro. Anche il pozzo sacro, serratura sul mondo dell'acqua, è un'architettura votiva fatta per custodire e celebrare i vortici della fonte d'acqua della Dea Madre. Ulteriore ed ultima fascinazione, l'altare di Monte d'Accodi, vicino a Sassari, una vera e propria ziqqurath mesopotamica riadattata in chiave prenuragica, unica ed irripetibile in tutto il Mediterraneo. #tovisit -Museo dei Menhir, Laconi - http://menhirmuseum.it/ -Parco archeologico di Goni, località Pranu Mutteddu - http://www.pranumuttedu.com - Area archeologica di Montessu, Villaperuccio - http://www.parcogeominerario.eu #toread -Laconi, il Museo delle Statue Menhir, Enrico Atzeni, Sardegna Archeologica, Carlo Delfino Editore. Da questo libro sono tratte le due foto dei menhir, con esaustive riproduzioni, che riporto a bordo blog. -Seguite l'interessante catalogazione di Nurnet che da qualche tempo fotografa e commenta tutti i siti archeologici della Sardegna. www.nurnet.it Essere o non essere un'isola /Appendice. Sardegna ed Irlanda. Il cerchio sincopato de su ballu tundu6/30/2016 Che le isole abbiano tutte una simile conformazione fisica è appurato: terra in mezzo costretta fra i confini a chiudersi e mare tutto intorno. Ma che le isole possano anche avere similitudini culturali, questo è meno banale e più sorprendente. Ho studiato in Irlanda ai tempi dell'Università e anche lì facevo incetta di modi di fare e di tratti antropologici. Solo dopo, sull'isola di Sardegna, ho iniziato a stupirmi di quanti tratti somatici della cultura sarda potessero essere ricondotti all'isola di smeraldo. Due fra tutte: una lingua - il celtico ed il sardo - riconosciuta e parlata dagli abitanti e diversa dalla lingua colonizzatrice - l'inglese e l'italiano. E poi, fra tutti, il modo di ballare. Questo saltare a piccoli passi l'uno accanto all'altro. Il ballo tradizionale irlandese assomiglia nel ritmo sincopato talmente tanto a su ballu tundu sardo, che ci sarebbe da fare degli scambi culturali. Più isolani però i Sardi: tondo è il ballo, stretto il cerchio, a delimitare l'Isola, il Nuraghe, il Cantone. Si apre ad un certo punto il cerchio ballando, eccolo il mare, ecco le genti. Ma poi si richiude, come le onde e le maree, su e giù, attraverso il millenni della Storia. Così i canti a tenore. Cantanti sempre in circolo chiuso, il cantone, la tribù che canta per se stessa, delimitando il sentimento di una delle migliaia di città nuragiche. E' stato incredibile poi avere conferma della mia intuizione. “(….) Appare invece più verosimile che il popolo dei Sardi abbia avuto un'origine occidentale e ciò per varie affinità culturali ed antropologiche che essi presentano ancora con i Baschi, gli Irlandesi e gli Scozzesi. Infatti i Sardi della Barbagia, zona più conservativa dell'Isola, sono prevalentemente dolicocefali, hanno carnagione, capelli e occhi chiari e presentano in prevalenza il gruppo sanguigno RB positivo che è comune ai popoli europei che abbiamo menzionato. Siamo inoltre certi che il popolo che edificò i nuraghi avesse un idioma molto simile a quello dei Baschi poiché, non solo molti cognomi e toponimi sardi, ma anche i nomi particolari dei nuraghe, che sinora erano incomprensibili, trovano un preciso e reale significato nella lingua euskadi. (…). [Bruno Vacca, Il Museo Archeologico di Cagliari e le antiche civiltà della Sardegna, Edizioni V.I.S.] #toWatch. Il film “BELLA E DINNIA" di Antioco Floris, 2001, un documentario sulla lingua sarda e sulla sua declinazione etnomusicale: "(...)tre poeti che rappresentano tre generazioni di sardi e che provengono da diversi territori praticando diversi stili di poesia: Efisio Caddeo, di Furtei, maestro di “repentina”, Giuseppe Porcu, di Irgoli, giovanissimo poeta di “otavas”, Paolo Zedda, di Sinnai, cantadori di “mutetu longu” campidanese (...)"
