O God, I could be bounded in a nutshell and count myself a king of infinite space, were it not that I have bad dreams. Ci sono giorni di mezza stagione, non tanto lontani dall'eco dei giorni in cui il turismo invade l'Isola, in cui ognuno di noi può andare in spiaggia e sentirsi re di quello spicchio di sabbia o di roccia di fronte al mare cristallino. E' incredibile come l'Isola viva di un respiro a ritmo inverso da tanta parte di Mondo dove si inizia a correre a settembre (che poi anche in Sardo è Capodanno, ovvero il capo dell'anno agricolo) per la vita lavorativa aziendale e scolastica e ci si ferma a luglio ed agosto per le agognate vacanze estive. In Sardegna, nonostante gli impegni scolastici dei più giovani ed il lavoro, sempre carente, dei fortunati che lo hanno annuale, si respira così: da maggio ad ottobre si corre dietro alle frotte di turisti che da ogni dove ingorgano l'Isola ed il suo mare, affollano spiagge, locali, strade, porti ed aeroporti. Una valanga babelica ed affamata di abbronzatura e divertimento che fa correre buona parte della popolazione impegnata nel lavoro turistico estivo. Da novembre ad aprile tutto torna silenzio. L'Isola si contrae, riprende una sola lingua, accorcia giornate ed energie, richiude in casa, accende i camini, spruzza neve e pioggia, invoglia alla pigrizia ed alla lettura. All'ozio della disoccupazione invernale e all'infinito dei pensieri in giornate lunghe e lente. Sull'isola tanti paradigmi sono diversi. Per questo la si capisce solo se la si abita. La si abita fisicamente e psicologicamente. Se il respiro è affannoso da maggio ad ottobre e prende la calma della notte da novembre ad aprile, così è più importante saper fare l'artigiano o il pescatore, o il contadino, o lo scrittore, che il manager, o l'astronauta o il sommergibilista, o il commerciale di un'azienda. Se le distanze sembrano incolmabili, allora ci si stringe nella vita di comunità, nelle chiacchiere del paese, nella vita nei bar o nelle sale da tè. Se le opportunità di viaggio e di accesso all'arte sembrano ridotte, allora prolificano i lettori, i festival letterari, i creativi, gli artigiani, gli scrittori, i cantastorie, gli artisti di strada. L'Isola si volge e si rivolge. Sorride all'orizzonte e alle piante dei suoi piedi. Aspetta il nuovo e intanto coltiva l'antico. L'Isola sogna e racconta di sé. Aspetta i figli che sono partiti in cerca di avventure che tornino pieni di bisacce di racconti dell'altrove.
0 Commenti
La tesi di Sergio Frau, eminente studioso di Sardegna, è questa: le Colonne d'Ercole erano nel Canale di Sicilia e non a Gibilterra. Uno tsunami colpì tremila anni fa il Campidano. Dunque la Sardegna è Atlantide. E se Atlantide era il Centro del Mondo per gli antichi, allora la Sardegna è il centro del Mondo, 40° parallelo alla mano. Meraviglia. La mostra che oggi si è chiusa a Roma "Omphalos, La Sardegna di Atlante, Primo Centro del Mondo" ospitata dalla Società Geografica Italiana a Villa Celimontana e tratta dai due interessantissimi libri di Sergio Frau "Le Colonne d'Ercole. Un'inchiesta" e "Omphalos. Il primo centro del mondo", è un compendio di suggestioni sulla magia della nostra amata Isola. Supportato da testi antichi, da nozioni storiografiche e anche da studi recenti di geografia e geologia (non a caso uno dei fautori di questa tesi è anche Mario Tozzi), Frau delinea una storia mitica della Sardegna come Paradiso marino perduto dell'antichità, o, come ha scritto qualcuno, una Pompei del Mare. "In antico" – scrive Luciano Canfora, storico ellenista dell'Università di Bari – "il pericoloso confine delle Colonne d'Ercole era costituito dal Canale di Sicilia, là dove Sicilia e Tunisia quasi si toccano. Solo in epoca ellenistica quel simbolico confine fu spostato e localizzato a Gibilterra". Geograficamente l'intuizione di Frau è quindi di tornare indietro e di misurare letteralmente la equidistanza che la Sardegna ha dal Giappone e dagli Stati Uniti. 11.350 km da una parte, 11.359 km dall'altra. Il 40° parallelo, inoltre, definito dagli antichi "La linea degli Olimpi" taglia esattamente la Sardegna. E, ancor di più, su questo parallelo e al centro esatto della Sardegna, c'è Sorgono, un piccolo paese che accoglie la quantità più alta di menhir (200) e di tombe dei giganti (700) di tutta l'isola. Alla base di tutto c'è un brano di Platone che parla nei Dialoghi di un sacerdote egizio che racconta a Solone di un'antica civiltà che vive nell'isola di Atlantide, al di là delle colonne d'Ercole, e che finisce sommersa dal mare. E difatti in Sardegna secondo Frau arriva quello che Omero chiama "lo schiaffo di Poseidone". Un enorme tsunami, forse causato dalla caduta di un meteorite, che investe il Campidano, incapsulando nel fango centinaia di nuraghe che oggi, con nuovi studi e il supporto dei droni, sono stati ritrovati. Gli unici nuraghe ad essere seppelliti a differenza di tutti gli altri sparsi per la Sardegna che invece sono ancora "emersi" e visibili. I Sardi quindi sono costretti ad abbandonare una terra ormai distrutta e malarica spargendosi per il Tirreno. Se poi Plutarco in Vita di Romolo dice che "(...) gli Etruschi sono coloni dei Sardi (..)" e nelle tombe etrusche, spesso affrescate con immagini di mare, non solo si sono ritrovati la metà dei bronzetti nuragici conosciuti dagli studiosi, ma anche la "patera ombelicata", obolo da dare a Caronte per essere traghettati nell'aldilà marino e simbolo del centro del Mondo, ecco che tutto è chiaro e storicamente spiegabile. La Sardegna diventa una terra mitica e antichissima da cui si dipanano anche tante suggestioni: la Montagna cosmica, il diluvio universale e Babele, la tragedia dei Tirreni, Tartesso, Medusa, il Loto. Per me che, romana da parte materna, sono per parte paterna etrusca e ho passato la mia vita nella malia della terra sarda che mi ha chiamato come una sirena fin dalla nascita - con l'ostetrica romana che mi diede alla luce di nome Mereu, le tante amicizie sarde che hanno costellato i miei anni giovanili per concludersi con la vita in Sardegna accanto al mio compagno sardo – questa tesi è la quadratura del cerchio esistenziale.
