Maria Lai è nata su un piano inclinato. Un arcipelago di Tacchi montani che dalle spiagge di Cardedu salgono su per i vigneti di Jerzu, attraversano il suo paese natale di Ulassai fino alle vette di Osini e al suo passo chiamato la scala di San Giorgio a ricordare, appunto, questo incessante salire. Da questa obliquità, Maria guardava l'infinito orizzonte. Sognava, per sottrazione, ciò che ancora doveva avvenire nella sua vita di eterna bambina. Da quella obliquità decise di salpare per studiare arte a Venezia e a Roma, sperimentando, immersa in un contesto culturale fertilissimo, la sua arte povera e poetica. Trasognante. E' sempre rimasta legata ai suoi Tacchi e nella performance "Legarsi alla Montagna" volle unire le sue due dimensioni: quella sarda e quella continentale, quella delle tradizioni millenarie a cui attingeva per la sua arte e quella nuova verso cui si era tesa, ma sempre ben ancorata, stretta in vita da un laccio blu, ai suoi Tacchi montani. Quel mare di mezzo che lei identificava come un muro doveva essere solcato. Aveva quell'urgenza, tipica di tutti coloro che cercano altrove dall'Isola di far conoscere la Sardegna, di raccontare una terra millenaria, fatata, ancestrale, sospesa nel tempo. Una terra dove la Natura è incombente e l'uomo ha la sola fortuna di potersi, grazie a lei, elevare spiritualmente ed artisticamente. Visse molto a Roma Maria Lai ed il suo studio era a via Prisciano. Per trovarla però dobbiamo andare in due posti. Allo Studio Miscetti, a Via delle Mantellate, nel cuore di Trastevere, dove lavorò e dove ancora sono gelosamente conservate le sue opere e la sua memoria. Presso il palazzo Carpegna alla Quadriennale di Roma dove Maria lasciò una sua opera - l'unica a Roma oltre quella che si trova a Montecitorio - il cui archivio regala alcune rarità.
Anche a Castelnuovo di Farfa, a qualche decina di chilometri da Roma salendo verso l'Umbria e la Tuscia, Maria lasciò la sua impronta di luce. Il Museo dell'olio della Sabina è costellato dalla sue opere. Su Maria Lai la bibliografia sarebbe immensa, vi invito a leggere due pubblicazioni appena uscite sul suo lavoro: Maria Lai, Arte e Relazione a cura di Elena Pontiggia, Illisso Edizioni, 2018. Maria Lai, Il filo dell'esistere, a cura di Maria Elvira Ciusa, Carlo Delfino Editore, 2018 Per chi volesse visitare Ulassai ed i suoi Tacchi, potete leggere un post di viaggio scritto qualche tempo fa: "Sui Tacchi di Maria Lai".
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Il campo è circoscritto. E lo è perchè l'intenzione non è quella di parlare di migrazioni al femminile tout court, argomento assai interessante, ma trattato da chi, nobilmente, si occupa di cooperazione internazionale o di sociologia, ma è quello di parlare di chi, come me, ha deciso un giorno, di fare un paio di valigie, guardare la casa dove aveva abitato per anni e costruito alcuni percorsi, seguire la scia dell'emozione e non guardarsi (fatalmente) indietro.
L'Amore muove il mondo, i piedi, i cuori, i voli aerei, le navi, i pensieri. Solo nella cerchia ristretta delle mie amicizie posso annoverare la metà delle amiche migrate in un'altra regione d'Italia o all'estero per seguire il proprio compagno o marito. Spesso perchè è l'uomo ad avere la posizione lavorativa più solida e con maggiori margini di crescita professionale che, nel concetto, tutto Mediteranneo, assicurerà alla potenziale famiglia la stabilità economica necessaria. Stabilità economica che, in un mondo ormai liquido, come dice qualcuno, in cui tutto è precario e soggetto ad infiniti cambiamenti, è più un retaggio della generazione dei baby boomers che noi quarantenni, generazione X (al contrario dei ventenni millenials nati e cresciuti con la consapevolezza della mutevolezza della vita, "di doman non c'è certezza"!), ci siamo incaponiti per almeno un decennio a voler assimilare. Poi nel 2008 tutto è crollato e le nostre sicurezze, acquisite dopo gli anni del diploma o della Laurea, sono diventate insicurezze acquisite per gli anni che verranno. C'entra sicuramente anche questo alla base degli spostamenti delle Donne per Amore. Se nulla è più certo e la Vita va ricostruita comunque, allora tanto vale ricostruirla altrove con l'Uomo che Ami, che, almeno lui, dovrebbe essere una certezza. La linea grafica del percorso di tutte le Donne che conosco che sono migrate per Amore o di cui ho letto va così: strappo con la Vita precedente per seguire il proprio amato, con quegli slanci di cui forse solo le Donne