C'è quella poesia di Rafael Alberti che da sempre risuona nella mia testa. Forse ero destinata a vivere su un'isola, forse ero destinata a sentire, pur poi immersa nell'acqua, quella inspiegabile nostalgia per il mare che non si ferma neppure se lo si sta contemplando. E' come un'ipnosi, un'energia troppo forte che ti risucchia in riva o su uno scoglio e ti blocca lì, stuck in the middle. "El mar. La mar. El mar. ¡Sólo la mar! ¿Por qué me trajiste, padre, a la ciudad? ¿Por qué me desenterraste del mar? " Ecco, queste rime io mormoro ogni volta che al mare riesco ad andare e quando lo devo lasciare, io che ormai vedo acqua sempre, sempre il mare, sempre odore di salsedine nelle narici, sulla tela dei vestiti, nei capelli. L'aria salmastra che si respira qua, sulle coste della Sardegna, è qualcosa che ho sempre cercato, è ovvio. Ma non perchè ho vissuto gran parte della mia vita in una città perdendo gran parte di uno dei sensi più importanti, l'olfatto, bruciate le narici da un'esposizione troppo assidua allo smog. Ma perchè c'è chi nasce isola, e in quanto isola, nasce acquatico. Ed essere o non essere un'isola nella vita, conta. Non credete che a tutti i Sardi piaccia il mare, questo è il primo punto. Ce ne sono davvero molti che preferiscono il fresco dell'entroterra, le meravigliose montagne del Gennargentu ("la porta d'argento") e del Supramonte. Anche la cucina sarda rispecchia quest'orientamento: è prevalentemente una cucina di terra, con i suoi maialetti arrosto, i dolci di mandorle e il buon vino rosso. I Sardi che amano il mare, sono tanti quanti i cittadini che lo amano, fra gli altri cittadini. Perchè quello che accomuna queste persone non è il fatto di essere nate in Sardegna o a Torino. E' il fatto di essere cresciuti con questa malinconia un po' africana e un po' brasiliana per l'acqua, sicuramente amniotica, e da essa non essersi più riusciti a staccare. Essere isole significa anche guardare il mare con malia e con paura. Un ossimoro emozionale che poi ha fatto l'antropologia di tanti Sardi, stretti fra la voglia di andare oltre le loro coste e la paura di quello che dal mare è sempre arrivato e spesso non ha fatto loro del bene. Qualunque sia la vera ricostruzione storica della bandiera dei quattro mori sarda (successiva a quella arborea dei tempi dei Giudicati) comparsa in epoca aragonese, possiamo sicuramente dire una cosa: in Sardegna la bandiera popolare raffigura i mori che attaccavano i territori aragonesi e dunque porta in sè, nel senso di appartenenza all'Isola, proprio quei nemici che venivano dal mare. E' un ossimoro anche la bandiera. Essere isola significa anche chiudersi in quel mare, sentire fortissimo e come caratterizzante quel senso di comunità e di appartenenza ad una sola ed unica genia autoctona - nonostante lo stesso popolo sardo, investito da tantissime ondate colonizzatorie sia un melting pot di genti mediterranee. In Sardegna chi non è Sardo è accolto, ma forse mai davvero integrato, perchè c'è sempre il senso del mare che divide chi è nato sull'Isola e chi è arrivato da dove. E' pur vero che nell'Isola esistono altre isole, ovvero un campanilismo sfrenato, derivante probabilmente dal sistema cantonale dei Nuraghi che non si è mai davvero sopito e che ancora oggi crea quel senso di alterità fra un paese ed un altro, seppure siano a pochi chilometri di distanza. Insomma, qua essere Isole è un tratto dell'anima oltre che antropologico, che investe i Sardi, ma anche coloro che, come me, forse un po' Sardi lo sono sempre stati. Le spinte indipendentiste (Sardinia non esti Italia) si scontrano con le storie di tanti Sardi che hanno fatto fortuna all'Estero e che da lì non vorrebbero mai tornare. O di Sardi che si sono