A voi lettori, invece, lascio le tante suggestioni e l'amore incondizionato per una terra piena di energia primordiale. Un grazie va anche al Gremio dei Sardi di Roma per avermi accolto recentemente nel loro grembo. L'invito alla mostra è arrivato da loro e questo post a loro è dedicato. Per info sulla Sardegna come Atlantide e la tesi di Frau: www.colonnedercole.info Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo (Ghandi) Si sa ad inizio anno si fa sempre una lista di buoni propositi. Ho pensato che sarebbe stato bello iniziare con una lista di buone pratiche per la vita quotidiana di tutti i giorni, un post da avere stampato sull'agenda o nella bacheca sopra la scrivania per tenere a mente quali sono i consigli utili per una quotidianità eco e green. Che si viva in Sardegna o sulla terraferma. 1. Calendario ©Greenme: scaricatevi questo utilissimo calendario che mese per mese vi guida alla selezione di frutta e verdura di stagione e vi dà consigli su cosa piantare nell'orto urbano o casalingo. Puoi scaricare il calendario direttamente qui sotto:
2. Greenpeace consumo critico. L'associazione più green che c'è ha stilato negli anni di lavoro scientifico delle ottime guide da consultare per fare acquisti consapevoli.
3. Biodetersivi: potete sbizzarrirvi e creare da soli i vostri bio detersivi grazie al lavoro di tanti esperti che hanno messo su questo sito con tante informazioni utili. biodetersivi.altervista.org 4. Eco B&B: e se vi dicessi che esiste una rete di alloggi certificati eco che puntano al turismo responsabile e rispettoso dell'ambiente? E(c)co(li) qua: ecobnb.it 5. Prodotti equo e solidali: ricordatevi di dare uno sguardo al sito delle botteghe del Mondo www.altromercato.it per acquistare prodotti che, all'orgine, prevedono condizioni lavorative corrette e aiutano il Sud del Mondo. Certo su alcuni di questi prodotti si potrebbe pure dire che non sono a km 0 e che quindi, acquistandoli, si produce CO2. Se la pensate così, meglio allora i prodotti dei contadini di zona e ancora meglio le reti GAS, i Gruppi di Acquisto Solidali, che coordinano la gestione e l'approvvigionamento di generi alimentari freschi in un certo quartiere o zona o condominio. www.economiasolidale.net Un buono modo per capire quanto impattiamo sulla Natura è quello di calcolare la nostra “impronta ecologica” ovvero il peso delle nostre scelte quotidiane sul pianeta attraverso il calcolatore del Global Footprint Network. www.footprintcalculator.org footprint.wwf.org.uk/questionnaires ecologicalfootprint.com La mia impronta ecologica, ad esempio, è ad oggi del 110% del Pianeta, quindi se tutti vivessero come me, ad esempio, servirebbero 1 + 10% di Terra in più ogni anno. Non vado malissimo, sono vegetariana, uso i mezzi pubblici, mangio cibo locale, cerco di comprare etico e certificato, in casa provo a ridurre i consumi energetici spegnendo le luci o facendo la lavatrice in fasce orarie notturne o festive, tengo la temperatura mai troppo calda, uso detersivi eco se non quelli fai da te con il bicarbonato e, se lo trovo, tendo a comprare vestiario fatto artigianalmente o con tessuti organici. Ma c'è ancora da migliorare. Il motto è sempre “riduci, riusa, ricicla” GO GREEN! (...) Fu allora che la Penisola Iberica si mosse un altro po', un metro, due metri, per provare le forze. Le corde che servivano da testimoni, lanciate da un bordo all'altro, proprio come fanno i pompieri sulle pareti che presentano crepe e minacciano di crollare, saltarono come spaghini, alcune più solide sradicarono gli alberi e i pali a cui erano assicurate. Dopo ci fu una pausa, si sentì passare nell'aria un grande soffio, come il primo respiro profondo di chi si sveglia, e la massa di pietra e terra, coperta di città, villaggi, fiumi, boschi, fabbriche, macchie incolte, campi coltivati, con la sua gente ed i suoi animali, cominciò a muoversi, come una barca che si allontana dal porto e punta al mare di nuovo ignoto. (...) La foto mi ritrae non in Sardegna, ma nelle remote Islas Berlengas, in Portogallo. In un viaggio bellissimo ed on the road che feci dieci anni fa. Già allora avevo avuto la malìa, l'urgenza, di finire in una piccola isola, dove vivono solo gabbiani, attratta da sempre verso finis terrae.