sono capaci, consapevoli che poi sapranno poco più avanti iniziare a tessere quella tela di emozioni multitasking per cui legheranno gli affetti del proprio mondo originario a quello che incontreranno; momento di spaesamento dei primi anni nel difficilissimo obiettivo di tradurre (lost in translation!) e decodificare i comportamenti ed i linguaggi del nuovo mondo, momenti in cui si prende anche in considerazione la possibilità di aver sbagliato tutto e che forse si dovrebbe rientrare a casa nonostante e con il beneplacito modernissimo del proprio uomo che di solito è solidamente attaccato al suo lavoro o al suo contesto e di spaesamento neppure l'ombra; concentrazione finale, energia allo stato puro, nel baricentrare la propria vita laddove si è scelto di migrare e nella propria coppia, rassegnandosi per le cose che non sono andate secondo le aspettative e valorizzando quelle che sono andate bene. Una sorta di raggiungimento del picco ascetico. A volte mi chiedo: saranno consapevoli gli uomini di questa forza mostruosa che hanno le Donne di reinventarsi sempre? di tenere tutto in piedi anche con gli affetti sparpagliati per il globo? e di sorridere sempre, pur crollando ogni tanto in quelle isterie che sono semplicemente momenti di stanchezza agonistica? Adoro gli uomini e quindi credo che sì, ne siano consapevoli, ma che ne abbiano anche una pudica venerazione, loro che, magari, a parti invertite, non ce l'avrebbero fatta, mai. Sicuramente in un'epoca ormai di sbalorditive connessioni digitali in cui un messaggio può arrivare da Cagliari a Singapore in un secondo polverizzando fusi orari e valli e monti e mari, il senso di solitudine emozionale è ormai scomparso. Non ci si può sentire sole. Anzi, la rete emotiva di salvataggio delle Donne rimane proprio quella del proprio gruppo di Amiche originarie, inclusa la Mamma e le sorelle, che ci sono sempre pur non essendoci fisicamente. Ci si scambia gioie, dolori, ricette, foto, lavori di traduzione, così come si faceva prima quando si abitava nel proprio paese o nella propria città, pensando a volte che tanto non ci si vedeva poi mica tutti i giorni e quindi cosa cambia mese più mese meno se tanto posso sentirti e scriverti appena voglio. Quello che alle Donne che migrano per Amore però a volte manca è una rete al femminile del nuovo mondo dove si sono trasferite. E non è solo per una diversa mentalità, o lingua, o tradizione. Il problema è più psicologico. La vera Amicizia è un dono raro e il nostro bagaglio affettivo originario che di solito conta un numero di veri affetti come il numero delle dita delle mani, è stato costruito in un lungo tempo, conservando le rarità e scartando le ipocrisie. Quando si migra in un posto nuovo la Vita funziona con gli stessi dettami: l'Amicizia vera capita e non la puoi forzare. Quindi bisogna solo aspettare. Convincersi che qualunque persona si incontri per lavoro o per svago sia un'amica imperdibile è sbagliato e ho sentito di molte Donne che poi si sono sentite tradite da persone a cui avevano attribuito sentimenti diversi da quelli di una semplice conoscenza. E' plausibile e molto tenero. Là fuori, in un mondo diverso in cui siamo sole fisicamente, una parte di noi cerca con tutte le forze una sponda amicale. Ma la cerca volendo, inconsciamente, affrettare i tempi, oppure travisando gli incontri e non ricordando che le proprie migliori Amiche sono arrivate in diverse fasi della nostra giovinezza. Inaspettatamente. Questo non significa che poi le Donne non sappiamo comunque fare rete. E che quindi, anche se non scatta una vera amicizia, ci saranno sempre altre Donne disposte ed aperte ad accogliere la nuova arrivata, a farla sentire a casa per alleviarle la nostalgia delle chiacchierate sul divano con la propria mamma, delle giornate in piscina con le amiche di sempre, dei ci vediamo per un caffè al volo dopo il lavoro che ti devo raccontare quella cosa. Lancio delle domande, a margine, per chi volesse fare di questo post un dibattito o, semplicemente, un racconto di sè: l'Amore che ti ha spinto a migrare è stato anche la forza per le difficoltà di integrazione nel nuovo mondo? e, pure, quanto ha contato la tua forza interiore al di là della coppia per integrarti? Hai mai pensato di tornare indietro e se sì, per cosa e/o per chi? Un abbraccio immenso a tutte le Donne. #to read La rete al femminile internazionale di: http://donnecheemigranoallestero.com/ http://www.expatclic.com/ |
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