affermati fuori dall'Isola, ma poi vi hanno riportato nel tempo i loro saperi vivendo sempre in viaggio sul mare (penso, fra i tanti, a Paolo Fresu che vive a Parigi, ma ha pensato un Festival musicale nel suo piccolo paese natale, Berchidda, che porta in Sardegna ospiti di levatura internazionale). Alla fine di tutto, comunque, una cosa è sicura: il mare allevierà sempre ogni nostra pena con il suo ritmo di nenia, la sua energia esistenziale, le sue meraviglie sottomarine ed il suo sale. Qualche volta mi viene chiesto di accompagnare abbronzati turisti dei Resort del Sud Sardegna a visitare la città di Cagliari. Ogni volta, è una piccola felicità. Non solo perchè fare la guida turistica è una professione che, nel tempo, mi piace sempre di più ed ho scoperto come mia, come affine alle mie corde (parlo tanto, c'è tanta gente, si va sempre in giro, c'è sempre qualche nuova scoperta), ma anche perchè ogni volta constato che, chi viene a fare le vacanze sull'Isola con l'obiettivo di stare in spiaggia un'intera settimana, è invece attirato da altri stimoli, non di meno da quello che può offrirgli culturalmente Cagliari, città sconosciuta anche agli Italiani. Di Cagliari non si sa che è una città giovanissima, complice un'ottima Università in cui si riversano non solo la metà dei Sardi, ma anche altri giovani dall'Italia e dal Mondo (ci sono tantissimi studenti in programma Erasmus, per esempio); di Cagliari non si sa che è una città con una movida ed una frizzante vita culturale da decenni, ci sono molti cinema, un teatro lirico ed un teatro di prosa dai cartelloni sempre attenti alle novità; forse si sa, o non si sa, che ha un Lungomare, da poco rinnovato, che fa invidia alla barceloneta di Barcellona; e,non si sa, che custodisce nello scrigno del suo centro storico e oltre, tantissime testimonianze architettoniche, storiche, archeologiche. Così a voi, come a quelli che salgono sul bus di fronte al porto - Cagliari città sull'acqua e nell'acqua del suo mare e delle sue saline ("water, water everywhere, nor any drop to drink!" diceva qualcuno) - racconterò una carrellata di appunti in movimento su questa città, rimandandone altri alla vostra curiosità, o ad altri post. Un tempo, siamo in epoca pisana, XIII secolo, Cagliari era una città fortificata, stretta nei suoi quattro quartieri: Stampaxi, Marina, Castello, Villanova. La città aperta sul mare che vediamo oggi, con il suo porto, e la sua passeggiata sotto i portici della via Roma è stata pensata solo dopo il Regio Decreto del 1866 con cui Cagliari veniva cancellata dall'elenco delle piazzeforti del Regno d'Italia. Da allora si demolirono le mura e nell'arco di cento anni si costuirono gli odierni palazzi con le facciate Liberty a mare ognuno promosso e abitato da una delle famiglie nobili della città. I quattro quartieri fortificati di Cagliari avevano tutti una denominazione, diremo, d'uso. Castello era la rocca dove abitavano le famiglie nobiliari. La Marina era dedicata alle attività marinare. Villanova, alla destra della ideale carta della città, era il quartiere delle attività agricole. Mentre Stampace, Stampaxi, probabilmente derivante dalla formula di saluto "Stai in pace", era caratterizzato dalle attività artigianali. Molto di quello che vediamo oggi è Cagliari è di stampo medievale, tra l'altro molto è stato anche riscotruito dopo il tremendo bombardamento del 1943, durante la seconda guerra mondiale, che distrusse buona parte della città, ma ovviamente dobbiamo pensare che anche in questo caso, la città è testimonianza delle varie stratificazioni di civiltà che si sono avvicendate in Sardegna, a partire dai nuragici, ai fenici che la chiamarono Karalis, ai cartaginesi, ai Romani. Nel Medioevo Cagliari fu sede di uno dei quattro Giudicati