Questo mi ha fatto pensare a quanto ci evolviamo, rimanendo sempre gli stessi. Come i sogni che avevamo da bambini, alla fine, si realizzano, si manifestano. Noi siamo solo noi, ognuno a suo modo. Le isole erano nel mio destino, le ho sempre scelte e alla fine ci ho viaggiato o abitato. Andiamo sempre verso noi stessi, per tutta la vita anche quando gli altri ci vorrebbero in un altro modo, la società ci vorrebbe in un altro modo, e siamo, alla fine, quei sogni in potenza così visibili in noi fin da quando eravamo piccoli. Dunque questo vi auguro per il nuovo anno. Di iniziare a muovervi. Non state fermi, non fissate un punto, non fossilizzatevi. Camminate, correte, scuotetevi, dimenatevi se necessario. Perché questo è il significato di tutto. Viaggiare, scoprire imparare, curiosare, fantasticare, amare. Spiegate le vele e salpate. Buon nuovo anno. Alessia Sulle isole anche i precedenti post: https://lisola.weebly.com/home/essere-o-non-essere-unisola https://lisola.weebly.com/home/essere-o-non-essere-unisola-appendice Siamo in Sardegna in questo blog. Ma potremmo essere in qualunque altra regione d'Italia. Perchè oggi parliamo della bellezza di viaggiare e di viaggiare lenti. Camminando, assaporando ogni emozione di quello che vediamo e sentiamo. Odori, colori, suoni. Ad impatto zero anche se non a km zero. E' un modo bello di viaggiare quello che oggi si chiama turismo lento. Ne hanno fatto anche un anno dedicato che sarà il 2019 e i nostri Beni Culturali hanno già preparato un sito con delle idee di cammino: i Cammini d'Italia. E' un'ondata rivoluzionaria quella di questi avventurieri a piedi che, come una volta, ritracciano e ritrovano luoghi e sentieri abbandonati o persi nella memoria e ne ricreano la suggestione. Le idee e le terminologie ormai sono tantissime. Come cita una delle associazioni di cammino più articolate e strutturate, la Compagnia dei Cammini, ci sono i Cammini di Pace che sono una proposta per viaggiatori che vogliono percorrere sentieri non solo esteriori ma anche interni. Sono viaggi, ciascuno con la sua diversa particolarità, in cui il camminare diventa strumento privilegiato per incontrare gli altri, la Natura, e se stessi. Sono momenti in cui, con il sostegno della guida e del gruppo, ciascuno è invitato a prendersi cura di sé attraverso la strada, le pratiche e gli spunti proposti. E poi anche il Deep Walking. A valorizzare ancora di più il viaggio c’è l’esperienza delle camminate meditative e consapevoli proposte dalla guida seguendo le tradizioni del buddismo zen e dello sciamanesimo tolteco. Questo infatti è un viaggio di Cammino Profondo e l’alimentazione è senza carne. Dall'estero è arrivato, inoltre, anche il movimento delle Greenways, un modo per rivitalizzare e recuperare i tracciati delle antiche ferrovie per farne dei sentieri turistico-culturali. In Sardegna, meta per eccellenza di turismo di elite, ma anche di tanto turismo sportivo, solo ultimamente sono nate delle iniziative a passo leggero. Ma sono delle iniziative bomba. Il Cammino di Santu Jacu, che gira la Sardegna evocando il più noto Cammino di Santiago ed ha un sito ben fatto dove soprattutto si possono trovare tutti i tracciati in GPS delle varie proposte di cammino. Ed il recentissimo Cammino delle 100 Torri che invita ad un periplo di mesi intorno alla Sardegna via costa sfruttando come punti di snodo le antiche torri costiere prima nuragiche poi di avvistamento dei saraceni che venivano dal mare. Stiamo lavorando anche noi ad una proposta da lanciare per il 2018 e vi terremo aggiornati. Il Mondo a piedi è ancora tutto da scoprire. Dicono gli anziani che una siccità così è cosa quasi mai "connotta" ("conosciuta" n.d.A.). Dicono che a guardare indietro una cosa così era capitata negli anni novanta, pozzi da cui non si cavava più una goccia di acqua, colture secche e terreno come carbone. Poi però gli anni a venire sono stati piovosi, anche più della norma, e tutto come sempre in Natura si è rimesso in sesto. Ma certo, ora, e con eco degli effetti del cambiamento climatico in atto ormai dimostrato scientificamente, time is out of joint, di nuovo. In Sardegna i laghi sono tutti artificiali, tranne il lago di Baratz, vicino a Sassari. Gli altri sono 38 invasi artificiali, il cui volume complessivo ammonta ad 1,6 miliardi di metri cubi d'acqua. La situazione della loro portata è monitorabile