di Sardegna per poi passare sotto le mani dei Pisani, degli Aragonesi, degli Spagnoli e poi, infine, dei Savoia, prima della costituzione dell'Italia odierna. Da Piazza Yenne, centro nevralgico della moderna città, si arriva a Largo Carlo Felice dove c'è il famoso monumento al re sabaudo di Sardegna, vestito in abiti togati romani e con il braccio teso ad indicare l'inizio della strada più importante di Sardegna, fatta costruire dal re, che collega Cagliari a Sassari e, nella sua deviazione ad Est, ad Olbia. La leggenda dice che, visto che la statua ha il braccio che non indica effettivamente il vero inizio della strada, ma la sua parte opposta, fu in verità posizionata, sbadatamente, al contrario. E' pur vero che il sistema viario sabaudo ricalcò, quasi interamente, quello già costruito in epoca romana: da Cagliari attraverso Nora fino al porto di Sant'Antioco/Sulci; da Cagliari a Tharros fino a Turris Libisonis, l'odierna Porto Torres, altro porto; con deviazione verso Olbia/Terranova. Oltre alle varie strade che portavano a zone di interesse come quelle termali, Acquae Napolitanae/Sardara e Forum Traiani/Fordongianus in primis, passando per Ad Medias/Abbasanta. Salendo sul colle di Bonaria, abbiamo davanti l'imponente Basilica in pietra calcarea bianca che custodisce una delle storie più belle della città. Siamo nel 1216. Lamberto Visconti, fratello del podestà di Pisa e giudice di Gallura, convince la Giudicessa di Cagliari, Benedetta, a donargli Castello. Ma, nel 1297 Bonifacio VIII, con la bolla Super Reges, crea il Regno di Sardegna e Corsica e lo concede agli Aragonesi. Giacomo II, sovrano d'Aragona, deve però scacciare i Pisani e così manda l'infante Alfonso sull'Isola che decide di accampare le sue truppe sul colle di Bonaria. Sul colle Alfonso fece già costruire una chiesetta che è quella che oggi vediamo alla sinistra della basilica, dedicata alla Vergine Maria, prima di conquistare definitivamente la città nel 1324 e spostare, dunque, la sua dimora a Castello. E' proprio in questo lasso di tempo che accade il miracolo che rende sacro questo colle. Nel 1370 una nave spagnola fu colta da una tempesta di fronte a "su siccu", l'insenatura di fronte al colle. Per alleggerire la nave, i marinai iniziarono a gettare il carico in mare, fra cui una cassa di cui non si conosceva il contenuto. Si narra che appena questa cassa toccò il pelo dell'acqua, la tempesta svanì immediatamente e il mare si fece all'improvviso calmo. Una volta a terra, i marinai decisero di aprire la cassa e vi trovarono all'interno la statua della Vergine Maria che ancora oggi è conservata nel Santuario. Chiamarono questo simulacro del "buen aire", della "buona aria", Bonaria, appunto, per ricordare il miracolo a cui avevano assistito. Da allora la Madonna di Bonaria è la protettrice dei naviganti. E furono infatti proprio dei marinai spagnoli che, arrivati in Argentina, fondarono la citta di Buenos Aires, dandole il nome del simulacro che si trova in terra sarda. I frati Mecedari, che officiavano nella chiesetta sul colle, decisero quindi di edificare una chiesta più grande, la Basilica che oggi vediamo, la cui prima pietra fu posta nel 1704. Dal Belvedere di Monte Urpinu ("volpino") possiamo ammirare le splendide saline di Molentargius, oggi Parco naturale regionale. Molentargius deriva da "molente" che in sardo è il mulo con cui, un tempo, veniva portato il sale raccolto nelle Saline. L'estrazione del sale in Sardegna qui a Cagliari come in altre zone salmastre, pensiamo a Macchiareddu o Sant'Antioco solo per la zona sud-ovest, risale sicuramente all'epoca romana. Un'iscrizione del 150 a.C. trilingue, punica, greca e romana, è una dedica ai salinieri; ed un'altra del V secolo d.C. parla di una comunità di salinieri