qui. Qui nel Sud Sardegna, i fenicotteri sono volati via, i cinghiali ed i cervi scendono a mare a cercare acqua, la macchia mediterranea ha preso colori autunnali e spenti. Sappiamo tutti cosa bisogna fare. La resilienza ci impone buone pratiche di gestione dell'acqua a livello istituzionale (è noto ormai che in Italia circa il 40% dell'acqua potabile viene dispersa per una scarsa manutenzione delle condutture), ma anche a livello casalingo. Si possono utilizzare riduttori di flusso per rubinetti, fare lavatrici solo a pieno carico, scaricare lo sciacquone dell'acqua con flusso diversificato, utilizzare l'acqua di cottura della pasta per lavare i piatti, riutilizzare l'acqua piovana per innaffiare piante e automobili. Viviamo in un piccolo Paradiso che è importate tutelare. Diamoci da fare. #to read
"Noi rimaniamo qua a presidiare il territorio", sento dire ad un abruzzese dopo le ultime scosse di terremoto intendendo l'importanza di rimanere la', a guardia delle bestie e degli alberi e del cielo e delle stelle, senza scappare, senza abbandonare. Presidiare il territorio e' una dichiarazione d'intenti che rimarrà scolpita nel mio cuore per molto perché mi ha spiegato, con la sua schietta verità, perché molti, pur vivendo in territori remoti, disagiati e, a volte, maledetti, dove nulla sembra andare avanti se non il ripetersi ciclico delle stagioni, non se ne vanno. Non abbandonano i remoti paesi natii, no, perché sentono di essere non solo abitanti di quel luogo, ma di ricoprire una carica ben più nobile: sentono di esserne i guardiani. Di essere stati eletti dalla Vita a proteggere quelle lande desolate e difficili altrimenti lasciate a se stesse o, nella peggiore delle ipotesi, ad esseri umani interessati a depredarle o a sfruttarle. Abitare in luoghi remoti in Abruzzo o in Sardegna vuol dire, oggi, non piegarsi al canto delle sirene cittadine, alla vita più facile e più ricca di opportunità. Vuol dire attaccarsi come un albero con le radici alla propria terra e, come un albero fa con le radici, non lasciare che quella terra smotti, che si perda. Vuol dire conservare tradizioni e lingue che fanno la bellezza di quei luoghi. Vuol dire sentirsi responsabili della terra e del mare che ci ha messi al Mondo. Vuol dire mantenere una promessa che si e' fatta ai profumi e ai colori che ci hanno cresciuto. Vuol dire impegnarsi, annaffiare, curare, lottare. Essere fieri, forti. Guardare le difficoltà e non scappare. Ode a coloro che non abbandonano i remoti paesi natii. E' cronaca che il Sulcis, da me amatissimo per ragioni private, nonostante un centinaio di migliaia di abitanti su un pezzo di terra fertile nutrita di lembi di mare spettacolari, vigneti a piede franco, resti archeologici millenari, grotte meravigliose e profumi intensi di una rigogliosa vegetazione, sia ancora una volta annoverata fra le province più povere d'Europa. C'è chi dice la più povera. Cosa è andato storto? Come è possibile che si sia arrivati a tutto ciò dopo decenni di chiacchiere e riflessioni sulla riqualificazione di un territorio per breve tempo vocato all'industria, ma oggi aperto a qualunque opzione produttiva date le sue enormi potenzialità? Il flusso migratorio che ogni mese vede partire centinaia di giovani sardi verso il Continente, l'Europa o il Mondo, è impressionante. Lo raccontano in maniera goliardica, i numerosissimi circoli dei Sardi che ci sono sparsi in ogni città del globo, i cognomi che spesso ritornano nelle nuove generazioni nate altrove, ma di chiara desinenza isolana. Anche quelli meno ravvisabili come il cognome dei miei vicini di casa d'infanzia, i Signori Mascia, che noi leggevamo con l'accento sulla a, a mò di "àscia", ma che oggi so si legge mascìa, con la "sc" di "scevro" e l'accento sulla i. Allora, ode a coloro che non abbandonano i remoti paesi natii, che provano a creare innovative start-ups: birrifici (Birrificio Rubiu), conserve di frutta (Bon'ora Conserve), cooperative di escursioni turistiche (Bitan Daily Tours), bed&breakfast ecologici e vegani (B&B Gaulos), autonoleggi (Sulcis Autoservizi), borse (Carlottina Lab Borse) e gioielli artigianali (La ragazza del Fico d'India gioielli). #toread Addio, Angelo Ferracuti, Chiarelettere - Il romanzo della fine del lavoro. Un'amica insegnante mi chiama piuttosto sconvolta dopo la lettura dei dati inclementi sulla dispersione scolastica in Italia.