cristiani, gli immunes salinarium. In epoca giudicale, lo sfruttamento del sale fu concesso ai monaci vittorini, poi ai Pisani; agli Aragonesi che introdussero il sistema delle "comandate" ovvero l'obbligo per tutti gli abitanti della zona di fornire forza lavoro creando non pochi problemi all'agricoltura svolgendosi l'estrazione nel periodo estivo, lo stesso della raccolta delle messi e dell'uva; agli Spagnoli, che introdussero il monopolio regio sul sale; ed ai Savoia che riuscirono ad esportare il sale cagliaritano nel Nord Europa, utilizzando come forza lavoro anche i prigionieri piemontesi, trasformando le Saline in una vera industria saliniera. Negli anni Trenta c'era qui un vero e proprio villaggio del sale fino alla sospensione delle attività nel 1985. Lo stagno di Molentargius ospita una ricchissima biodiversità di cui, l'elemento simbolo, è il fenicottero rosa, da molti anni ormai, nidificante in Sardegna. Come forse saprete, il colore rosa del fenicottero deriva dai crostacei, in primis l'Artemia salina, che questo mangia attraverso una ghiandola situata vicino agli occhi che espelle poi il sale in eccesso dalle narici. Il fenicottero è un animale gragario, vive in coppie, la cui costituzione viene decretata da una vera e propria scenografia detta, appunto, parata nuziale, una serie di figure di danza ripetute da tutti i membri del gruppo. L'uovo che si schiude dopo circa 28 giorni, è covato sia dal maschio che dalla femmina. Il pulcino viene allevato in una specie di asilo, un gruppo sorvegliato da alcuni adulti, fino a che dopo un centinaio di giorni, impara a volare e a rendersi indipendente. Dall'acqua risaliamo sul punto più alto del colle di Castello. Il centro storico di Castello custodisce tutta la storia medievale di Cagliari. La Torre di San Pancrazio, come la Torre, più in basso nel Bastione Santa Croce, dell'Elefante (simbolo di forza e fedeltà) fu eretta nel 1305 in epoca Pisana e ci racconta la fortificazione della città contro gli Aragonesi. Piazza Aresenale era uno spiazzo costruito con funzione di trappola: la porta S'Avanzada, infatti, dava l'illusione al nemico di essere entrato nella rocca ed invece si sarebbe trovato in uno spazio angusto proprio sotto la Torre. La porta di fronte, invece, fu monumentalizzata in epoca sabauda e dedicata a Maria Cristina di Borbone, moglie di Carlo Felice. In quello invece che fu l'aresenale, oggi ci sono una serie di musei importantissimi, in primis quello archeologico che conserva moltissimi reperti dall'epoca megalitica ad oggi. Vi consiglio una visita per fare una carrellata storica della Sardegna, per vedere i famosi bronzetti nuragici, ma, soprattutto, per guardare negli occhi i maestosi Giganti di Mont'e'Prama, finalmente esposti dopo decenni di scavi e riscotruzioni. Ritrovati nel Sinis, vicino ad Oristano, sono databili IX-VIII secolo a.C. quindi in tarda età nuragica. Nulla però di così imponente, tranne il nuraghe si conosceva di questa civiltà. Soprattutto perchè, se la datazione è giusta, questi kolossi sono antecedenti ai kouroi greci. Probabilmente facevano parte di un santuario che ricordava degli eroi con accanto delle miniature di nuraghe. Considerate che in epoca aragonese poi, i sardi potevano entrare in questo quartiere solo per lavorare durante il giorno e che, allo squillare di una tromba al tramonto, dovevano uscire, pena la morte. Così come il ghetto ebraico più sotto che accoglieva gli ebrei, poi scacciati nel 1492 da ogni territorio aragonese, che dovevano portare sul braccio il simbolo di una rotella seppur ricercati come artigiani e medici. Di fronte a noi abbiamo il palazzo della Loggia Massonica e proseguiamo alla nostra sinistra, nella arruga fabrorum, fino al Palazzo Regio aragonese, sede del primo