Ha seguito un corso di aggiornamento durante il quale, fra le altre cose, sono state presentate delle slides con i dati, terribili, sul numero di ragazzi che abbandona la scuola ed il conseguente basso tasso di alfabetizzazione nel nostro Paese. I dati sono allarmanti in generale perchè, se con il boom economico degli anni '60/'70/'80, il tasso di analfabetisimo in Italia era praticamente crollato, così che, sia i baby boomers che la generazione X (i nati fra gli anni cinquanta e settanta, per essere chiari) avevano puntato alla Laurea, ora i Millenials ed i nuovi 2.0 pare scappino dalla formazione scolastica istituzionale. Istituzionale dico perchè queste giovane menti sono invece attratte dall'apprendimento che si può avere online o con la semplice esperienza di tutti i giorni. I dati della dispersione scolastica nella Regione Sardegna, poi, mi dice, sono a dir poco sconcertanti. Basterà dire, senza troppe percentuali, che i grafici sono alquanto sotto lo zero con le isole maggiori all'ultimo posto. La rappresentazione, tra ascisse e ordinate, di un baratro. Il dato è talmente grave che la Regione Sardegna ha stanziato molti soldi in un programma apposito per il supporto psicologico e pedagogico ai ragazzi che pensano di lasciare la scuola. Si chiama Iscola http://www.iscola.it/#/ Purtroppo, i dati sulla dispersione scolastica sull'Isola non mi suonano nuovi e ne capisco anche le tre maggiori cause. La prima è di carattere, direi così, geologico, geografico. Quest'Isola bellissima è poco abitata in generale (poco più di un milione e mezzo di abitanti in un territorio che somma l'area di Lazio e Toscana insieme) e la popolazione si concentra nelle città più importanti. Ma c'è un buon numero di ragazzi che vive in paesi remoti o collegati da una rete infrastrutturale di trasporti fatiscente (come tutto il nostro Sud) e che è sinceramente dissuasa a raggiungere le aule scolastiche se per farlo ci mette più tempo che ad andare in un college di Londra. Allora è meglio non andare. La seconda è di carattere economico. Sebbene la scuola pubblica sia in gran parte gratuita e commisurata all'effettivo reddito familiare, non sono poche le famiglie in questa Regione ormai al collasso economico dove un posto di lavoro trovato vale più di una pepita d'oro, che non possono poi permettersi di comprare libri, pagare gite scolastiche, mense, attività pomeridiane e tutto quello che ruota intorno alla vita scolastica dei propri figli. Allora è meglio non andare. La terza è la più deprimente. Molti ragazzi storditi da un futuro lavorativo quasi inesistente, e se esistente, talmente precario da far paura, non vedono più il senso della formazione scolastica che è sempre stata, per i baby boomers e la generazione X, un viatico per costruirsi una carriera professionale. Se il lavoro non c'è, perchè dovrei studiare? Allora è meglio non andare. Ai ragazzi, penso, dovrebbe essere presentata la scuola non come e solo un trampolino di lancio per il loro futuro professionale, ma come un momento storico della loro vita in cui possono imparare tutto ciò che poi si porteranno dietro negli anni della maturità. Non le mere nozioni teoriche delle singole materie, ma, piuttosto, la conoscenza, la creatività, la curiosità, la disciplina, la pazienza, la socializzazione con gli altri, le lingue straniere, la multiculturalità, la musica. Allora è meglio andare! - direi io. Di contro, posso segnalare che in Sardegna c'è un altissimo tasso di lettura, le biblioteche sono stracolme di ragazzi ed il territorio pullula di iniziative letterarie oltre che di bravissimi scrittori (Fois, Soriga, Murgia, Agus, per citarne alcuni). Segnale che la popolazione non si è ingrigita e spenta nella pigrizia mentale. Bisogna semplicemente trovare nuovi modi di coinvolgere i giovani ed anche i meno giovani ovvero quei genitori da cui viene l'impulso ad andare a scuola, da cui passa la voglia di imparare. Citando qualcuno che ha ispirato molti recentemente, direi: Choose hope. Yes, we can! #tovisit Il sito del circuito bibliotecario sardo Sardegna biblioteche #toAgenda Fra i tanti almeno questi Festival:
Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel Mondo, diceva Gandhi, in una delle sue frasi che hanno fatto la storia della responsabilità umana nel curarsi di sè, degli altri da sè, e del pianeta in cui viviamo. In Italia la tradizione della solidarietà è forte e ben nota. La capillarità dell'associazionismo e l'efficacia della cooperazione internazionale sono un tratto distintivo di noi popolo di eroi, poeti e viaggiatori. In Sardegna la musica non cambia. Moltissime sono le associazioni che si occupano di tante tematiche: in primis la salute, penso a Talassazione che si occupa del tema della talassemia o anemia mediterranea che sull'Isola colpisce geneticamente moltissime persone; la disabilità; la lotta all'inclusione sociale; i progetti in Africa come quello di Noi Sardi per la Tanzania legato alla raccolta di tappi di plastica ormai diventato un gesto quotidiano per moltissimi di noi. Meno