parlamento sardo, e oggi sede della Provincia e alla Cattedrale. La Cattedrale di Santa Maria venne costruita nel XIII secolo, stile pisano romanico. La facciata fu rifatta più volte, anche in stile barocco, ma oggi riprende lo stile dell'epoca ispirandosi a Santa Maria dei Miracoli di Pisa. Nei tre portali potete notare le rappresentazioni dei patroni della città: San Saturino e Santa Cecilia. All'interno la cattedrale è semplice ma bellissima e ha degli elementi importanti di cui fare menzione. Innanzi tutto, il pulpito di Mastro Guglielmo del 1312, diviso fra la parte collocata all'interno del portone di accesso con personaggi in abiti medievali e decorato con scene prese dal Vangelo e la parte posta alla base dell'altare con i suoi quattro leoni. Ai lati dell'altare le due cappelle. A sinistra la cappella in stile pisano dedicata al Sacro Cuore. Alla destra la cappella in stile aragonese che si dice abbia ospitato una spina della corona di Gesù. Sotto l'altare potrete visitare la cripta che conserva, come si usava al tempo, i resti dei martiri ritrovati nelle necropoli della città, fra cui San Lucifero, vescovo di Cagliari, e San Saturnino, patrono della città. Ciascun personaggio raffigurato tiene in mano una foglia di palma, simbolo del martirio. Alla fine della nostra passeggiata, prima di inoltrarci nelle vie dello shopping (Via Manno e Via Garibaldi) e della movida cagliaritana (la Marina), diamo uno sguardo panoramico della città dall'imponente Bastione di San Remy, costruito in epoca sabauda come celebrazione della casa Savoia. Da vedere ancora: Sant'Eulalia, San Saturnino, la Grotta della Vipera, l'Anfiteatro romano, il Giardino Botanico, l'orto dei Cappuccini, il Castello San Michele, tutti siti bellissimi, sparsi per la città. Enjoy!
Nora è un museo a cielo aperto. L'area archeologica, oggi prettamente romana con le sue rovine che assomigliano ad un Foro Romano in miniatura, in verità è la testimonianza stratificata delle civiltà antiche che hanno popolato, fra le tante, nel tempo, la Sardegna: i Nuragici, i Fenici, i Cartaginesi e, da ultimi, i Romani.
Si dice fosse stata fondata dall'eroe iberico Norace (la radice *nur è la stessa anche di Nuraghe, è interessante pensarlo), uno degli eroi che Pausania, storiografo romano, dice avesse conquistato la Sardegna insieme a Iolao e Teseo dalla Grecia e Sardo dalla Libia, due millenni prima di Cristo, portando a concretezza il passaggio dell'Isola dalla vita megalitica, fatta di ossidiana, dolmen, menhir, domus de janas, alla vita nuragica, fatta di rame, ferro (e quindi bronzo che ne è una lega), nuraghe, pozzi sacri, tombe dei giganti. Una mareggiata nel 1889 scoprì il Tophet (etimologicamente "luogo d'arsione", concretamente un'area sepolcrale fenicia dove venivano deposti in urne i feti dei bimbi nati morti o in giovane età) e da allora si capì che accanto allo splendido mare di Pula vi era uno degli splendidi insediamenti archeologici più ricchi della Sardegna (come Cagliari, antica Karalis; come Tharros vicino ad Oristano; come Sulci o Sulki nel Sulcis, appunto). Gli scavi veri e propri, iniziati nel 1990, ed ancora parzialmente in corso, hanno riportato alla luce numerose Terme (edifici pubblici aperti a tutti senza distinzione di casta, venivano usati come svago del corpo e della mente, tutti conservano le tre vasche con diverse gradazioni di temperatura dell'acqua, Frigidarium, Tepidarium, Calidarium, oltre che alla vasca per le Natationes, l'Apodyterium o spogliatoio. Ci si sfregava la pelle con la pietra pomice o la cenere di faggio oppure con una pasta di povere d'equiseto, argilla ed olio d'oliva); un Foro (in quello di Nora è stata trovata l'iscrizione di dedica a Minucius Pius, giovernatore della città che diventò Municipium