presenti le grandi ONG anche se a Sassari c'è da anni un presidio ospedaliero di Emergency che è diventato un piccolo faro per i meno fortunati. A Quartucciu, vicino Cagliari, c'è la sede sarda di Coopi, storica organizzazione non governativa italiana fra le primissime ad essere fondate nel nostro Paese. Era il 1965. Da allora "siamo presenti in 24 paesi di Africa, Medio Oriente, America Latina e Caraibi, con 150 progetti umanitari che raggiungono quasi 2.400.000 persone. Dal 2006 assicuriamo con il Sostegno a distanza cibo, istruzione, salute e protezione a migliaia di bambini in 8 Paesi.Dal 1965 ad oggi abbiamo aiutato 100 milioni di persone, con 1.600 progetti in 63 Paesi, impiegando 4.500 operatori espatriati e 55.000 operatori locali." Per quanto riguarda me, ho avuto l'onore nel 2014/2015 di portare in Sardegna il nome di Medici Senza Frontiere con un programma di raccolta fondi al quale lavoro da moltissimi anni ormai. Un resoconto di questo mosaico coloratissimo di solidarietà si può trovare nel portale Sardegna Solidale e nella sua correlata tavola rotonda oltre che nel portale del volontariato nazionale
Ma questo è un post aperto. Qua sotto scrivete il nome della vostra associazione e quale la sua missione umanitaria. Sarà bellissimo leggervi. Alcuni anni fa ebbi l'occasione di organizzare un evento molto interessante nel Sulcis, e più precisamente a Sant'Antioco, che si occupò di ambiente e territorio. L'obiettivo delle tre giornate era quello di portare all'attenzione della gente del territorio, e possibilmente anche di coloro che avrebbero poi sentito parlare dell'evento, le problematiche ambientali sulla protezione della Natura (il fotografo plurpremiato Simone Sbaraglia), su di una nuova economia virtuosa che inizia dalla decrescita (Prof. Andrea Masullo e Mario Tozzi), sull'inquinamento (Prof. Vincenzo Migaleddu). Vi invito a passare un po' di tempo ad ascoltare questi video perchè ci dicono ed insegnano tanto. In Sardegna c'è nel frattempo una bellissima realtà che è un po' un contenitore di speranze sulla resilienza e sulle buone pratiche che si chiama Scirarindi. L'Isola di Sardegna è esente dai terremoti. Per una fortuna atavica, buttata lì, in mezzo al Mediterraneo, guarda la faglia appenninica con il binocolo ed il tremore della Terra le è sconosciuto. Ma due cose sicuramente l'Isola sa: cosa significhi ricostruire dalle macerie - della crisi economica che sta spazzando via tutto da anni - e il senso di comunità - l'aiuto che ognuno di noi può dare a chi è in difficoltà -.
Il 2016 è stato ed è ancora per qualche manciata di mesi un anno bisestile, il che riporta al vecchio detto, anno bisesto, anno funesto, e così pare proprio sia andata. Non solo perchè, parlando con leggerezza rispetto a quello che dirò in seguito, in questo anno abbiamo perso molti grandi del cinema (Seymour Hoffman), della musica (Bowie) e della cultura (Eco), un senso di solitudine intellettuale che deve sublimarsi nella pienezza del ricordo. Ma anche perchè questo è stato l'anno delle stragi del terrorismo in Europa che hanno scaraventato la paura ed il disordine sociale in una fortezza di democrazia e di regole civili, dandoci uno sguardo su quelli che sono gli abissi dell'animo umano (the horror, the horror! diceva Conrad in Cuore di Tenebra) e la vita quotidiana fra bombe ed ammazzamenti in buona parte del Mondo. Il terremoto di Amatrice è stata una bella batosta nella corsa per uscire da questo tunnel bisesto e funesto. L'orrore, l'imponderabilità, la vacuità dei nostri sforzi che spesso si materializzano nel progetto di una casa (dentro la quale ci sono una famiglia e tutti i sogni annessi), tutto questo è entrato in noi da allora e dovrà essere metabolizzato. Ci renderà più forti? Ne sono certa. Di terremoti nella vita quotidiana di ciascuno di noi ce ne sono tanti: la malattia di una persona cara, la perdita di una persona cara, l'impossibilità di mettere al mondo un figlio, un sofferto divorzio, un brutto licenziamento, per citare solo alcuni accadimenti che ci scuotono dalla faglia della vita. Eppure, vedendo un altro detto al contrario, da un cataclisma da una parte del Mondo può svilupparsi il battito di ali di una farfalla dall'altro. Qui in Sardegna ci sono alcuni piccoli esempi da citare: proprio ieri è morto Salvatore Usala che per anni e con grande coraggio si è battuto per i malati di SLA come lui. Un battito di mani e di farfalle lo accompagni. E poi: Ovidio Marras, dopo anni di lotta contro i costruttori di Resort sulla selvaggia costa meridionale sarda, è riuscito a difendere la sua terra e a bloccare altri ecomostri. E poi: la storia di Edilana www.edilana.com/ e della sua geniale imprenditrice Daniela Ducato che con il recupero della lana di pecora sarda e ora anche del materiale di scarto della lavorazione agricola, fa prodotti isolanti e di arredamento ecocompatibili. Un plauso le è arrivato da tutto il Mondo. E poi: Dopo anni di servitù militari c'è chi è riuscito a scrivere un reportage che, in parte, ha tirato fuori la verità.
E poi: un gruppo di ragazzi di Sant'Antioco che hanno puntato sulle produzioni artigianali di birra e pizza e sono diventati pluripremiati, Rubiu, www.rubiubirra.it/ e anche quelli che si sono inventati delle conserve http://www.bonorasardegna.com/. Di sottofondo a tutto la storia della prima rivolta operaia d'Italia che si svolse a Buggeru, la piccola Parigi mineraria del Sulcis Iglesiente. Il 4 settembre del 1904, i minatori stremati dalle condizioni lavorative, decisero di scioperare, ma l'esercito sparando sulla folla fece morti e feriti. L'indignazione fu tale, e tale la voglia di rivalsa, che anche in altre parti di Italia, altri operai scioperaro e vennero sedati nel sangue. Allora, la Camera del Lavoro di Milano proclamò lo sciopero generale nazionale, il primo d'Europa che durò dal 16 al 21 settembre ed al quale aderirono i lavoratori italiani di tutte le categorie e da cui iniziò quella che oggi è la consapevolezza sindacale ed i diritti acquisiti dei lavoratori italiani. Farfalle. I terremoti non fanno paura ai Sardi. Anche distanti fisicamente, ci siamo, compaesani terremotati. Siamo là, al di là del mare, eccoci, arriviamo. #toVisit Galleria Henry, la miniera di Buggerru che si visita in parte con un vecchio trenino. Il famoso detto sardo "pagu genti...mellu festa!" (minori le persone, migliore la festa) descrive puntualmente un orientamento tutto isolano alle genti che vengono da altrove: nonostante nessuno metta in dubbio la squisita ospitalità sarda per cui un ospite è davvero sacro e per lui si aprono le case e le dispense oltre che i cuori, è vero anche che ciò che giace in fondo al pensiero di chi accoglie è, venite, vedete, poi, però, andate. Detto questo, non voglio pensare che gli emiri o gli imprenditori che gestiscono da anni una sorta di monopolio assodato sui trasporti da e per l'Isola abbiano preso alla lettera questo modo di pensare e ne abbiano fatto la loro strategia d'impresa nonchè alibi. Dico questo perchè pare da sempre assurdo che quest'isola tanto sognata e, seppure in mezzo al mare, raggiungibilissima con poche ore di nave o con una manciata di decine di minuti di aereo, appaia da moltissimi anni ormai, più lontana geograficamente e più cara di una meta esotica o australe. E non solo per i turisti, viceversa anche per i Sardi, o residenti in Sardegna che, invece di sfruttare tariffe di continuità territoriale a dir poco esilaranti (con lo stesso budget di un biglietto di continuità territoriale di linea se ne possono comprare tre o quattro low cost), implodono nella convinzione che la loro isola sia il posto più bello al Mondo, che tutto il Mondo sia paese, e, insomma, quando proprio non te lo puoi permettere di andare a vedere il Louvre, ti convinci che anche lo straordinario museo MAN di Nuoro sia un polo di arte sopraffino e ineguagliabile. E rimani a casa. Quindi il problema diventa duale. Da una parte il turismo si mantiene su standard sempre di lusso, o, perlomeno, alto borghesi. E anche i prezzi dei trasporti e dei servizi correlati al turismo hanno un andazzo da cartello predeterminato e orientato al lusso. Dall'altro, i Sardi sono scoraggiati ad andare altrove, a fare dell'innata curiosità umana un trampolino di lancio per viaggiare fuori dalle linee di confine acquatico della loro isola e l'equilibrio rimane sempre lo stesso: un lungo letargo invernale che dura quasi otto mesi in cui l'Isola è abitata per lo più dai suoi stessi abitanti (con qualche piccola eccezione di posti in cui intrepidi visitatori nordici si sono ormai insediati) e una concitata stagione turistica stretta in quattro mesi di, in gran parte, turismo cinque stelle. Dunque, arriviamo al nostro titolo: oltre la meta, c'è bisogno di una rotta. Eterogenea nelle destinazioni, competitiva nei vettori, abbordabile nei prezzi. In modo che la Sardegna diventi un luogo da visitare sempre, tutto l'anno, perchè quando non c'è il mare, c'è la montagna (ma qualcuno di voi sa che a Fonni, sul Supramonte, sul Gennargentu, si scia?) e quando fa un po' più freddo e piove (perchè sull'Isola piove e tira vento, non siamo mica a Tenerife) ci sono musei e città d'arte e splendide chiese e monumenti da visitare, ci sono rinomati centri termali (già romani, Fordongianus e Sardara, per citarne alcuni) e ottimi posti dove mangiare bene. In modo che i Sardi siano spinti ad andare, a vedere il Mondo, a confrontarsi, a scoprire che se tutto il Mondo è paese, qualche paese lo è in modo diverso, molto diverso. In modo che, nonostante il fascino, non si incappi nella suggestiva città fantasma di Gairo Vecchia o di San Salvatore di Sinis dove un tempo si giravano i film western. Vastità abbandonate, o dimenticate, che parlano di una meta bellissima, ma di una rotta cancellata. #toVisit -La città abbandonata di Gairo Vecchia (Tacchi d'Ogliastra) -Il villaggio Far West di San Salvatore di Sinis (Oristano) -Museo Man di Nuoro www.museoman.it/ -Terme di Fordongianus www.termesardegna.it/ -Terme di Sardara www.termedisardara.it/ Se è vero - come recitava un vecchio poema - che la penna è più tagliente della spada (cit. "the pen is mightier than the sword"), poi ripresa dagli ambientalisti con la penna è più potente dell'arpione (cit. "the pen is mightier than the harpoon"), allora si può sicuramente dire che in Sardegna, e ancor di più nel territorio del Sulcis Iglesiente, il turismo è più efficace dell'industria.