nel I secolo dopo Cristo regalando ai suoi abitanti i diritti dei cittadini di Roma); un Teatro (con la sua scenae frons, il proscenio, l'orchesta e l'auditorium e i tre vomitoria o uscite/entrate. Si pensa sia databile al II secolo dopo Cristo perchè in alcune giare poste sotto la scena, usate prima per amplificare la voce degli attori, poi come granai, si è trovato il marchio del fabbricante, un liberto di Diocleziano); un Ninfeo (splendido giardino acquatico dedicato alle Ninfe dove riposare); un Macellum (dall'etimologia già fenicia *ma'kal = "luogo in cui si mangia", era un mercato di carne e pesce. A Nora le taberniciae o botteghe hanno la particolarità di essere sviluppate su due piani, quello terra dedicato all'attività commerciale, quello al primo piano all'abitazione, secondo un moderno adagio di "casa e chiesa"); un quartiere popolare (già punico); una casa patrizia (detta "dell'atrio tetrastilo" perchè quattro sono le colonne che abbracciavano l'impluvium, la zona centrale della domus romana dove si raccoglieva l'acqua piovana); il Tempio dedicato ad Esculapio (figlio di Apollo era il dio della medicina, il culto fu introdotto a Roma nel 291 a.C.dopo che, per scacciare la peste, una statua del Dio fu portata da una delegazione da Epidauro, e, trasportata in barca sul fiume Tevere, avvolta dalle spire di un serpente, simbolo del dio, sbucato simbolicamente, non a caso, dall'acqua, assolse al suo scopo. Da allora sull'Isola Tiberina, oggi nascosto dall'ospedale Fate Bene Fratelli, c'è un tempio a lui dedicato). Ma la cosa più importante trovata a Nora (e conservata nel Museo Archeologico di Cagliari) è la sua stele dove, per la prima volta, in lingua fenicia (ricordiamo che i nuragici non conoscevano la scrittura...) è indicato il nome della Sardegna: BSRDNS Abbandonata, come molte zone della costiera esposte alle scorrerie vandaliche, poi, per lungo tempo, venne ripopolata in periodo giudicale dai Monaci Vottorini che, nel 1089, vi costruirono la Chiesa di Sant'Efisio, dedicata, appunto, al culto del Santo il quale, proprio in epoca romana, era stato decapitato sulla spiaggia di Nora per aver abbracciato il Cristianesimo. Da sempre l'imponente processione che ogni 1° maggio, ripercorrendo la strada che il soldato romano Eifsio di Antiochia, condannato a morte da Diocleziano, fece dalla sua prigione a Cagliari fino a Nora, è una festa per tutta la Sardegna. I costumi tradizionali di quasi ogni paese della Sardegna sfilano accanto ai membri dell'Arciconfraternita del Gonfalone, insieme all' "alter nos" oggi Sindaco, per ricordare quell'uomo che, dopo l'epifania sacra ed il martirio, non solo lasciò l'esercito romano per dedicarsi alla cristianizzazione della Sardegna, ma molto più avanti nel tempo, attraverso il ricordo del suo culto, nel 1656, sconfisse l'epidemia di peste che aveva attanagliato la città di Cagliari. #toVisit: la zona archeologica di Nora è visitabile tutto l'anno: http://www.coptur.net/sito-nora #toSleep: nella cittadina di Pula, alberghi e b&b come piovessero. #toEat: nella cittadina di Pula, oppure nel raffinato Ristorante dell'Ittitursimo della Laguna di Nora pensato all'interno del Parco Lagunare dove c'è soprattuto il Centro di Recupero Cetacei e Tartarughe Marine www.lagunadinora.it #toAgenda Gli spettacoli all'aperto nel teatro di Nora di solito a luglio ed agosto www.comune.pula.ca.it #toRead Tronchetti Carlo, Nora, Sassari, Delfino, 1986 (Sardegna archeologica. Guide e itinerari, 1) Costumi. Storia, linguaggi e prospettive del vestire in Sardegna, Ilisso (collana Etnografia e Cultura Materiale) #toWow: la spiaggetta di Nora. #toBusTrain: se non in auto, Pula è raggiungibile con il bus www.arst.sardegna.it |
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