E' di qualche giorno fa l'ennesimo annuncio che tutto il sistema geominerario di questa splendida terra ai confini del mondo sarà aperto ai turisti a singhiozzo per questioni economiche, politiche, di chissà quale motivo, poi. E' ovvia, invece, una cosa fondamentale. Che in questo territorio, dopo decine di anni di sfruttamento minerario (iniziato nell'antichità già con i Fenici, navigatori sapienti che si fermarono nel Sulcis perchè notarono quantità e qualità di minerali simili a quelle spagnole) che ha portato sicuramente benessere - tanto, troppo, forse - al momento della chiusura dei siti e delle numerose fabbriche annesse all'indotto, non c'è stata nessuna idea sistematica su come riqualificare e riprogettare tutto. La Provincia di Carbonia Iglesias è la più povera d'Italia e lo è da moltissimi anni ormai, migliaia i giovani fuggiti in cerca non tanto di un futuro migliore, ma di una semplice sopravvivenza, se non vogliamo citare anche la comprensibilissima ambizione alla realizzazione personale. Altri sono invece rimasti e lottano strenuamente per trovare una loro dimensione che sia fattibile, concreta, che parli il linguaggio di un territorio che deve assolutamente rifiorire dalle macerie dell'abbandono. Quale la via si sono chiesti? Quasi nessuno ha guardato ancora alle lamiere delle fabbriche (è ancora in vita il polo di Portovesme fra infinite ed esasperanti lotte sindacali) e tutti si sono rivolti alla positività e alla lungimiranza di idee futuribili: il turismo e l'agricoltura. Che tanti giovani tornino alla terra è cosa nota, da anni ormai, con le teorie di Latouche sulla decrescita felice, molti di noi hanno sentito il richiamo alla vita naturale e semplice che, non è per tutti, ma lo è sicuramente per chi vive in taluni territori vocati all'agricoltura. Nel Sulcis più giovani di quanti si pensi si sono messi a rilavorare la terra dei nonni o a produrre miele e conserve. Un applauso a loro. Quanto al turismo, solo a guardarlo, il Sulcis, nella sua disarmante bellezza selvaggia, ci sarebbe da non sapere da dove iniziare. Ospitalità, servizi turistico sportivi, festival ed eventi enogastronomici, e guide turistiche in quelle cavità che, sia sotto forma di grotte ( Is Zuddas a Santadi e Su Mannau a Fluminimaggiore, per fare un esempio), che di miniere (Carbonia, Narcao, Masua e Buggerru, Iglesias), mostrano agli abitanti una Natura di pietra da mostrare a tutto il mondo. Cosa trattiene i grandi della terra, gli stakholders, dal vedere dove davvero è la strada della rinascita? Perchè anche di fronte al pesantissimo inquinamento industriale lasciato in ricordo alla popolazione, non si interviene almeno per fare una programmata opera di bonifica totale? Perchè il turismo e l'agricoltura sono considerate idee valutabili, ma non primarie e sono lasciate all'iniziativa di pochi? Quando guardo l'isolotto di Pan di Zucchero dallo spiazzo che invita i turisti a visitare il suggestivo sito di Porto Flavia ("opera dei bravi operai sardi, coi quali qualunque opera ardimentosa si può intraprendere", scriveva l'ingegnere Cesare Vecelli, direttore continentale della miniera, che amò la Sardegna più della sua terra d'origine) mi chiedo come si faccia a non capire tutto, a non avere una spiazzante epifania. La risposta è davanti a noi. #toVisit -Il sistema minerario gestito dall'Igea http://www.igeaspa.it - Le Miniere di Rosas a Narcao www.ecomuseominiererosas.it/ - Le grotte di Is Zuddas a Santadi www.grotteiszuddas.com/ - Le grotte di Su Mannau a Fluminimaggiore www.sumannau.it/ #toRead - Porto Flavia, Basso/Spagnol, 2013, Edizioni il Prato. - Le pubblicazioni dell'ISDE Sardegna sulle problematiche ambientali lasciate in eredità. www.isde.it/dove-lavoriamo/sardegna #toBusTrain Nel Sulcis si può arrivare o via treno, linea Cagliari-Carbonia o via bus. www.trenitalia.com www.arst.sardegna.it |
Archives
Agosto 2019
Categorie
Tutto
|